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 2020  febbraio 07 Venerdì calendario

Intervista alla scrittrice Lisa Taddeo

«Quando mia madre era giovane, ogni mattina un uomo la seguiva mentre andava al lavoro e si masturbava alle sue spalle» scrive Lisa Taddeo nel prologo di Tre donne (Mondadori - traduzione di Ada Arduini e Monica Pareschi), successo internazionale di cui tanto si è detto in America («un capolavoro di non-fiction letteraria allo stesso livello di A sangue freddo», lo ha definito Elizabeth Gilbert). L’autrice parte dalla madre, dalle molestie subite e mai denunciate per mancanza di coraggio, per poi raccontare altre donne: Maggie, Lina e Sloane. Forse cercando in loro le risposte a certi dubbi sulla figura materna: perché ha taciuto? E anche: cosa desiderava? «Nel corso di otto anni» precisa Lisa Taddeo «ho trascorso migliaia di ore con le donne che appaiono in questo libro». In due casi si è trasferita nelle loro città per capire meglio le dinamiche quotidiane, l’idea che la società aveva di loro. Ha intervistato amici, parenti, conoscenti.

E dunque Tre donne è presa diretta, testimonianza fedele al vero persino nei toni inaspettatamente neutri sui drammi, e quindi maggiormente dolorosi. Storie reali raccontate con lo spirito del reportage, scevre da manipolazione narrativa. Cruda ricognizione del presente, di quanto si possano permettere oggi le donne in fatto di desiderio. Lei inizia da sua madre «Era una donna degli Anni Sessanta, ragazzina in quegli anni. Aveva un bel rapporto con mio padre, si è occupata della casa, di noi figli. Ma non c’è stato mai un momento in cui abbia parlato di ciò che voleva, tranne dopo la morte di mio padre, allora ho sentito che avrebbe voluto parlare, ha provato, a quel punto però ero io che non volevo sentire».

