La Stampa, 6 febbraio 2020
Virus, le assurde domande al numero verde
I più tecnologici sono preoccupati di ammalarsi aprendo un pacco di tè, ordinato online in Cina. Quelli più inclini al complottismo insistono per avere conferma sul fatto che la diffusione del virus non sia il frutto di un errore di laboratorio.
E non manca neppure chi, avendo una cascina in campagna dove volano piccoli pipistrelli, telefona per sapere se la loro presenza può scatenare il contagio.
Ecco un campionario delle richieste più inclini all’irrazionalità che devono affrontare i medici della sala operativa allestita dal Ministero alla Salute per gestire l’emergenza coronavirus. Le chiamate al numero verde 1500, sono in media 700 al giorno con un picco di 1.500 venerdì scorso, giornata seguente alla notizia dei due cinesi positivi. Il servizio è in funzione 24 ore al giorno e prevede turni con 15 professionisti alla volta, a cui si aggiungono anche un mediatore culturale cinese e uno psicologo. I telefoni squillano all’impazzata, le conversazioni durano in media 6-7 minuti con punte di 30-40 minuti quando il quadro clinico è più difficile da definire o quando l’interlocutore non vuole proprio rassegnarsi all’idea di darsi una calmata e non cedere alla psicosi infezione.
«In alcuni casi purtroppo si fatica a convincere le persone che i cinesi non rappresentano di per sé una minaccia – conferma Giuseppe Ruocco, segretario generale del Ministero della Salute - , e che il pericolo può derivare solo dal contatto con qualche malato proveniente dalla zona di Wuhan. E in ogni caso stiamo parlando di un contatto stretto e prolungato. Non è che basti guardarsi semplicemente in faccia».
Telefonano più gli uomini
A chiedere aiuto sono prevalentemente uomini, che sono anche quelli più difficili da tranquillizzare. Per lo più si tratta di italiani, a cui seguono cinesi residenti in Italia, dirigenti scolastici albergatori, assistenti di volo. E non mancano neppure medici, che nonostante ricevano le circolari ministeriali, vogliono essere rassicurati su come potere a loro volta calmare i pazienti più timorosi.
Il nemico da debellare, prima ancora del rischio epidemia, è il pregiudizio. Spesso infatti la paura corre sul filo delle fake news. Come quella che ci si possa ammalare mangiando al ristornate cinese o che basti frequentare posti affollati, non importa se distanti migliaia di chilometri dall’epicentro del coronavirus. Come un turista italiano che di ritorno da un viaggio in Svezia con qualche linea di febbre ha contattato disperato il numero verde convinto di aver contratto il coronavirus. O una pensionata preoccupata di ammalarsi usando delle tazze che un’amica le aveva regalato dopo averle comprate in un negozio cinese di Prato. Senza dimenticare, poi, coloro che al telefono reclamano a gran voce l’indirizzo per ottenere il vaccino perché sono convinti che sia già stato realizzato.
Ai medici della sala operativa spetta il compito di fornire tutte le informazioni utili a rasserenare gli animi, oltre quello di ribadire le precauzioni igienico sanitarie contro il rischio contagio. La raccolta di dati, dal 27 gennaio scorso, consente, inoltre, uno screening del livello delle patologie, una sorta di triage telefonico utile a livello preventivo.