La Stampa, 3 febbraio 2020
L’amico del cuore ai tempi dei social. Un sondaggio
Ti sostiene. Ti completa. Ti aiuta a evitare gli errori. È la persona a cui confidare gioie e problemi di cuore. Con la quale è sempre meglio parlare guardandosi negli occhi: telefono e chat vanno bene, ma solo per praticità e come mezzo di ripiego. Ecco la fotografia dell’«Amico del cuore» al tempo dei social scattata da Skuola.net - in esclusiva per La Stampa - attraverso un sondaggio che ha coinvolto 4000 ragazze e ragazzi dagli 11 ai 25 anni.
Credi ancora all’amico del cuore? A questa domanda il 56% degli intervistati ha detto «assolutamente sì», il 32% ha risposto in maniera positiva sottolineando però che «è molto complicato» e solo il 12% ha scelto un secco «no» come opzione. E quasi il 70% tra una relazione a due e un gruppo WhatsApp con cui confrontarsi non ha dubbi: la preferenza è per l’amico.
La bussola
«Il sentimento dell’amicizia non è cambiato nel corso delle generazioni - spiega Alberto Rossetti, psicoterapeuta, autore del libro I giovani non sono una minaccia. Anche se fanno di tutto per sembrarlo -. A cambiare, se mai, sono i modi con cui si comunica: le chat, le storie, i tag. L’amicizia resta ancora oggi il fulcro attorno a cui gira tutta la vita dei ragazzi: è il luogo dello scambio, dello stare insieme, del riconoscersi a vicenda. Certamente, però, i nuovi modi di connessione portano anche a vedersi sotto una luce un po’ diversa. Da un lato si conoscono più persone, che spesso sono solo contatti. Dall’altra si stringono rapporti molto stretti con gli amici in carne e ossa, come se si avesse bisogno di sentire fisicamente la presenza di qualcuno accanto».
L’amicizia che resiste come legame prioritario, intimo, spazio della complicità e del supporto. Una parola ancora attuale, come dimostra il successo de L’amica geniale - storia che narra 60 anni di confidenze e litigi tra le due amiche Lila e Lenù - e che dal 10 febbraio sarà di nuovo in onda su Rai Uno. Una parola a cui dar credito anche a distanza di tempo, come ha simpaticamente dimostrato Fiorello che per suggellare una promessa - e un’amicizia - trentennale con Amadeus salirà sul palco di Sanremo con il ruolo specifico - con tanto di apposito pass - di «Amico del conduttore».
«L’adolescente ha bisogno di relazioni - aggiunge Rossetti -. Nel mio libro una ragazza mi ha confessato: "Se l’adolescente non ha un gruppo, se non ha qualcuno in cui identificarsi, può avvicinarsi ed essere avvicinato da chiunque. Di fatto, è un po’ come tornare bambini, ci si fida di tutti e non si distinguono le relazioni buone da quelle cattive". L’amicizia serve a questo: a orientarsi. È la bussola. Senza, l’adolescente può avere paura e perdere certezze. Per questo teme la solitudine, che può anche trasformarsi in angoscia».
Il 40% del dei partecipanti al sondaggio ha dichiarato di avere un amico del cuore e il 35% di averne più di uno. E il 20% di loro ha ammesso di aver conosciuto questa persona solo online (il 44% se si considera solo la fascia 22-25 anni). Numeri che preoccupano Daniele Grassucci, direttore di Skuola.net: «Questi dati ci raccontano di quanto la tecnologia si sia intromessa nella vita delle nuove generazioni, persino in quella privata. Non avendo sperimentato l’esclusività dei rapporti "analogici", in tanti arrivano a considerare amici del cuore, di cui non possono fare a meno, persone conosciute online e mai viste in faccia. Una confusione tra reale e virtuale che, per qualcuno, porta verso un pericoloso isolamento: non solo non hanno un coetaneo di riferimento, con cui sfogarsi, ma non ne sentono nemmeno la mancanza».
I ventenni
Una tendenza, questa, che si accentua con l’età: sopra i 20 anni infatti 4 giovani su 10 confidano di non avvertire la necessità di un miglior amico. «Dopo i 18 ci si affaccia all’età adulta - puntualizza Rossetti -. Si esce dalle scuole superiori, si vive una vita molto più dinamica. Si abbandona l’idea dell’amico del cuore che viene magari sostituito dai fidanzati. Oppure si allargano i gruppi e quindi non si coltiva una relazione speciale con solo una persona».
Sul come interagire con gli amici un risicato 14% ha detto di favorire la chat al contatto diretto, ma quasi l’80% ha evidenziato di avere almeno un gruppo WhatsApp con i veri amici. «Una chat non satura l’amicizia - sottolinea Rossetti -. Senza dubbio riempie i momenti di noia, tiene compagnia. Un ragazzo solo spesso non ha neanche qualcuno con cui chattare. E i gruppi a cui è iscritto non risolvono la solitudine perché, in qualche modo, non sono direttamente rivolti a lui. Poi sì, ci possono essere amicizie che nascono e crescono solo tramite device, ma nella maggioranza dei casi le amicizie avvengono a scuola o nei luoghi di aggregazione. E poi si usano le chat e i social come mezzo di scambio e contatto. L’amicizia - prosegue lo psicologo - ha però bisogno di incontro, di confronto e certe volte anche di scontro fisico. Per questo non può vivere solo dentro a uno smartphone perché prima o poi perde di significato. I ragazzi hanno capito che la chat è solo un mezzo per comunicare e non il luogo in cui si struttura una relazione».