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 2020  febbraio 07 Venerdì calendario

Intervista al filosofo Baptiste Morizot

Imparare a “inforestarsi” significa intrattenere rapporti sociali con la foresta e i suoi esseri viventi, dalla microfauna che nutre il suolo ai grandi predatori. Vuol dire non intendere più la “natura” come qualcosa che la nostra civiltà ritenga di poter prevaricare, o un’entità innocente da attraversare con gli occhi meravigliati da escursionisti della domenica. Per intrattenere un rapporto con la natura uguale a quello descritto con passione dal filosofo francese Baptiste Morizot nel suo Sulla pista animale (Nottetempo), occorre scoprire l’arte sottile del tracciamento. E avvicinarsi così agli altri esseri viventi facendo attenzione ai loro segni, indizi o usi e costumi per sopravvivere lasciandosene investire e trasformare, fino a diventare indistinti da loro. Sulla pista animale (premio Jacques Lacroix dell’Académie française) è un libro spartiacque quanto Walden di Thoreau: trasmette l’entusiasmo gioioso dei Ricordi di un entomologo di Jean-Henri Fabre. Attraverso una serie di pedinamenti e successivi incontri ravvicinati con l’orso, il lupo, la pantera del Kirghizistan, ma anche osservando la cosmologia del lombrico nella compostiera di casa, Morizot, “neo-naturalista” dell’Università di Aix-Marseille, insegna l’attenzione nei confronti delle strategie esistenziali degli altri viventi.
In cosa consiste la sottile arte del tracciamento?
«Il tracciamento filosofico è diventare sensibili alle modalità con cui gli altri esseriviventi abitano questo mondo. È una nuova forma d’attenzione per il vivente: senza negare possibili conflitti e rapporti di forza ma con l’obiettivo di stabilire un modus vivendi il più pacifico possibile. È una via che supera l’opposizione tra pensiero e sensibilità, tra pratica e teoria. Nel tracciamento, per interpretare gli indizi lasciati da un cervo o una pantera delle nevi, occorre legare tra loro sensi, corpo, intuizione, immaginazione e ragionamento. Siamo lontani dai dualismi ereditati dalla Modernità».
Quali sono stati i benefici delle sue esperienze di tracciamento?
«È stata una metamorfosi intellettuale ed esistenziale. E un modo per rianimare il paesaggio, restituendogli una complessa varietà animale, di funghi, insetti e vegetali che non si limitano ad abitarlo ma lo costituiscono, lo sono. È difficile da accettare, perché ereditiamo un pregiudizio sugli ecosistemi.
Riusciamo a immaginare soltanto che un mondo vegetale immobile sia la casa per animali capaci di movimento.
In realtà tutti gli esseri abitano insieme, dalla salvia dei prati ai collemboli, dalla martora dei pini ai pini stessi. In cosa consiste allora l’habitat, se tutti sono abitanti? Nel vivente, l’habitat di uno è sempre la tela degli altri e non un paesaggio inanimato. Noi viviamo nel respiro dei vegetali, nell’impollinazione delle api così come le rane asiatiche vivono nell’impronta-mondo dellezampedi elefanti».
Come s’impara a inforestarsi?
«Basta un po’d’allenamento e lo spazio del visibile e del sensibile si apre poco a pocoe così quei paesaggi in cui“non si vede nulla”, si popolano d’indizi, presenze e relazioni. Ho appena scoperto che un uccello europeo, il codirosso,q uando migra nel sud del Sahara è capace d’imparare la lingua dei passeri autoctoni per negoziare i territori con questi. È un diplomatico.
Inforestarsi non esige una foresta. Nei nostri giardini ci sono orchidee che scambiano molecole di zuccherocon gli aceri, attraverso un’associazione simbiotica sotterranea, secondo il momento in cui uno ne ha più bisogno».
Nel libro descrive minuziose battute di tracciamento di orsi, pantere, lupi. Cos’ha imparato dagli incontri con loro?
«L’effetto filosofico più potente è il confronto con la prova irrefutabile di un’intelligenza raffinata ma diversa. È comeil primoincontrocon unpopolo extraterrestre,anche se è sempre stato con noi. La vita intelligente nell’universo è qui, sotto forme prodigiose,ma discreta e occultata dalla filosofia moderna».
Seguire le piste animali ci fa sentire meno soli nell’universo?
«Una delle grandi sfidedel secolo sarà riuscire a descrivere l’intelligenza dei nonumani senza proiettare su diloro noi stessi. Ciò modifica la fisionomia del pianeta. Perché significa ripopolare l’ambientein cuiviviamo conforme di vitaenigmatiche, intriganti, anche moleste.
Esistono coabitazioni difficili come con il lupo, ma il fattoche il mondotorni ricco di significati e comunicazioni, fa sì che la vita si ripresenti più interessantedel cosmoassurdo ereditato dagli esistenzialisti. Mi sono formato sulla filosofia di Sartre e Camus,grandi pensatori dell’emancipazione.Con la loro dottrinadell’umanocome unica libertà in un mondoprivo di senso, sono stati alleati dell’estrattivismo. E hannocontribuitoaimmaginare un mondo-materiaprima, nel quale ci si reputa i soli soggetti».
Alla fine del libro ipotizza che alla base di una prima ragione collettiva ci fossero le esperienze di tracciamento. In che senso?
«L’essere umano ha praticato il tracciamento ben prima della comparsa dell’Homo Sapiens. E nel tracciamento il dialogo è necessario.
Da soli la gamma delle sensazioni captate è poca cosa. Ogni volta che si aggiunge un corpo sensibile, le cose viste aumentano, e così le possibilità d’interpretazione delle tracce. E’ probabile che per centinaia di migliaia di anni gli esseri umani abbiano trascorso molto tempo ad argomentare per determinare quale pista stessero seguendo e come proseguire. Non mi sembra lontano dalla definizione classica della cosa pubblica».