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 2020  febbraio 02 Domenica calendario

Perché la temperatura dell’uomo è calata

Mentre è noto che il pianeta Terra, ahinoi, si sta surriscaldando, è meno evidente e non certo ovvio il fatto che il corpo umano si sta, invece, raffreddando. Questo dato scientifico, che emerge dalla rilevazione delle temperature corporee di un campione di donne e uomini statunitensi, elaborato con la più sofisticata metodologia statistica, ha infatti dimostrato valori in media più bassi rispetto a quanto indicato nei libri di testo. Una meticolosa analisi compiuta da Julie Parsonnet e da altri collaboratori della divisione di Malattie infettive e Medicina geografica del prestigioso dipartimento di Medicina dell’Università di Stanford (Usa) è stata pubblicata sulla rivista «eLife» (elifesciences.org), che segue la metodologia più scrupolosa adottata dalla comunità scientifica per trasparenza del processo decisionale che porta alla pubblicazione del lavoro di ricerca. È infatti possibile seguire l’intero processo redazionale dal momento della sottoposizione del lavoro sino alla sua pubblicazione: le critiche che altri scienziati hanno posto ai colleghi che hanno eseguito lo studio, le risposte di questi ultimi, le motivazioni del gruppo editoriale, le fonti di finanziamento della ricerca e se vi siano o meno conflitti di interesse. Questi dettagli, che illustrano l’intrinseca integrità etica del lavoro di ricerca sperimentale, sono di estrema rilevanza nell’era delle fake news e della produzione di dati fraudolenti, pubblicati per il solo fine di ottenere visibilità mediatica, nuovi fondi, veloci carriere. Basterà ricordare le bufale della memoria dell’acqua e della fusione fredda per non dire della madre di tutte le falsità: l’autismo indotto dalle vaccinazioni.
Il dato pubblicato nei primi giorni di questo nuovo anno da Julie Parsonnet e dagli altri collaboratori costituisce un formidabile indicatore di utili parametri fisiologici sulla salute e longevità umana a partire dalla rivoluzione industriale. E non vi è dubbio che sia tanto clamoroso quanto sorprendente, poiché l’intero corpo della medicina occidentale si basa sul valore di 37°C (gradi Celsius). Quindi smonta uno degli assunti più ovvi per ciascuno di noi: se non siamo febbricitanti o travolti dai ghiacci sappiamo, sin da bambini, che la temperatura corporea è di 37° C. L’aver determinato questo valore è merito del medico tedesco Carl Reinhold August Wunderlich, che a partire dal 1851, all’Università di Lipsia, esaminò la temperatura ascellare di ben più di 25 mila pazienti e determinò il valore in 37°C o 98.6°F (gradi Fahrenheit) con limiti di variabilità di 36.2-37.5°C o di 97.2- 99.5°F.
Ora Parsonnet e collaboratori stabiliscono che negli Stati Uniti la normale temperatura orale degli adulti è in media più bassa dei 37°C precedentemente stabiliti e che tale diminuzione è avvenuta gradualmente in modo monotonico, decade per decade di nascita. Gli autori dello studio giungono a questa conclusione analizzando statisticamente 677.423 misurazioni della temperatura corporea relative a tre coorti di individui:
a) i veterani della guerra civile americana (23.710 negli anni dal 1860 al 1940);
b) i dati del sondaggio eseguito dall’Istituto nazionale della sanità (15.301 negli anni dal 1971 al 1975);
c) l’archivio della ricerca traslazionale dell’Università di Stanford (150.280 negli anni dal 2007 al 2017).
Elaborando questi numeri e adattando i metodi statistici in modo da considerare le variabili capaci di alterare il risultato, quelle biologiche (età, peso, altezza, sesso, etnicità, misurazione nell’ascella in confronto a quella nel cavo orale, data e ora della misurazione) e quelle tecniche (tipologia dei termometri, calibratura), gli autori scoprono che la temperatura media corporea è diminuita di 0,03°C per decade di nascita nell’arco dei 157 anni di tempo considerati nello studio.
Va precisato che in precedenza già nell’anno 2002 una scrupolosa revisione di 27 studi, e nel 2017 l’elaborazione di 250 mila misurazioni per 35 mila pazienti inglesi, indicava il valore della temperatura corporea, registrato oralmente, in 36.6°C. La validità della differenza di valori tra quello calcolato da Wunderlich e quello di queste ultime due indagini restava però dubbia, poiché poteva essere attribuita a differenze di metodo di rilevazione (ascellare vs orale) e di qualità e calibrazione dei termometri. Ora questi dubbi sono stati chiariti, il dato di Parsonnet e collaboratori presenta una robusta validità scientifica e permette di affermare che la temperatura corporea degli uomini nati nell’Ottocento – intorno ai 37°C – era di 0.59°C più elevata di quella odierna; e lo stesso fenomeno si osserva nelle donne con un valore di 0.32°C più alto nel 1890 rispetto a quello odierno. Le differenze per etnicità (per esempio tra bianchi e neri) non sono statisticamente significative.
Assodata la bontà del dato scientifico, sorge la domanda sulle cause, sul significato e sul ruolo biologico di questa evoluzione fisiologica che rappresenta un potente indicatore del metabolismo di base, il quale è direttamente legato alla massa corporea e inversamente alla longevità (alti tassi metabolici correlano con una più breve aspettativa di vita).
Gli autori suggeriscono una plausibile spiegazione del fenomeno sulla base della genomica funzionale. Il calore prodotto da un organismo è direttamente proporzionale ai processi metabolici, che sono a loro volta direttamente proporzionali alla massa corporea: ci si sarebbe atteso dunque un aumento della temperatura nell’arco dei 157 anni considerati, poiché nel frattempo la massa corporea degli americani è aumentata. Invece, poiché è stata registrata una diminuzione, gli autori suggeriscono una corrispondente diminuzione del metabolismo di base probabilmente associata a una drastica diminuzione del livello generale di infiammazione presente nella popolazione.

