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 2020  febbraio 02 Domenica calendario

La doppia trappola della demografia

a demografia non è necessariamente un destino: se lasciata libera, può trasformarsi in crescita economica; cercare di orientarla è però rischioso. Di certo è una forza potente, sia quando la popolazione aumenta sia quando diminuisce, e va trattata con cautela. Nel 1937, John Maynard Keynes concluse così una lezione pubblica: «Voglio solo mettervi in guardia dal fatto che incatenare una maledizione (la forte crescita della popolazione, ndr) può, se non siamo attenti, risultare solo nel liberarne un’altra ancora più brutale e intrattabile (il calo della popolazione, ndr)».
Una prima lettura riguarda l’Asia. Nel 2050 la popolazione di cinque Paesi asiatici – India, Cina, Pakistan, Indonesia e Bangladesh – sarà il 40% dei 9,7 miliardi di abitanti del mondo. In totale l’Asia avrà, sempre a metà secolo, 5,3 miliardi di abitanti, il 55% della popolazione del pianeta: è un po’ meno del 59% di oggi ma, accoppiato alla robusta crescita economica prevedibile in gran parte della regione, dà il segno dello spostamento del baricentro economico-politico del mondo.
Una seconda lettura riguarda il potente emergere demografico dell’Africa: non solo la Nigeria supererà gli Stati Uniti per numero di abitanti, l’intero continente passerà dal miliardo e 300 milioni del 2019 a 2,49 miliardi nel 2050 e a 4,28 miliardi (il 39% del totale) a fine secolo. Ciò non significa, però, che il baricentro del globo si sposterà necessariamente in Africa. In Asia siamo in presenza di una sostanziale stabilizzazione demografica (con l’India che supererà la Cina) accoppiata a una robusta crescita economica. Keynes probabilmente la definirebbe un’evoluzione benevola e inviterebbe i governi a non occuparsi troppo della demografia (anche se la Cina soffre di invecchiamento forzato). In Africa, invece, il boom delle nascite porrà problemi serissimi di stabilità sociale e politica se non sarà accompagnato da una sostanziale svolta nella crescita economica: che è il primo problema del continente, direbbe il grande economista inglese.
Per il resto, il fondo della classifica del 2050 racconta il declino anche demografico della vecchia Europa.