la Repubblica, 3 febbraio 2020
Carmelo Bene e la magia della voce perduta
Sarà un evento emozionantissimo, il recupero della voce teatrale di quasi quarant’anni fa di un genio irripetibile come Carmelo Bene, e l’impresa, legata alla suite per voce recitante e orchestra Hyperion di Bruno Maderna, con testi di Hoelderlin, e traduzione e adattamento di Carmelo Bene, avrà luogo domani nell’Aula Magna dell’Università La Sapienza di Roma con la direzione di Marcello Panni, per iniziativa dell’IUC, l’Isti-tuzione Universitaria dei Concerti. L’opera aperta di Maderna del 1964, approdata a un teatro della voce nel 1980 con l’Orchestra di Santa Cecilia (tre serate) e nel 1981 con l’Orchestra della Rai di Milano (due repliche), ha lasciato di sé solo una registrazione non più utilizzata per un disco della Fonit Cetra, che la Rai, dopo un avventuroso ritrovamento, ha ora messo a disposizione, dopo un restauro, per un appuntamento con una novantina di musicisti e coristi dell’Orchestra Sinfonica Abruzzese, con direzione, come nell’80-81, del Maestro Panni.
A parlare della tempra di Carmelo è l’oggi 83enne Lydia Mancinelli, sua storica partner artistica e affettiva per quasi vent’anni. La rintracciamo su una nave in crociera di fronte al Perù. Disponibilissima a raccontare cosa ha rappresentato Carmelo Bene, per lei attrice e donna, e la passione musicale del suo ex compagno: «Accanto a lui, l’uomo più importante della mia vita, – racconta – sono stata artista, aiuto-regista, manager e compagna dal 1964 al 1983. Con lui ho affrontato una formidabile stagione di avanguardia teatrale, condividendo anche il suo avvicinamento alla musica. Nel Manfred di Byron- Schumann mi affidò il ruolo di Astarte, una parte difficile con traduzione ottocentesca. Poi lui inserì vari frammenti di Hoelderlin nell’ Hyperion di Maderna dove c’era spazio solo per la sua voce». L’attrice spiega che tipo di relazione s’era creata tra un rivoluzionario teatrante come Bene e la cultura sonora: «Era esplosa letteralmente un’osmosi tra la sua phoné e la sperimentazione strumentale, il repertorio delle opere. Procedeva senza mai fermarsi. Diceva di essere come i lupi. Io ero figlia di musicisti, e se lui mi insegnò l’amore per Verdi, io lo avvicinai a Wagner e a Rossini. Era attratto dalla solitudine titanica dell’Hoederlin citato da Maderna nell’ Hyperion ». Mancinelli, icona di Nostra Signora dei Turchi e volpe e fata cattiva in Pinocchio,che Bene portò in scena a più riprese, ha un ricordo vivissimo del grande artista: «Lo vedo quando sorseggiava goccia a goccia una bottiglia di whisky mentre provava fino all’alba, lo risento con quei suoi timbri invocanti “Parlami, parlami, parlami” alla mia Astarte nel Manfred, e quando pianificavamo inutilmente Venere in pelliccia di Sacher-Masoch. Si progettava sempre». Come condivideva il mondo della scena con lui?»Meravigliosamente. Avevo lasciato un matrimonio optando per la sua inquietudine da Beat Generation testuale, performativa, sonora. Partecipavo a incontri con Lacan, Dalì o Deleuze. Magari Carmelo soffriva per gli ostracismi della critica, e, consapevole delle sue possibilità, fremeva e s’abbatteva, pur avendo la stima di Arbasino e Flaiano».