ItaliaOggi, 7 febbraio 2020
La politica vista da Maurizio Milani. Intervista
«Ohé Goffredo, sapesse dove sono! Sono a Milano, con Bobo Maroni». Chiami Maurizio Milani, di sabato sera, per parlare del suo ultimo libro, la riedizione, aggiornata e corretta di Il verro ruffiano (Baldini & Castoldi), e lui ti travolge subito con la politica. Al secolo Carlo Barcellesi, classe 1961, da Codogno (Lodi), questo poliedrico cabarettistica ha, ahinoi, lasciato da tempo palcoscenici e tv per dedicarsi solo alla scrittura. I suoi interventi sul Foglio sono sempre da antologia, per le vette di comicità non-sense che raggiunge. Ma è solo la politica, lui cultore della Prima Repubblica, che lo scatena letteralmente.Domanda. Scusi Milani ma che ci fa con l’ex governatore lombardo, se possiamo permetterci?
Risposta. Siamo qui all’hotel Principe di Savoia, riuniti con la componente maroniana. Passiamo tutti con Matteo Renzi, tutti con Italia Viva che intanto sono in assemblea a Roma. Siamo il 27% in Lombardia, rispetto al dato nazionale della Lega di Matteo Salvini che ha il 31. Non pochi, eh.
D. Aspetti, mi faccia fare due calcoli.
R. Ma no, non se li faccia tutti insieme, perché l’altra notizia di rilievo è che anche Mara Carfagna sarà dei nostri, con tutta la Forza Italia che conta. Praticamente facciamo un grosso, grasso matrimonio al centro.
D. Un «centrissimo»…
R. E sa chi aderisce, anche? Elisabetta Gardini.
D. Ma no, Milani, non si ricorda che sta in Fratelli d’Italia?
R. Con Giorgia Meloni?! Urca, me l’ero persa. Però, mi ascolti, le do per certa Nunzia Di Girolamo: ha presente la star di Ballando sotto le stelle e già ministro forzista?
D. Mmmh, è sicuro? Si ricorda che è la consorte di Francesco Boccia, del Pd, che con Renzi, insomma, non andava d’accordissimo?
R. Guardi che non le racconto balle, eh. Li ho visti tutti, qui al Principe di Piemonte. L’unico rischio sa qual è, Pistelli?
D. Dica.
R. Che abbian su quelle maschere di lattice, ha presente? Quelle che aderiscono perfettamente alla faccia sottostante. Oeh, quelle lì non distingui più il falso dal vero. Si ricorda i film di Fantomas, ché siamo quasi coetanei?
D. Ma quindi poteva essere una serata di Carnevale?
R. No, guardi, Maroni, quando mi ha riconosciuto, mi riportato su nella hall e, con garbo, mi ha detto: «Scusi Milani, piacere di vederla qui fra noi, ma potrei un attimo controllare se è lei ha una maschera?». E mi ha preso il ganascino.
D. S’è accertato. E lei, Milani?
R. Be’ ho fatto lo stesso. Gli ho fatto: «Presidente, il piacere è mio, però potrei darle un pizzicotto anche io, senza voler offendere nessuno». Era lui.
D. Altre verifiche ne ha fatte?
R. No, non esageriamo, saran state mille persone là sotto. Sicuramente c’era Gabriele Albertini, il più grande sindaco milanese del ’900. E poi ho visto l’Irene Pivetti, senza maschera, sono sicuro. Più in là Jasmine Trinca, bellissima. O bella la maschera, non so. D’altra parte c’erano anche Nanni Moretti e Silvio Orlando.
D. Maschere pure loro?
R. Non ci giurerei, però m’è parso d’aver visto anche Chiara Ferragni, senza Fedez, e Claudio Martelli. Non so convinto, invece, di Giuliano Amato, perché m’è parso piuttosto alto, troppo: secondo me era un travestimento.
D. Ma no, Milani, Amato l’ho visto di persona, è un signore piuttosto alto.
R. E allora perché me lo figuravo basso? Forse perché lo rappresentavano come un topone? Ma tu pensa? E allora era lui, Pistelli. E comunque c’erano i due Letta, Enrico con lo zio Gianni.
D. Ma che dice, Enrico con Renzi? Se litigarono furiosamente a Palazzo Chigi, quando, l’allora segretario del Pd, gli andò a spiegare che doveva sloggiare.
R. Guardi, è probabile che Enrico Letta fosse una maschera, ma Gianni, no. L’ho visto da vicino.
D. Sì ma questo nuovo soggetto politica, questa «Italiona Viva», che farà?
R. In settimana, secondo me, Renzi apre la crisi. Il tempo di nominare il portavoce, che non sarà Teresa Bellanova ma l’altra ministra, quella della Famiglia, Elena Bonetti, che ha insegnato anche qua vicino, all’Università di Pavia. Poi l’ex-premier parlerà al Senato, da par suo, e salirà al Colle per dire: «Presidente questo governo è finito».
D. E Sergio Mattarella, che farà?
R. Il presidente deve dare un mandato esplorativo, per capire se c’è un’altra maggioranza e, qui la voglio, incarica Maroni.
D. Di già?
R. Massì, nasce un governo di unità nazionale. E poi potrebbe essere un ticket con Carfagna. Ha presente quello che, negli intenti di Ciriaco De Mita, doveva scattare fra Bettino Craxi e Arnaldo Forlani? Carfagna subentrerebbe, tempo due anni, e sarebbe la prima premier donna della storia repubblicana, finalmente.
