La Stampa, 6 febbraio 2020
Gli scienziati che sussurrano ai pinguini
Specie diversissime unite dall’uso di regole linguistiche comuni. I pinguini del Capo, conosciuti come "pinguini somaro" per via del loro particolare verso, simile al ragliare dell’asino, proprio come avviene durante le normali conversazioni degli uomini utilizzano le sillabe a disposizione per parlare nella maniera più "economica" possibile. Nel loro modo di comunicare, in pratica, si trovano gli stessi pattern linguistici utilizzati dagli esseri umani.
La scoperta, pubblicata sulla prestigiosa rivista "Biology Letters", è merito di due studiosi italiani. Livio Favaro e Marco Gamba, ricercatore e professore del dipartimento di Scienze della Vita e Biologia dei Sistemi dell’Università di Torino, hanno dimostrato che la tendenza alla compressione del linguaggio - modalità che negli uomini è enfatizzata durante la scrittura di sms o di messaggi su WhatsApp - appartiene anche al modo di comunicare di questa particolare specie di pinguino: l’unica che vive nel continente africano.
«Recenti studi - spiegano i due studiosi - hanno dimostrato che le sequenze vocali dei primati, animali geneticamente molto vicini agli uomini, riflettono nella loro organizzazione questa legge. Questo si riscontra, per esempio, nei gibboni o nei macachi». La scoperta dell’Università è che la medesima conformità si ritrova pure nei pinguini asino. L’elemento di novità è che per la prima volta questo schema è stato mostrato al di fuori dei primati.
I maschi dei pinguini del Capo durante il periodo riproduttivo producono delle vocalizzazioni costituite da diverse tipologie di sillabe associandole a dei movimenti. Si tratta di vocalizzazioni, definite "ad effetto", che hanno due tipi di funzioni. La prima è quella della difesa territoriale, la seconda funzione serve ad attrarre le femmine e convincerle a formare una coppia stabile. «In precedenti ricerche avevano già dimostrato che le caratteristiche spettro-temporali di queste sillabe codificano delle informazioni sull’emittente» ricordano i due ricercatori. Analizzando i vocalizzi di un gruppo di pinguini in cattività, Favaro e il suo gruppo avevano infatti scoperto che i pinguini adulti hanno un particolare tipo di suono per esprimere "distacco" o il "senso di isolamento" dal gruppo. Vocalizzazioni chiamate "grida di contatto". Suoni che sono diversi da quelli che, ad esempio, utilizzano durante le lotte per la difesa del territorio o da quelli espressi durante l’accoppiamento o nel corso della nidificazione della coppia.
Un altro elemento interessante è che nelle loro sequenze vocali i pinguini mantengono sempre alcuni elementi sillabici "lunghi" utili a rimarcare la loro grandezza corporea. Aspetto che gioca un ruolo fondamentale nei periodi riproduttivi.
Le informazioni
Alcune di queste sillabe contengono quindi informazioni correlate alla dimensione corporea dell’animale «e ci dicono quanto il maschio è grande e quindi capace di essere un buon partner: forte, bravo a cacciare e sa difendere il nido». Ed è proprio proseguendo negli studi su centinaia di vocalizzazioni che i ricercatori si sono accorti di come queste vocalizzazioni rispettino i principi delle leggi linguistiche appartenenti al modo di comunicare degli uomini. «Queste leggi ci dicono che nei sistemi di comunicazione esiste una tendenza alla compressione dell’informazione e alla minimizzazione in riferimento agli elementi acustici che si utilizzano con più frequenza». Tale fatto spiega perché le parole che utilizziamo di più nel nostro linguaggio tendono a essere corte. "Io", "tu", "noi", "voi" o tutte le congiunzioni sono gli esempi più efficaci da comprendere. Al contrario, le parole più lunghe sono quelle utilizzate meno di frequente.
«La cosa importante da tenere presente - sottolineano Favaro e Gamba - è che quando si parla di sequenze vocali degli animali non ci riferiamo a strutture lessicalizzate complesse. Inoltre, bisogna sempre fare molta attenzione rispetto al fatto che queste sequenze vocali, a differenza del linguaggio umano, non hanno una semantica o una sintassi ben precisa».
Ecco perché «il parallelismo con gli uomini va cercato, piuttosto, in termini di durata degli elementi acustici e nella proporzione del loro uso. Quello che viene fuori è che lo studio è che noi abbiamo uno schema nella produzione di questi segnali che segue una visione linguistica simile a quella dei linguaggi umani. Soprattutto segue un principio comune: quando ci sono degli elementi che diventano più numerosi, allora si utilizzano sequenze più brevi. Questa è una regola che ricorre in tutte le lingue: il meccanismo comunicativo è sempre lo stesso» .