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 2020  febbraio 05 Mercoledì calendario

Juve decima nei ricavi ma al top degli stipendi

La Juventus ha il decimo fatturato del Vecchio Continente ma è già nell’élite europea degli stipendi. Abbiamo messo a confronto la classifica dei ricavi con quella delle spese del personale, che misurano la “potenza di fuoco”: è tutto qui il senso della strategia aggressiva che ha intrapreso la Juventus, a partire dal colpo Ronaldo, per reggere la sfida globale e, allo stesso tempo, delle difficoltà che un club italiano, per quanto leader nazionale, si trova ad affrontare in quest’epoca calcistica, visti i ritardi accumulati dal nostro sistema. Prima i numeri.


GAP DEI RICAVI
I bianconeri, che continuano a crescere sin dai 156 milioni di ricavi del 2010-11, sono arrivati la scorsa stagione a 460 milioni, al netto delle operazioni di calciomercato e dei proventi non monetari: entrati nella top ten di Deloitte, ma ancora con oltre 100 milioni di ritardo da Liverpool, Manchester City e Psg, a -200 milioni dal Bayern, a -250 dal Manchester United, a -300 dal Real Madrid e a quasi 400 milioni di distanza dal Barcellona primatista, a quota 841.


STIPENDI BOOM
Le distanze sono molto più ravvicinate, e in alcuni casi si annullano, se prendiamo in considerazione il costo per il personale 2018-19. La Juve, spendendo più di Chelsea, Liverpool e Tottenham (che hanno fatturati maggiori), è al settimo posto della classifica europea, a quota 328 milioni. Ma quel che più conta è la vicinanza, in termini assoluti, al vertice: Bayern 348, City 358, Psg 369, United 377. Anche il Real Madrid, che pure fattura il 65% in più dei bianconeri, paga solo il 20% in più di stipendi, pari a 394 milioni. E se da questa cifra togliamo il costo del lavoro della sezione basket (32 milioni), il gap si assottiglia ulteriormente. Fuori portata è soltanto il Barcellona, con 576 milioni (di cui 40 milioni per gli altri sport) e un balzo compiuto nel 2017-18 (da 404 a 564) per gli arrivi di Coutinho e Dembélé e il rinnovo di Messi.


PIANO DI SVILUPPO
La dinamica di costi e ricavi ci dice che la Juventus sta stressando molto i fondamentali di bilancio, in un piano di sviluppo particolarmente ambizioso che punta a ridurre le distanze, in termini di fatturato, nel medio-lungo periodo. Una scelta per certi versi rischiosa ma anche l’unica possibile, considerati i rapporti di forza pregressi, per avere solide chance di rimanere agganciati al treno dei top club mondiali, in uno scenario di forte polarizzazione delle squadre-brand. Ecco nel 2018 l’acquisto di Ronaldo, che pesa annualmente a bilancio 87 milioni (58 di stipendio lordo), al quale ha fatto seguito nel 2019 l’arrivo di De Ligt, con costi annui di circa 30 milioni. E il piano quinquennale 2019-24, avviato a luglio e finanziato dai 300 milioni di aumento di capitale sottoscritto a gennaio, prevede ulteriori investimenti, con la caccia a un Ronaldo più giovane. La strategia è chiara: potenziare la rosa per migliorare la competitività e arrivare fino in fondo alla Champions e, contestualmente, ingaggiare atleti-icone in grado di aprire nuovi mercati, attrarre tifosi e, di conseguenza, incrementare il fatturato.


IL FATTORE PLUSVALENZE
Un aumento delle entrate c’è già stato con Ronaldo nel 2018-19 (+58 milioni) e continuerà quest’anno grazie, per esempio, ai rinnovi di Adidas e Jeep. Ma la Juve si trova ancora nel pieno della fase espansiva: l’indebitamento finanziario netto, schizzato al 30 giugno 2019 a 463 milioni, è stato abbattuto dalla ricapitalizzazione che ora consente nuovi margini di manovra. Tuttavia è la gestione contabile bianconera a far comprendere quanto il club abbia dovuto “forzare la mano” per stare al passo con la concorrenza internazionale. Dopo tre utili di fila tra il 2014 e il 2017, la Juve ha registrato una perdita di 19 milioni nel 2017-18 e di 40 milioni nel 2018-19. E per contenere il deficit si è fatto ricorso massicciamente alle plusvalenze, ormai attestatesi sul centinaio di milioni all’anno: 140 nel 2016-17, 94 nel 2017-18, 127 nel 2018-19. Il trading dei calciatori è diventato indispensabile per l’assorbimento della spesa sportiva. La Juve non è l’unico top club su quei livelli. Nel 2018-19 il Barcellona ha realizzato 101 milioni di plusvalenze, il Real 99, il Bayern 90. La differenza è che loro possono contare su ricavi caratteristici molto più elevati e riescono a produrre utili: + 5 milioni il Barça, +38 il Real, +53 il Bayern. Guardando all’intera top ten dei fatturati, oltre alla Juve solo una squadra ha chiuso la scorsa stagione in rosso: il Chelsea, addirittura a -110 milioni.


PROSPETTIVE
Non a caso, il management guidato da Andrea Agnelli ha avviato a gennaio un’azione di efficienza dei costi, liberandosi degli ingaggi di Mandzukic, Emre Can e (in prestito) di Perin e Pjaca. Si punta a un risparmio a regime di 40 milioni annui, anche attraverso un migliore sfruttamento della seconda squadra, con elementi che possano integrare la rosa. Secondo l’ultimo report di Banca Imi, il ritorno all’utile è previsto per il 2021-22. Comunque il destino bianconero dipenderà in primis da ciò che accadrà in campo: la permanenza in Champions il più a lungo possibile per incamerare ricchi premi e mantenersi in pianta stabile su un segmento superiore del mercato. Tutto passa dalla crescita del fatturato. Non a caso il piano quinquennale è un piano di crescita, una manovra d’attacco e non di difesa. La Juve avrebbe potuto fermarsi un paio d’anni, conservare lo status quo e gestire il debito. Ha scelto di osare per trasformarsi definitivamente in una media company globale.