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 2020  febbraio 05 Mercoledì calendario

Biografia di Pete Buttigieg

DES MOINES Pete Buttigieg esce dai caucus dell’Iowa con un’investitura impegnativa. Al momento è lui il leader dei moderati, il rivale più quotato di Bernie Sanders e di Elizabeth Warren. Stando allo spoglio del 62% delle circoscrizioni, Buttigieg ha buttato giù Joe Biden da un piedistallo, per altro solo virtuale. «L’Iowa ha sbalordito l’America. Ci presenteremo nel New Hampshire da vincitori», ha annunciato dal suo quartier generale, nella notte di Des Moines. 
È un cambio generazionale? Non proprio. È vero che nei mesi scorsi il trentasettenne Buttigieg aveva più volte invitato il settantasettenne ex vice presidente «a passare la torcia», a lasciare spazio alle nuove leve. Ma lunedì 3 febbraio gli elettori democratici hanno premiato anche Sanders, 76 anni, e non hanno bocciato Warren, 70. 
Meglio allora cercare una chiave politica per provare a spiegare l’exploit del giovane sindaco di South Bend, Indiana. La proposta di Biden si risolve in un richiamo morale, in un appello a salvare «l’anima dell’America», come scrive lo storico Jon Meacham in The Soul of America, il libro preferito dall’ex vice di Barack Obama (e da Nancy Pelosi). Anche Buttigieg parla spesso di «valori», ma li immerge a bagnomaria nel pragmatismo, nelle proposte concrete su lavoro, fisco, sanità, scuola, energia. Lo fa con una carica innovativa perché tiene insieme prudenza economica, fede cristiana, nonché massima libertà personale e sociale. Pete è un gay dichiarato dal 2015. Nel 2018 ha sposato un insegnante, Chasten Glezman, 30 anni, che lo accompagna ovunque nella campagna elettorale. Ha raccontato diverse volte come da ragazzo abbia sofferto per il suo orientamento sessuale. Da tempo ha trasformato la sua esperienza privata nel paradigma pubblico di una «società inclusiva». 
È stato eletto primo cittadino di South Bend nel 2011. Si è laureato ad Harvard e ha studiato al Pembroke College di Oxford, in Gran Bretagna. Suo padre, Joseph, originario di Malta, è stato uno degli studiosi più importanti di Antonio Gramsci. Ha tradotto la prima edizione in inglese dei Quaderni dal Carcere; ha fondato con altri l’International Gramsci Society. Nei discorsi di Buttigieg, in effetti, compaiono tracce gramsciane, per esempio il costante richiamo alla «centralità della cultura e dell’istruzione che ci mettono nelle condizioni di scegliere».
Si presenta anche come un consumato veterano di guerra. Fino al 2017 ha fatto parte della Riserva della Marina, come ufficiale di intelligence, un incarico compatibile con quello di sindaco. In realtà è stato inviato in un’area calda solo una volta, nel 2014: sette mesi in Afghanistan. 
Ora, il successo dell’Iowa lo espone in prima linea nello scontro per la nomination democratica. Dovrà misurarsi su due fronti. Da una parte Sanders che tiene molto alti i toni della polemica contro tutti, mettendo di fatto nello stesso cesto l’establishment repubblicano e quello democratico. Dall’altra c’è l’incognita del miliardario Michael Bloomberg, ancora difficile da pesare, ma deciso a occupare lo spazio centrista che Biden non sembra in grado di presidiare. 
La strategia di Buttigieg punta a recuperare voti tra gli indipendenti, tra i moderati delusi da Donald Trump, quelli che chiama «i futuri ex repubblicani». Propone riforme economiche che definisce «sostenibili» per distinguerle dal modello di Sanders e di Warren, centrato sulla forte tassazione dei grandi patrimoni. È convinto che non sarà un pesante aumento delle imposte sui più ricchi a creare posti di lavoro. Suggerisce, invece, di partire dall’aumento dei salari, portando il compenso minimo orario a 15 dollari all’ora (misura invocata anche da Bernie ed Elizabeth). Il suo programma prevede massicci investimenti nell’innovazione tecnologica, nelle energie rinnovabili, oltre che nella scuola pubblica. Lo Stato dovrà garantire una copertura sanitaria universale, ma lascerà ai cittadini la scelta tra formula pubblica o privata. Un sistema misto: un’altra leva per smuovere i trumpiani delusi, ma spaventati, a torto o a ragione, dal «socialismo» di Sanders e dal «radicalismo» di Warren.