Questo libro è un modo per ritrovarla e ascoltarla? 
«Ho pensato che là fuori ci fossero donne attraverso cui comprendere il suo segreto».
E? 
«Così non è stato».
Ovvero?
«Le storie raccolte non mi hanno aiutato a far luce su di lei, piuttosto mi hanno suscitato un’empatia che mi ha portato a comprenderla di più. Ascoltando tante donne ho trovato l’eco di mia madre».
Lei racconta di aver cominciato a scrivere di uomini. 
«Avevo scritto a lungo di uomini. Ero convinta di capire meglio le donne in quanto donna, poi ho scoperto il contrario».
Come ha scelto le tre donne?
«Ho incontrato oltre cento donne. Molte hanno cambiato idea in un secondo momento, si sono tirate indietro per paura di esporsi. Ho scelto quelle che sentivo capaci a essere oneste con sé stesse, anche nel riconoscere il proprio ruolo ambiguo, non solo di vittima».
Conclusione? 
«Credo che queste storie dicano verità cruciali sulle donne e il desiderio nel nostro tempo».
Cosa ha scoperto? 
«C’è ancora tanta difficoltà a dire, a parlare per paura dei giudizi che molto spesso vengono dalle donne».
Le tre storie — se pur diversissime tra loro — sono accomunate da alcuni elementi. Per esempio la verginità non come valore, piuttosto come peso di cui liberarsi.
«Lina, la donna dell’Indiana, la perde in uno stupro, e il racconto che ne fa è privo di enfasi, come di un evento non traumatico. Naturalmente il suo corpo dopo, come lo muove, come lo usa, discende dal modo in cui è stato trattato in quella circostanza. Io mi limito a riportare le sue parole senza tirare conclusioni. A proposito dello stupro, lei mi ha detto: “me ne stavo lì buona. Credo di aver pensato che non volevo dire di no a nessuno, che volevo piacere a quei tipi. Insomma non volevo fare niente per non piacergli”».
Maggie invece? 
«Lei perde la verginità a sedici anni con un uomo di trentuno conosciuto da poco. Anche per lei non è l’evento in sé, anzi: voleva liberarsene, tanto da non avvisare di essere vergine. La perdita della verginità diventa importante nella misura in cui ne fa oggetto di confidenza al suo insegnante».
La vicenda di Maggie è forse la più inquietante: 17 anni, la ragazza ha un relazione col suo insegnante. Successivamente, quando la moglie di lui scopre i messaggi, quando lei denuncia, sarà sbugiardata, accusata di mentire. 
«La vera violenza avviene allora, nella fase del disconoscimento».
In che modo ha trovato la storia? 
«Sui giornali. Mi ha colpito che scrivessero “non c’è stata penetrazione”. Ho pensato: se la ragazza doveva mentire, perché non farlo fino in fondo? Perché non dire di un rapporto completo che l’avrebbe esposta a meno dubbi?».
Risposta? 
«Era sincera».
A proposito invece di ipocrisia e ambiguità: i dettagli. 
«Maggie racconta — anche al processo — che Aaron, il professore, praticava sesso orale su di lei, sebbene non le permettesse nemmeno di abbassagli la cerniera dei jeans».
Cosa dimostra? 
«Non è la penetrazione a fare lo stupro».
Ma? 
«Ci sono i sentimenti della ragazza, c’è il professore che l’autorizza, che le dà un’attenzione da cui lei ricava merito. Quindi la negazione: io non ti vedo, tu non esisti».
Difatti dopo Maggie smette di esistere. Lei scrive: “alle feste beve troppo, finisce distesa sui pavimenti di bagni sconosciuti e piange per lui. Va a letto con un paio di ragazzi. Permette loro di umiliarla in tutti i modi. Durante il sesso ha dei flashback e deve interrompersi”. 
«Un modo graduale di scomparire, di annullarsi».
Altra ricorrenza del libro è il controllo delle donne sul proprio corpo. 
«Sloane prende pasticche per dimagrire a dieci anni, diventa bulimica da bambina, continua a esserlo da adulta. Lina decide di dimagrire per essere protagonista della sua vita, lasciare il marito, amare qualcun altro».
Perché questa strada?
«La capacità di controllare il peso deriva dal fatto che spesso le donne non possono controllare altro. Costruire o distruggere il corpo serve a esercitare un controllo su qualcosa».
Delle tre Sloane è quella consapevole. 
«Sa usare meglio il corpo per condizionare gli altri».
Che significa per una donna usare il proprio corpo? 
«Se io devo andare in un ufficio per rinnovare la patente, so come fare per ottenere ciò che voglio, ho due possibilità: mostrarmi sicura, quasi aggressiva. Oppure buttarla sul patetico, piagnucolare».
Quindi? 
«Per la donna ci sono modi diversi di muoversi nel mondo. Sloane usa il corpo come molti uomini la macchina sportiva».
Eppure, al pari di Maggie e Lina, non vince. 
«Il motivo è che non risponde a una sua voglia, bensì a quella di altri, che sia il marito o chi per lui».
Nel libro non esistono vittime facilmente classificabili, così come carnefici. Tutto è sfumato, nel desiderio, tante possibilità di desiderio. 
«Maggie dimostra che lei per prima desidera. Desidera il professore, quanto lui desidera lei».
Il personaggio peggiore di Tre donne ? 
«Sarebbe facile dire Aaron, il professore. Gli altri uomini non sono dei malvagi, o non totalmente. Il marito di Lina è un uomo distaccato, che non tocca la moglie da oltre undici anni. Aidan non dice a Lina di insistere, è lei che lo fa».
Esiste un altro maschio, un maschio piccolo che sembra presagio di tutti i maschi che verranno poi. 
«Quando Sloane ha sette anni, il fratello di otto s’infila nel suo letto e le propone di giocare a farlo. Questo evento, che lei rimuove, e ricorderà solo da adulta, plasma il suo modo di muoversi nel mondo. Lei ha confidenza verso il sesso in quanto suo fratello è stato molto sessuale, le ha dato l’imprinting».
Come ha rielaborato l’episodio? 
«Lei e il fratello hanno ancora un rapporto distaccato».
Quanto conta la bellezza? 
«Per tutte le donne che ho incontrato la bellezza è qualcosa di enorme».
Per Lisa Taddeo? 
«Fin da bambina, come tutti, ho visto film con al centro belle donne di cui gli uomini si innamoravano».
E?
«È un tipo di educazione».
Del resto durante il processo di Maggie l’avvocato del professore dubita che un uomo come Aaron, piacente, di successo, possa essersi interessato a una come Maggie. Lei scrive: “Hoy le chiede perché pensa che Knodel si sia interessato a lei. Maggie sa di essere ingrassata. Non è più la liceale che è stata”. 
«Maggie si allinea a quel pensiero. Non si sente fisicamente all’altezza di Aaron».
Rispetto al passato, ritiene cambiato il rapporto delle donne con la bellezza ?
«Trent’anni fa ti lasciava il fidanzato, e tu non sapevi chi fosse l’altra, e se lo sapevi non avevi la possibilità di vederla, o comunque di studiarla come oggi. Oggi su Instagram ti confronti, concludi che l’altra è più bella, più giovane, e non importa se lo sia realmente».
Sul finale lei torna a sua madre. 
«In ospedale, poco prima della morte. Aveva perso la lucidità. Certe volte tornava in sé, e io approfittavo di quei momenti. Volevo sapere cosa desiderasse, la imploravo. A un certo punto lei mi dice: alette di pollo piccanti».
E lei?
«Sono andata a comprarle».
Immaginiamo di essere sulla strada dove sua madre dodicenne veniva seguita dal molestatore. Come reagirebbe Lisa?
«Mi volterei a mollargli un cazzotto».
Cosa direbbe a quell’uomo, se potesse?
«Deve essere morto da tempo. Come mia madre».