la Repubblica, 2 febbraio 2020
Una tonaca per Adani
Kobe Bryant era un grande, in tutti i sensi, e non m’ha stupito la testimonianza d’affetto su scala mondiale, dopo la sua morte tragica e improvvisa. M’ha stupito che la Lega Serie A abbia concesso al Milan la fascia di lutto al braccio mentre la Federcalcio avrebbe negato il minuto di raccoglimento per un atleta che era notoriamente tifoso del Milan. Uso il condizionale perché quando ci sono di mezzo Lega e Federcalcio le cose non sono mai chiare, ma scivolose e nebbiose. Fatto sta che Milan e Torino s’erano schierati a centrocampo per un minuto di raccoglimento che non c’è stato. E poi, per passare ad argomenti meno tristi, m’ha stupito la leggerezza delle sanzioni per il capannello di interisti che seguiva l’arbitro negli spogliatoi, a muso duro.
Quanto a Lautaro Martinez, ha perso la testa, s’è scusato, capitolo chiuso: due giornate. Come a Berni, il terzo portiere, per stretta di mano ironica e frase non gradita da Manganiello. Più 20 mila euro di multa ai tesserati, genericamente, che formavano l’indegno codazzo, con Oriali che cercava di limitare i danni e Conte che non so cos’abbia detto all’arbitro. Dal gonfiore del collo e dall’espressione del viso non credo fossero complimenti. Se penso alla Lega come a un club, penso che dovrebbe ricordare agli attori che c’è modo e modo di reagire a un risultato. Altrimenti è inutile, se non peggio, andare nelle scuole e dire ai ragazzini che bisogna saper perdere (ma anche pareggiare e vincere, aggiungo) e poi farsi vedere col sangue agli occhi perché qualcosa è andato storto. Per sua fortuna l’Inter ha un capitano vero, nonché grande portiere. «Non è colpa dell’arbitro se abbiamo pareggiato col Cagliari», ha detto Handanovic a caldo, nel dopopartita. Andando contro buona parte dei suoi compagni, ma soprattutto contro il totem del suo allenatore. Pochi l’avrebbero fatto, di questi tempi. E allora Handanovic 8,5 e Conte 3,5.
Perché ho parlato di leggerezza delle sanzioni? Perché mi aiuta la memoria e forse anche l’essere per metà sardo. E poi perché le storie di ieri o di giorni più lontani non tutti le conoscono. Andiamo indietro fino al 14 dicembre 1969. Il Cagliari, che poi avrebbe vinto lo scudetto, gioca a Palermo. Va sotto per un gol di Tanino Troja alla fine del primo tempo, Riva pareggia nel secondo ma l’arbitro, su segnalazione del guardalinee Cicconetti, annulla per un fuorigioco di Martiradonna, accasciato vicino alla bandierina del calcio d’angolo dopo un contrasto particolarmente rude. Pacatamente (non urlava mai), Scopigno dice al guardalinee: «Invece di sventolarla, quella bandierina farebbe bene a infilarsela nel culo». Poco elegante, ma si noti l’uso del lei. Il resto dopo il fischio finale: «Perché non va anche lei a centrocampo a prendersi gli applausi? Con la testa di (segue rima con pupazzo) che si ritrova non dovrebbe andare in giro, ma stare a casa a fare il pupazzo». La sanzione arriva dopo nove giorni: “per aver rivolto a un guardalinee una frase gravemente irriguardosa, immediatamente seguita da una frase di triviale ingiuria poi ripetuta alla fine della gara” cinque mesi di squalifica, poi ridotti a quattro. Non c’era il Var, ma nemmeno i cellulari per comunicare col vice. Scopigno la prese bene: «La domenica l’allenatore non conta niente. Gli altri giorni allenerò, deciderò la formazione. E poi dalla tribuna si vede meglio». E in tribuna andò per quasi tutto il girone di ritorno. Quando la squadra festeggiò lo scudetto era tra il pubblico. Tornò in panchina per le due ultime partite, a giochi già fatti.
Altri tempi, altri allenatori. Oggi, non so quanti si siano appassionati alla nuova puntata della tenzone Adani contro Allegri. Che, secondo Adani, «deve allenare di più e parlare di meno». In verità Allegri non parla, fa una vita invidiabile, si è solo espresso contro il Vc (virtual coach) sostenendo che se un giocatore è stanco o gli avversari sfondano regolarmente sulla sinistra tocca all’allenatore capirlo senza che glielo dica un aggeggio. «Altrimenti in panchina che ci vado a fare?».
Basterebbe questo a schierarmi dalla parte di Allegri, ma senza essere contro Adani e la sua sfrontatezza nel bacchettare un tipo che, nella sua miserabile carriera, qualcosa di buono avrà pur fatto. No, Adani mi incuriosisce (e anche qualche creazione del suo sarto, per dirla tutta). Gli consiglierei di presentarsi in tv con addosso un saio, una tonaca, un abito da predicatore. A volte m’aspetto che si presenti dicendo “Memento mori” anziché “Buonasera”, ma lo trovo perfetto nel ruolo del Crociato (non legamento), del Templare, del Guru, contro gli infedeli. Cioè quelli che hanno difficoltà a dire ripartenza e densità, e si ostinano ad occuparsi di calcio. Tutti da sconfiggere nel nome del Verbo, o da mettere all’angolo.
Angolo della poesia. Senza titolo, autrice Marcella Glisenti, è tratta da “Bianco contro bianco” (ed. Lerici, 1970): “Verrà un’ora che non conosciamo/ e sarà l’ora della separazione./Se amiamo qualcosa la lasceremo/se saremo due sarà perduta/per sempre la sola occasione/ di ferire noi stessi/spezzando l’uno il cuore dell’altro/ con le gesta di un implacabile amore”.