Avvenire, 7 febbraio 2020
Il supercalcolatore dell’Eni
Uno dei computer più potenti del mondo, capace di risolvere in un secondo 52 milioni di miliardi di operazioni matematiche, si trova nella campagna di Ferrera Erbognone, a metà strada tra Alessandria e Pavia, a migliaia di chilometri dalla Silicon Valley e a un centinaio di metri da una cascina che alleva mucche e vende riso. La frontiera dell’innovazione globale passa anche da qui, dove Eni ha costruito, a fianco della storica raffineria di Sannazzaro, il Green Data Center, il centro di server che custodisce tutti i dati del mondo Eni, 24 petabyte di file. «Se li volessimo stampare tutti – racconta un addetto – servirebbero 3,5 miliardi di libri ». All’interno del data center dal 2013 la compagnia dell’energia ha sviluppato i suoi Hpc, high performance computer dalle straordinarie capacità di calcolo. Perché quell’enorme fetta di Big Data che il gruppo è in grado di raccogliere serve a poco se non si è capaci di analizzarla. La potenza di calcolo si misura in flop, cioè nel numero di operazioni matematiche che un computer riesce a svolgere in un secondo. Il primo degli Hpc di Eni aveva una potenza di calcolo di mezzo petaflop, cioè riusciva a risolvere 500mila miliardi di operazioni in mezzo secondo. L’ultimo di questi Hpc, che Eni ha completato nel 2018, di petaflop ne aveva 18,6 e questo ancora lo scorso novembre metteva al 16esimo posto nella classifica Top500 dei computer più potenti del mondo. Il quinto supercomputer, chiamato Hpc5 e in avviamento in questi giorni, porta altri 52 petaflop di potenza di calcolo (per 70 petaflop complessivi a disposizione di Eni), il che ne fa il quinto computer più potente del pianeta e di gran lunga il primo tra quelli utilizzati per applicazioni industriali.
Questa incredibile potenza di calcolo dà ad Eni un grande vantaggio rispetto ai concorrenti. «La nostra attività è sempre più fatta di numeri – spiega l’amministratore delegato Claudio Descalzi –. Lavoriamo su due cose che non si vedono: il futuro e ciò che è sottoterra. Risolvere equazioni è la prima cosa da fare, senza capacità di calcolo non hai la capacità di dire dove sei e di capire dove devi andare». Le applicazioni pratiche di questa potenza tecnologica partono dall’attività più tradizionale della storia Eni: la ricerca di giacimenti di gas e petrolio. Fin dagli anni ’70 Eni collabora con la Stanford University in quello che viene chiamato imaging sismisco. È una tecnica che prevede di trasmettere onde acustiche verso il sottosuolo e registrare le vibrazioni riflesse dagli strati di roccia: in base a queste vibrazioni è possibile ottenere un’immagine tridimensionale di ciò che si trova fino a 10-15 chilometri di profondità, esplorando anche aree di centinaia di migliaia di chilometri
quadrati. Gli algoritmi per ottenere questi disegni tridimensionali del sottosuolo sono ovviamente molto complessi e per questo occorre un’enorme potenza di calcolo. Il computer Hpc5 risolve in un secondo operazioni che richiederebbero più o meno 40 anni di lavoro al migliore dei pc in commercio. Molto più concretamente, è anche grazie alla capacità di calcolo di cui si era dotata che Eni nel 2015 è riuscita a individuare al largo delle coste egiziane Zohr,che con i suoi 850 miliardi di metri cubi di gas naturale è il giacimento più grande del Mediterraneo. «Prima di noi altre società avevano esplorato quell’area e avevano trivellato undici pozzi secchi» sottolinea Descalzi. Già oggi Eni grazie al suo modello innovativo è riuscita ridurre da circa 9 a 4 anni e mezzo il tempo medio dalla scoperta alla prima produzione di giacimenti, Hpc5 può accelerare ulteriormente tutto il processo.
La potenza di calcolo messa assieme da Eni è decisiva anche nello sviluppo dell’energia del futuro. L’azienda ha creato una ricca rete di connessioni con le migliori università e centri di ricerca per essere all’avanguardia nella transizione verso le nuove fonti di energia sostenibile. In particolare l’energia dal moto ondoso, per la quale è stato completato il progetto pilota Iswec e, lo scorso ottobre, è partita la collaborazione con Cdp, Terna e Fincantieri per realizzare impianti su scala industriale. Assieme al Mit di Boston l’azienda sta poi esplorando l’energia da fusione a confinamento magnetico, il processo che replica quello che alimenta il sole e le altre stelle. Si tratta, essenzialmente, di fondere due nuclei di idrogeno per generare un atomo di elio. Nel processo parte dei due nuclei si trasformano in energia: riuscire a replicare la fusione in maniera controllata ed economicamente sostenibile può garantire una quantità di energia illimitata ed estremamente pulita. Eni porta avanti anche la ricerca sul fotovoltaico organico, con i primi prodotti innovativi che sono quasi pronti per la commercializzazione.