la Repubblica, 7 febbraio 2020
Tutte le gaffe di Carla Ruocco
Quello di Carla Ruocco, neopresidente della commissione Banche con i voti di Pd e 5 stelle, è un ritorno sulla scena dopo mesi di isolamento. Unica donna del direttorio che guidò il Movimento negli anni dell’opposizione (la lunga marcia preparatoria del trionfale 32 per cento nel 2018), solo lei finì relegata ai margini proprio nell’attimo della scalata al potere. Roberto Fico si prese la poltrona di presidente della Camera, Luigi Di Maio il ruolo di capo politico e due ministeri, Carlo Sibilia un sottosegretariato pesante e Alessandro Di Battista si ritagliò il profilo di battitore libero fuori dal Parlamento. Per lei solo la presidenza della commissione Finanze di Montecitorio mentre Laura Castelli, per dire, diventava influente viceministro dell’Economia, presente a tutti i supervertici sulle Finanziarie, mettendo entrambi i piedi nel settore che la Ruocco aveva curato per anni.
Adesso l’inciampo di Elio Lannutti sull’antisemitismo la riproietta in un ruolo chiave, che già una volta però si è rivelato un clamoroso boomerang. Per il Pd, a suo tempo. La commissione Banche voluta da Renzi e presieduta da Pier Ferdinando Casini alla fine della scorsa legislatura si rivelò un disastro. Ritorcendosi contro il Partito democratico e il suo leader. Nemmeno l’esperienza del navigatore di mille mari Casini poté fermare l’onda di alcune audizioni accusatorie di un sistema sul quale i grillini piombarono come falchi. «Un clamoroso autogol», scrisse velenosamente nel suo libro Paolo Gentiloni.
Ai renziani la vicenda, l’eterno scontro su Banca Etruria, le insinuazioni pesantissime del M5S sulla loro connivenza con banchieri poco attenti ai risparmiatori non è mai andata giù. Infatti ieri i due membri di Italia Viva in commissione non si sono nemmeno presentati al voto. Ecco perché la commissione diventerà certamente un’altra occasione di sfida tra renziani e grillini. Quella ferita, anche se ora sono alleati di governo, rimane aperta. Anche per la Ruocco, a dir la verità.Nella sua pagina Facebook campeggia ancora un vecchio ricordo del 2014. «Mio figlio, con i suoi 2 occhioni neri, mi chiede pensoso: “Mamma, ma quando avrete cambiato il mondo TORNERÀ RENZI (scritto in maiuscolo)?”». Tipo l’uomo nero delle favole. «Che meraviglia i bambini e la loro innocenza – aggiungeva Ruocco –. Per questo non molleremo mai». Il Movimento però l’ha mollata, eccome. Almeno finché Di Maio è stato il leader.
Ruocco, napoletana, 46 anni, casa ai Parioli, due figli, funzionario dell’Agenzia delle Entrate, commercialista, non ha fiatato, malgrado l’inesorabile scomparsa dai radar. Niente fronde, niente riunioni segrete. Nelle pause dei lavori parlamentari, durante questi due anni, è stata spesso seduta da sola su un divanetto a lavorare con il telefono. Difendendo le battaglie del Movimento, mai una parola fuori posto. Una guerriera come Paola Taverna (è la definizione usata ieri da Stefano Buffagni), ma in disarmo. Fino all’elezione di ieri.
Ignazio Visco finirà di nuovo nel mirino? I risparmiatori avranno finalmente verità e giustizia? La commissione verrà utilizzata come l’Inquisizione dell’intero sistema del credito? Le storiche battaglie grilline fanno immaginare un “tribunale” con i fucili spianati contro le banche. Ma da tempo la Ruocco si muove in autonomia. Quindi, occhio alle sorprese. A DiMartedì è spesso ospite ma perché è lei a farsi invitare bypassando la comunicazione del M5S. All’insaputa dei vertici del suo partito, nel 2017 è andata a parlare a Davos, covo dei poteri forti, simbolo dell’establishment e nelle fantasie grilline luogo dalle mille ombre come il club Bilderberg e la Trilateral. Roba per eurocrati alla Mario Monti o per banchieri senza scrupoli.
Il governatore di Bankitalia, figuriamoci, sarà di nuovo chiamato a parlare davanti ai commissari, tanto più che la sorveglianza ha mostrato altre crepe nel recente caso della Banca Popolare di Bari. La prima volta che Ruocco e Visco si trovarono di fronte fu nel 2014, durante un’audizione in Parlamento, e lei chiese: «Mi scusi, dov’è l’oro di Banca d’Italia?». Visco sorrise, disse «noi siamo un’istituzione seria, l’oro è sotto la banca. Sono pure venuti alcuni suoi colleghi a vederlo e mi hanno chiesto se i lingotti erano veri oppure verniciati d’oro». E giù risatine per l’ingenuità e l’incompetenza grillina, specialmente agli esordi nelle istituzioni.
Come si capisce dal viaggio a Davos o dall’incontro “segreto” con banche d’affari e hedge fund in Senato (sempre 2017), Ruocco ha imparato a superare qualche pregiudizio. Ora, dopo aver invocato per anni la commissione e la presidenza, il Movimento 5 stelle è chiamato a non trasformarla nella sua fossa. Come è successo al Pd.