La Stampa, 3 febbraio 2020
L’amore segreto di Sylvia Plath
«Al pianterreno un bell’uomo mi ha sorriso dalla cabina del telefono e gli ho sorriso di rimando; be’, ero già uscita e stavo camminando quando mi sono accorta che quel tipo mi stava seguendo. Mi ha raggiunta sorridendomi ancora una volta e allora io d’impulso gli ho detto: "Ho scordato la mappa di Parigi, così sono un po’ smarrita" . Non cercava altro: siamo tornati in albergo e mi ha prestato la sua piantina perché la tenessi fino alla partenza».
Chi è questo uomo senza volto descritto nel suo diario da una giovane Sylvia Plath? È un giornalista romano, corrispondente da Parigi per Paese Sera, militante comunista. Si chiama Giovanni Perego e coincide con l’ideale di uomo maturo che sembra fatto apposta per la poetessa americana, delusa dai ragazzi inglesi conosciuti a Cambridge, che giocano come fauni distratti sul fiume Cam mentre lei, dopo «una grande meravigliosa ubriacatura», ha ancora «Racine da leggere». Spunta all’improvviso nella notte e tutto cambia per la ragazza statunitense. Alla quale Giovanni Perego, il «bell’uomo», farà esclamare: «Eh bien! Quelle vie!». Eh sì, che bella vita.
Non è un caso se Plath si trova a Parigi nella primavera del 1956. Come molti americani ha scelto la Rive Gauche in cerca di ispirazione. Dalla sua stanza, la 26 dell’Hôtel de Béarn, al numero 38 di Rue de Lille, nel 7° Arrondissement, disegna i tetti e i comignoli della città.
Perego è nello stesso albergo, coincidenza diabolica. Plath non ha ancora compiuto 24 anni: è una spensierata flâneuse, una femme célibataire. Non ha la minima sensazione che la sua vita, come in Sliding Doors, cambierà completamente nel giro di pochi mesi, quando sposerà il poeta Ted Hughes (il 16 giugno, Bloomsday).
La vita a Parigi è un momento di cesura nella storia della poetessa: il destino avrebbe potuto portarla tra le braccia di Giovanni. Plath lo trova assai carino, descrivendolo in una lettera del 21 marzo (inedita in Italia): «È molto idealista... ha combattuito nella Resistenza durante la guerra e da 11 anni fa il giornalista». Insieme trascorrono alcune giornate d’incommensurabile flânerie: passeggiate lungo il Boulevard St.-Germain, degustazioni di vini, discussioni sull’arte, in particolare su Giorgio De Chirico. Sylvia si descrive come una felice americaine à Paris, memore del musical di Vincente Minnelli Un americano a Parigi. Si fa fotografare sorridente davanti alla cattedrale di Notre Dame.
L’incontro con Giovanni è stimolante per Plath, ma dell’italiano si sa poco o nulla a lungo. L’americana lo menziona in una lettera alla madre recentemente pubblicata negli States. Dall’epistolario completo (Letters of Sylvia Plath, Volume I: 1940-1956, Faber & Faber, 2018) – ma anche dalla biografia di Gaia Ginevra Giorgi (L’altare scuro del sole, Edizioni della Sera, 2019) -, apprendiamo che i due continuarono a scriversi sino alle nozze con Hughes. Il carteggio racconta molto sul posizionamento politico della poetessa. La terra che aveva lasciato la ventenne Plath era ancora quella della caccia alle streghe del comunismo (e degli omosessuali). Nel 1953, la sua vita era stata segnata dall’esperienza di un ciclo di elettroshock (iniziati il 29 luglio, senza anestetici e senza alcun sostegno psicologico), in un periodo in cui la giovane studentessa modello aveva annotato, il 19 giugno, la notizia dell’uccisione di Julius Rosenberg e di sua moglie Ethel Greenglass, colpevoli di spionaggio. La coppia fu «giustiziata» sulla sedia elettrica nella prigione di Sing Sing. Con toni di rivolta nei confronti del suo Paese, Plath scriverà su quel fatto di cronaca, cornice indimenticabile dell’inizio di La campana di vetro, romanzo pubblicato in Inghilterra il 14 gennaio 1963.
Oggi Plath avrebbe compiuto 87 anni. Ha scelto il suicidio, soffocandosi con il gas del forno della sua casa di Londra, 56 anni fa, l’11 febbraio 1963 (avrebbe compiuto 31 anni il 27 ottobre). Era nata a Boston nel 1932. Come cittadina degli States, Plath non amò il suo Paese natale, che partecipò ai conflitti in Corea e Vietnam. Il suicidio di Plath avvenne nel periodo più freddo dell’Inghilterra degli ultimi centocinquant’anni.
Se fosse sopravvissuta a quel freddo (del cuore e dello spirito per lei, abbandonata dal marito e intenta ad accudire due bambini, non compresa dagli amici e, purtroppo, nemmeno dalla madre e dal fratello), Plath avrebbe sicuramente conquistato il Nobel per la letteratura, come Doris Lessing, Nobel nel 2007, «cantatrice dell’esperienza femminile», che, però, rifiutò – pochi mesi prima del suicidio di Plath – di aiutarla in un momento delicato della sua esistenza. Oggi è sepolta con il marito nella brughiera e, forse, il suo spirito vaga tenendosi per mano con quello di Ted nelle Wuthering Heights. Interrogandosi su come sarebbe andata se Giovanni, il bell’uomo misterioso e italiano, avesse avuto la meglio sul britannico Ted.