Corriere della Sera, 5 febbraio 2020
Il tg serale dei professori
Il tg della sera resta un rito mediale, un’abitudine quotidiana che ci lega inscindibilmente a quel grande orologio sociale che è la tv. Spesso i riti si moltiplicano per dare la sensazione, almeno in via simbolica, che la gerarchia delle notizie tenga ancora il mondo sotto controllo, in ordine, anche se i contenuti sono disarticolati e drammatici.
Il celebrante trasforma le notizie in racconto, in un appuntamento che trascende le semplici esigenze informative. Per farla breve, due ottimi punti fissi: alle 20 Enrico Mentana e il Tg7 (un momento di condivisione, una scelta identitaria) e alle 23.30 Francesca Baraghini e Skyline (Sky Tg24). Skyline s’interessa molto di politica internazionale, per questo necessita di alcune presenze. Quella fissa della brava Giovanna Pancheri da New York (lontani i tempi in cui si seguiva il Tg3 Linea Notte per vedere se la Rai aveva pagato il parrucchiere a Giovanna Botteri) e quelle mobili degli esperti, anzi degli espertoni.
Potremmo chiamare Skyline il «tg dei professori», essendo la geopolitica il tema dominante: serate con accademici, mezzi accademici, direttori, vicedirettori. La Baraghini, dopo Giorgio Caproni, ama i professori di Relazioni internazionali, di studi strategici, le piace discutere con loro del declino della leadership americana, dell’emergere delle potenze autoritarie di Russia e Cina (sul cui sfondo si stagliano la crisi nordcoreana e quella mediorientale).
Ma la deliziano anche i vicedirettori delle testate settoriali o online: sono sempre così sicuri delle proprie opinioni, così assertivi, così tranquillizzanti. Se uno di loro, invece di dire «discontinuità», dice «iato», beh, uno va a dormire più rassicurato. La Baraghini si muove a suo agio tra questi precettori: interloquisce, domanda, mugugna, tira fuori i suoi perché e propone i suoi farò (tanto per evocare Zena). Nei bagliori corruschi che precedono l’oscurità.