Corriere della Sera, 4 febbraio 2020
Mazzarri esonerato, al Toro arriva Longo
Una scelta d’amore. Moreno Longo desiderava, sognava da anni di poter allenare il Toro. Non ha esitato un attimo nella notte fra domenica e lunedì, quando Urbano Cairo lo ha chiamato per verificarne la disponibilità.
Ha detto sì al telefono. E l’ha ribadito qualche ora più tardi incontrando lo stesso presidente. Ha detto sì anche a un ruolo da traghettatore, a un incarico sino a giugno. Convinto di poter conquistare sul campo il suo futuro sulla panchina del Torino. L’unica difficoltà di una giornata infinita Longo l’ha incontrata quando ha dovuto liberarsi del contratto che ancora lo lega al Frosinone, riportato in serie A nel 2018. Una mera questione burocratica, che dovrebbe «vincere» questa mattina, consentendo al Torino di poterlo annunciare come nuovo tecnico. E a se stesso di guidare il primo allenamento nel pomeriggio al Filadelfia, che raggiungerà dalla Capitale non appena possibile. I tempi sono strettissimi, ma il piano è questo, anche perché il Toro già sabato (alle 18) tornerà in campo, contro la Sampdoria.
Caduto a Lecce per l’undicesima volta in questa incredibile stagione, Walter Mazzarri ha accettato (e in qualche modo – amaramente – condiviso) la svolta decisa dalla società. Urbano Cairo non gli ha mai fatto mancare l’appoggio promesso, anche dopo il terribile 0-7 casalingo contro l’Atalanta. Ma il gruppo non rispondeva più ai comandi. Qualcosa di era rotto. («È la seconda partita in dieci giorni che il gruppo subisce senza reagire» aveva sintetizzato il d.g. Comi domenica notte). Realizzato nei fatti poco dopo il k.o. di Lecce, il divorzio (consensuale) verrà formalizzato in queste ore.
Urbano Cairo ha deciso che «l’aggiustatore» in questa occasione poteva essere l’allenatore che nel 2015 gli aveva regalato lo scudetto con la Primavera, battendo la Lazio e Simone Inzaghi ai calci di rigore. Un successo ribadito soltanto qualche mese più tardi battendo ancora la Lazio e ancora Simone Inzaghi in Supercoppa, stavolta già nei supplementari.
Quello di Longo (per molti semplicemente Moro) è un vero ritorno a casa. È un figlio del Filadelfia, anche se in quel mitico stadio, riaperto nel maggio del 2017, non si è mai allenato. Lo è perché con la maglia granata è cresciuto, entrando a 11 anni nel vivaio per esordire a 19 in serie A. Amava il calcio da impazzire, ma nel 2001 gli fu tolto da un infortunio e dall’operazione successiva. In sala operatoria contrasse un virus che gli rovinò la cartilagine del ginocchio. Ci mise anni ad accettarlo, chiudendo tra i dilettanti. A Torino ha ripreso ad allenare, dai ragazzi del Filadelfia Paradiso (un nome evocativo): vinse subito, li portò al titolo regionale.
Oggi entrerà al Filadelfia, il suo paradiso. A 43 anni ha l’occasione che sognava.