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 2020  febbraio 05 Mercoledì calendario

La passione fluida tra Leonard Cohen e Marianne

Stesa sul letto di un ospedale Marianne respira a fatica. Il tubicino dell’ossigeno nel naso, i capelli sparsi sul cuscino. Quell’«assonnata tempesta d’oro» cantata da Leonard Cohen è ormai stinta nell’argento, sciupata dalla malattia. Ma prima di andarsene Marianne Ihlen vuole salutare qualcuno. Manda un sms a un vecchio amico, Jan Mollestad: «Sto per morire. Potresti dirlo a Leonard?». Un paio d’ore e Cohen risponde: «Carissima Marianne, sono abbastanza vicino da prenderti la mano… Fai buon viaggio amica mia. Ci vediamo in fondo alla strada». Jan gliela legge, «È molto bella» sorride lei dimenticando per un attimo il dolore. Morirà due giorni dopo, il 28 luglio 2016. Leonard la raggiungerà il 7 novembre dello stesso anno. 
Immagini commoventi, girate su un iPhone da Jan, ora mostrate per la prima volta in Marianne & Leonard, docu-film di Nick Broomfield nelle sale il 3 e 4 marzo. Un omaggio al poeta cantautore canadese e alla sua musa norvegese costruito con filmati d’archivio e molte immagini inedite, in parte attinte dall’archivio del regista. «Avevo 20 anni quando incontrai Marianne e Leonard a Hydra, l’isola greca sfondo del loro amore – racconta Broomfield —. Un luogo selvaggio, negli anni ’60 meta di artisti, hippy o vip come la principessa Margaret e Jacqueline Kennedy. Era il tempo del libero amore, della droga libera, tutto sembrava possibile. Marianne mi ha spinto a realizzare il primo film. Quando entrambi se ne sono andati, ho sentito di dover ritrovare la magia di quel momento». 
Le immagini ce la restituiscono intatta. Grazie anche a spezzoni del documentarista D.A. Pennebaker, anche lui nell’isola in quegli anni, Hydra riaffiora con il dorato fascino di un mito di cui Marianne e Leonard erano la coppia divina. «Leonard mi apparve sulla soglia di un negozio con il sole alle spalle – ricorda lei —. Vedevo solo la sua silhouette. Poi i miei occhi incontrarono i suoi. L’ho sentito attraverso tutto il mio corpo». Filmati un po’ sbiaditi ce li mostrano bellissimi, sdraiati al sole, a nuotare, suonare, giocare con il piccolo Axel, nato dalle prime nozze di lei. Anni felici, chiusi da una canzone leggendaria, So Long, Marianne. «Era un’epoca di relazioni fluide, Marianne aveva altri amanti e Leonard pure – prosegue il regista —. Lui si staccò da Hydra, andò a New York, iniziò la carriera di cantante. Lei lo seguì, ma fuori dall’isola il loro amore non funzionava più. Si sono traditi, lasciati, ma non hanno mai smesso di amarsi». «Quella canzone era il mio addio a Marianne – racconta Cohen —. L’ho incontrata in un’isola piena di luce, ho vissuto con lei otto anni. Poi sei mesi con lei e sei con qualcun’altra. Ora vivo con lei un paio di giorni l’anno». Leonard passa da una donna all’altra, il libero amore non funziona più. «Avrei voluto metterlo in una gabbia e ingoiare la chiave – confessa lei —. Mi ha fatto tanto male, mi ha distrutta. Sono stata sul punto di uccidermi».
«A tenerli insieme per 50 anni è stata una storia d’amore, dolore, gentilezza – conclude Mollestad —. Suggellata da quella lettera che Marianne attendeva da sempre. Un vecchio malato raggiunge la sua vecchia amante malata con le parole tanto sognate. Non è stata una fine amara, è stata una fine adorabile».