ItaliaOggi, 5 febbraio 2020
Pene basse ma certe. La ricetta di Carlo Nordio
La riforma pentastellata della prescrizione fa retrocedere il diritto di questo Paese al rango di diritto primitivo. Se poi, come pare, Bonafede vuole anche limitare gli appelli degli imputati e devolverli a un giudice unico, allora siamo proprio alla fine». E invece, dice Carlo Nordio, ex procuratore aggiunto di Venezia, protagonista delle indagini sulle Brigate rosse venete e su Tangentopoli, occorrerebbe ribaltare il tavolo, ripartire dalla riforma della durata dei processi. Iniziando dalla depenalizzazione di molti reati bagattellari. «Quasi tutti i partiti credono che la quantità dei reati e la severità delle pene siano le armi migliori per combattere la delinquenza. Mentre è tutto il contrario», spiega Nordio, «occorrono pochi reati, e pene anche più basse, ma certe». La mediazione tentata tra M5s, favorevole alla riforma, e Italia viva, che ne chiede l’abrogazione, dal premier Giuseppe Conte ossia la sospensione sine die della prescrizione solo per i condannati di primo grado? «Sarebbe incostituzionale, per manifesta disparità di trattamento... è molto più ragionevole seguire la proposta Costa, ed eliminare del tutto la mostruosità».
Domanda. Andiamo con ordine. La riforma della prescrizione del ministro Bonafede è in vigore da gennaio. Cosa è cambiato?
Risposta. Materialmente nulla, perché la norma non è retroattiva, e produrrà i suoi effetti dopo le sentenze di primo grado per reati commessi dal gennaio 2020, e quindi tra qualche anno. Ma è cambiato un mondo, perché con questa porcheria il Paese retrocede al rango del diritto primitivo, ammesso che possa ancora chiamarsi diritto.
D. Per il ministro Bonafede occorre garantire la certezza dei processi. Gli avvocati lamentano invece la violazione del principio di presunzione di innocenza. Come stanno le cose?
R. Gli avvocati hanno ragione, ma oltre alla presunzione di innocenza qui viene vulnerato e violato il principio costituzionale della ragionevole durata del processo. Sospendendo la prescrizione dopo la sentenza di primo grado, l’imputato, e la vittima del reato, devono solo sperare in un evento futuro e incerto, cioè il giudizio definitivo, che senza lo stimolo della prescrizione sarà sempre più lontano. Quanto a Bonafede, la certezza del processo si attua predisponendo le riforme per renderlo più efficiente e rapido, ma di queste non c’è neanche l’ombra.
D. Una volta tanto anche i magistrati, se non tutti una ampia maggioranza, evidenziano difetti e rischi.
R. L’Associazione Nazionale Magistrati ancora una volta ha fatto una pessima figura. In un primo tempo aveva esitato su questo obbrobrio, e alcuni si erano detti addirittura favorevoli. Quando però Bonafede ha annunciato che uno dei modi per render più rapidi i processi era punire i magistrati che non avessero rispettato i termini, il sindacato ha fatto marcia indietro, e sono riemerse le perplessità e anche i dissensi. Se l’Anm avesse detto subito che questa riforma era di dubbia, e per me palese, incostituzionalità sarebbe stata molto più credibile.
D. Quali sarebbero le ricadute per il sistema della giustizia italiana? Di quanti giudici in più avrebbero bisogno i tribunali per reggere?
R. Per aver processi in tempi ragionevoli, andrebbero almeno raddoppiati i magistrati a oggi in servizio, e andrebbero triplicate le strutture di supporto amministrative. Ma poiché questo non è possibile, perché mancano i soldi e i concorsi non colmano nemmeno i vuoti, non resta che diminuire il carico: cioè depenalizzare molte fattispecie, semplificare le procedure, ma senza ridurre le garanzie, introdurre la discrezionalità dell’azione penale e il divieto di reformatio in peius. In Italia puoi essere assolto dopo un anno di dibattimento e poi condannato in appello, sulla base degli stessi atti cartacei, senza che il processo venga rinnovato. Un’altra assurdità che non solo allunga i tempi, ma confligge con il principio della condanna al di là di ogni ragionevole dubbio. Come puoi infatti condannare un imputato quando il giudice precedente ha dubitato così tanto da assolverlo?.
D. Movimento5stelle e Italia viva sono ai ferri corti. Il premier Conte ha provato una mediazione: sospendere la prescrizione sine die solo per i condannati di primo grado e non per gli assolti. È una mediazione percorribile?
R. A suo tempo, proprio dalle pagine di ItaliaOggi, dissi che sarebbe stato il minimo. Ma in realtà sarebbe incostituzionale, per manifesta disparità di trattamento.
D. La maggioranza al senato rischia, potrebbe passare una riforma opposta alla Bonafede, quella del ddl Costa. Ultima chance un rinvio della prescrizione. Giuridicamente possibile?
R. Poiché gli effetti della riforma, come ho detto all’inizio, si sentirebbero tra qualche anno, c’è tutto il tempo o per eliminarla del tutto o per farla slittare, come era stato previsto in origine, fino al momento dell’entrata in vigore della riforma che acceleri i processi. Ma poiché quest’ultima è futura, incerta, e probabilmente fatta male, è molto più ragionevole seguire la proposta Costa, ed eliminare del tutto questa mostruosità
D. Il vero problema, tutti concordano, è la durata dei processi. In tal senso torna in campo un intervento a lei caro, quello delle depenalizzazione.
R. La Commissione per la riforma del codice penale, che ho avuto l’onore di presiedere quindici anni fa, aveva individuato tutta una serie di reati bagatellari da eliminare, convertendoli in illeciti amministrativi. Nel frattempo, al contrario, la produzione normativa è aumentata. Bisognerebbe riprendere tutto daccapo.
D. Un’impresa, certamente dal punto di vista politico.
R. Eh sì, sarebbe un’impresa politicamente difficile, perché quasi tutti i partiti credono che la quantità dei reati e la severità delle pene siano le armi migliori per combattere la delinquenza. Mentre è tutto il contrario: occorrono pochi reati, e pene anche più basse, ma certe.
D. Mi fa un esempio?
R. Oggi la legge prevede fino a trent’anni di galera per chi ruba in una sera in tre case diverse; poi il giudice gli dà diciotto mesi con la condizionale, e il giorno dopo l’arresto il ladro è libero. Un codice buono prevede «solo» dieci anni, un giudice bravo gliene dà quattro, e un sistema serio glieli fa scontare tutti, magari con sanzioni alternative ma afflittive ed efficaci.
D. Una politica che mette così le mani nella giustizia (prima si fa la prescrizione, poi si discute della durata del processo, per esempio) che immagine rende del Paese all’estero?
R. Dà un’immagine pessima, di scarsa serietà, di incompetenza e di nessuna considerazione per i diritti individuali. Se poi, come pare, Bonafede vuole anche limitare gli appelli degli imputati e devolverli a un giudice unico, allora siamo proprio alla fine.