D. Scusi Milani, ma Renzi fa da grande attrattore e poi lascia la ribalta, così?
R. Renzi, glielo ho detto già un’altra volta, guarda lontano. Al Quirinale, ma c’è tempo. Quando deciderà, si andrà al voto. Intanto rieleggerà Mattarella. E, nell’attesa il senatore di Scandicci, come lo chiaman gli avversari, andrà alla Farnesina, dove sarebbe perfetto, perché già lui gira il mondo, fra una conferenza e l’altra, incontri, summit, Ted e balle varie. Sicuramente non sfigura.
D. Va bene, proceda.
R. Alla Giustizia, Boccia. E poi dentro anche le Sardine, come si chiama quel ragazzo di Bologna? Mattia Santori, a lui diamo i lavori pubblici, ché mi pare uno preciso. Poi, mi ascolti, tiriamo dentro Stefano Bonaccini, così (abbassa la voce, ndr), si rivota in Emilia e la Lega, stavolta, ce la fa, e in questo modo hanno un contentino pure loro.
D. Ma per farsi votare la fiducia?
R. Noo, Salvini voterà contro, e i 5 stelle si asterranno, però vuoi mettere: alla fine a questa Lucia Borgonzoni danno qualcosa e faranno un’opposizione meno incattivita. Nel governo, per finire, andranno anche Dario Nardella, il sindaco piddino di Firenze, con Piero Fassino e Clemente Mastella, uomini d’esperienza, anche se i dicasteri non si sanno ancora.
D. Posso dirle che, ancora a questo esecutivo manca il botto, il colpo che fa fare «oohhh» alla pubblica opinione che, lo sa, è diventata un po’ esigente?
R. Pronti: Luciano Spalletti, l’allenatore. È disoccupato ma ancora sotto contratto con l’Inter, quindi il governo risparmia anche qualcosina, diciamo. Lo mettiamo alla Cultura, nel senso che ribaltiamo il ministero, lo chiamiamo «dello Sport e anche un po’ dei Beni culturali«, così letterale. La prima cosa, glielo dico, è togliere tutti questi direttori stranieri dei musei, che si vantano troppo. Come quello della Reggia di Caserta, o quell’altro, degli Uffizi. Via, via. Ci pensa Spalletti.
D. E chi ci mette agli Uffizi, al posto di Eike Schmidt?
R. Lo sbattiamo fuori e ci mettiamo un bibliotecario bravo della provincia di Lodi, uno a caso, così anche Lorenzo Guerini, il ministro della Difesa, renziano ma rimasto nel Pd, che è di quelle parti, sarà contento. E poi, diciamoci la verità...
D. Diciamocela.
R. Alla fine i musei basta tenerli aperti, anche la domenica ovviamente, e poi van da soli. Non c’è bisogno del direttore tedesco e balle varie: apri, arrivano le guide da fuori, coi turisti, spiegano, girano, escono. No, Spalletti si dedicherà al marketing, a far conoscere, a prestare le opere a destra e manca. Poi il colpo da maestro: prendere tutta la roba che giace nei magazzini, ha presente tutto quel ben di Dio che sta sotto gli Uffizi, no?
D. Certo, ci potremmo allestire un altro museo.
R. Macché, Spalletti picchierà tutto su Amazon. Via vendiamo tutto e ci ripianiamo il debito italiano. Vedrà che spettacolo, buttiamo su un Pinturicchio, un Carracci, un Pontormo, una scuola giottesca, e tutti questi ricchissimi del mondo a fare l’asta. Ce li vede Mark Zuckerberg o quell’altro là mister Tesla?
D. Musk, Elon Musk.
R. Lui! Uno che spende un patrimonio in missili per andare un giorno su Marte, figurarsi se non si riempie di madonne con bambino. E così diamo un colpo ai conti e, allentati un po’ i paletti europei, riprendendo finalmente a far qualcosa.
D. Milani però, non ci nascondiamo dietro un dito: il governo ha bisogno di consenso, per durare. Con l’informazione come la mettiamo?
R. Beh, innanzitutto, dispiace dirlo, ma Carlo Freccero non potrà rimanere lì, in consiglio di amministrazione Rai, e il suo posto lo prenderà il sottoscritto.
D. Ah, complimenti, dopo tanta analisi, un impegno diretto.
R. Passo dopo passo, come diceva una vecchia Leopolda. E poi avanti con Giovanni Minoli e Andrea Purgatori a dirigere RaiUno e RaiDue. Per il terzo, dobbiamo decidere, sa che c’è una programmazione più di sinistra? Invece per i tg, vogliamo gente d’esperienza: Daniela Vergara, bellissima, che va al Tg1, mentre il marito, Luca Giurato, al Tg2, e la sera possono tornare insieme da Saxa Rubra. Per il Tg3, che deve essere Pd, valutiamo: faremo due chiacchiere con Gianni Cuperlo oppure aspetteremo che facciano la scrittrice Chiara Gamberale presidente. E mi lasci aggiungere...
D. Prego.
R. Siccome ci terremmo all’appoggio di ItaliaOggi, per il suo direttore Pierluigi Magnaschi (me lo saluti sempre, eh) avrei visto bene Rai Movie.
D. Essendo un cinefilo di una certa levatura, non sfigurerebbe.
R. Mi fa piacere, anche perché Rai Storia, le dico la verità, l’abbiam promessa al capo delle truppe alpine, il generale Claudio Berto. Ora, mi spiacerebbe chiamarlo e dirgli, signor generale, il canale non è più quello.