Lo sviluppo economico, una più attenta igiene sanitaria, migliori livelli di vita, l’impiego degli antibiotici a partire dagli anni Quaranta sono tutti fattori che certamente hanno contribuito a ridurre drasticamente i livelli delle infezioni croniche (tubercolosi, sifilide e periodontiti tra tutte) assai diffuse all’epoca delle misurazioni di Wunderlich, quando l’aspettativa di vita media era di 38 anni (solo poco più di un secolo e mezzo fa!) così da avere influenzato il valore «normale» di quell’epoca.
Vi sono poi anche variabili ambientali che possono avere contribuito al calo del valore: il metabolismo di base cresce quando la temperatura ambientale supera o è inferiore al valore di termo-neutralità e il mantenere costante la temperatura corporea consuma circa il 50-70 per cento dell’apporto energetico giornaliero. Ebbene, la temperatura media nelle case degli americani è in continua crescita da più di un secolo e l’aria condizionata è oggi presente in più dell’85 per cento delle case. È così aumentato di molto il tempo che i cittadini americani passano a temperature di termo-neutralità in condizioni fisiologiche di minore spesa energetica per il metabolismo di base, il che ha favorito la diminuzione della temperatura corporea.
Se gli autori dichiarano correttamente di non avere la minima idea sul possibile ruolo svolto dal calo della temperatura nell’antropometria umana, longevità in primo luogo, i lettori sono autorizzati a formulare speculazioni. Una delle più suggestive riguarda la capacità di volare. Gli unici mammiferi in grado di volare sono i Chirotteri (pipistrelli) e la spiegazione, sempre sulla base della genomica funzionale, è quanto mai chiara. Il volo richiede alti consumi energetici, alti metabolismi di base che correlano con piccole dimensioni dei genomi, a loro volta correlati con piccole dimensioni delle cellule. Tutto ciò favorisce gli scambi gassosi prodotti dall’alto consumo energetico (in piccole cellule il rapporto tra superficie e volume della cellula è a favore della superficie di membrana).
Queste correlazioni rendono ragione del volo dei pipistrelli, caratterizzati da un alto metabolismo basale e il cui genoma è in media il più piccolo rispetto a quello degli altri mammiferi. La controprova è fornita dagli uccelli: quelli corridori hanno dimensioni dei genomi ben più grandi di quelli volatori e metabolismo basale più basso. Gli amanti del mito di Icaro se ne facciano una ragione: l’uomo diverrà sempre più freddo e… non riuscirà mai a volare, ma forse diverrà un gran corridore.