la Repubblica, 7 febbraio 2020
I problemi dell’Alta velocità in Italia
Il Frecciarossa è un mezzo super-moderno. La linea Milano- Bologna è una delle più avanzate e controllate d’Italia. Gli investimenti di Rete ferroviaria italiana (Rfi) «per l’efficienza e la manutenzione» sono saliti dai 2,6 miliardi del 2016 ai 3,3 del 2018. L’Alta velocità – almeno fino a ieri mattina – ha fatto viaggiare in 10 anni 465 milioni di passeggeri senza incidenti. Il risultato finale però non cambia. E la tragedia di Lodi – la magistratura stabilirà le cause – conferma che qualcosa, anche sui treni a cinque stelle, non torna ancora e che la lezione dei nove morti delle tragedie di Pioltello e di Caluso del 2018 è al momento servita a poco.
La gestione della manutenzione
I pompieri, ovviamente, gettano acqua sul fuoco: gli incidenti “significativi” sulle rotaie italiane sono pari a uno ogni 3,3 milioni di chilometri di viaggio, il 20% in meno della media europea «e sono in calo del 15% dal 2007», calcola Andrea Giuricin professore di economia dei trasporti all’Università Bicocca.
Dal giunto rotto di Pioltello fino ai misteri del deragliamento di ieri, dai treni per pendolari ai gioielli ad Alta velocità, resta però un’inquietante costante: «La gestione del sistema manutentivo – per dirla con le parole dell’ultimo rapporto dell’Ansf, gli 007 incaricati di vigilare sullo stato di salute della rete – è una delle principali criticità del sistema ferroviario italiano». Ed è la causa regina del 16% degli incidenti e del 27% delle vittime.
L’allarme dei sindacati
Il mondo dorato dei Frecciarossa e Italo sembrava fino a ieri immune a problemi di questo genere. Ma un paio di settimane fa il sindacato ha fatto scattare l’allarme: «La frequenza dei treni ad Alta velocità è aumentata e la capacità delle linee s’è ridotta, così come gli spazi temporali per le manutenzioni», ha detto il 14 gennaio la segretaria nazionale della Filt Cgil Maria Teresa De Benedictis. Sulla tratta Roma-Firenze, per dire, viaggiano oggi 257 treni al giorno, il 46% in più del 2013, sulla Milano-Bologna («dove la linea non è certo satura», sostiene Giuricin) 172. Un boom che ha fatto bene alla mobilità del paese e alle tasche dei risparmiatori (i prezzi dei biglietti sono scesi del 36%) ma che secondo molti osservatori pone qualche problema alla gestione dei lavori sulla rete.
I tempi troppo stretti
La prova? Le opere appena partite per ammodernare la tratta tra la capitale e Firenze (un’infrastruttura che risale al 1977) hanno costretto le Fs ad allungare di 10 minuti il tempo di percorrenza tra Milano e Roma nell’ultimo orario. E per non creare ulteriori disagi, dicono i sindacati, molti lavori di manutenzione vengono spesso confinati a quelle poche ore di notte in cui la linea è deserta. Con ritmi e tempi di esecuzione a rischio di “errore umano”. Una delle ipotesi – non a caso – su cui lavora la magistratura per spiegare il dramma di Lodi.
«Quello della saturazione delle linee è un problema oggettivo – dice De Benedictis, segretaria nazionale Filt Cgil –. Tutti i lavori necessari, intendiamoci, vengono fatti. Ma c’è in piedi un confronto con l’azienda per rivedere il ciclo d’impegno, rafforzando le squadre e rivedendo i turni per garantire la sicurezza di tutti».
I controlli ai cantieri
Le risorse umane, in teoria, non dovrebbero essere un problema: Rfi ha concordato dopo Pioltello e Caluso un piano straordinario per l’assunzione di oltre un migliaio di manutentori per rafforzare i controlli sulla rete. E gli organici dell’Ansf – da sempre un po’ in affanno – dovrebbero rafforzarsi a breve grazie ai concorsi (già fatti) per reclutare 60 nuovi ispettori. Il buco nero però, a giudicare dai provvedimenti presi dopo le tragedie del 2018, resta il controllo dei cantieri come quello aperto sul luogo dell’incidente di ieri. Affidati spesso – pare non sia il caso di Lodi, ha detto il procuratore Domenico Chiaro – a una giungla di subappalti dove è facile perdere l’orientamento.
I paletti dell’authority
L’authority di sorveglianza, sul tema, ha alzato nel 2018 un cartellino giallo a tutti gli operatori ferroviari con una circolare piena zeppa di richieste vincolanti: una su tutte, l’obbligo a «individuare un efficace presidio dei processi manutentivi prevedendo attività di audit sui fornitori esterni». Tradotto in soldoni: aumentare i controlli sui lavori affidati a terzi per evitare sorprese. Unico problema: a fine 2018 «le attività di revisione delle procedure non erano concluse», scrive l’ultimo rapporto dell’Ansf. Oggi – dicono fonti interne all’autorità – «buona parte delle richieste fatte a Rfi sono state portate a termine», ma resta aperto un tavolo di aggiornamento continuo per «migliorare le prestazioni». Come dire, par di capire, che sul tema della sicurezza dei passeggeri c’è ancora un po’ di strada da fare. Anche sull’Alta velocità.