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 2020  febbraio 02 Domenica calendario

Intervista a George Soros

«Credo che stiamo vivendo un momento rivoluzionario. Di conseguenza, in pratica tutto è possibile e la fallibilità regna sovrana», scrive George Soros nell’introduzione del suo nuovo libro, Democrazia! Elogio della società aperta, pubblicato in Italia da Einaudi e in libreria da martedì. Si tratta di una raccolta degli scritti recenti del miliardario filantropo, personaggio odiato e invidiato, in passato spesso attaccato per i suoi raid finanziari, oggi nel mirino per le sue prese di posizioni pubbliche. Ma, a 89 anni e un patrimonio stimato di 8,3 miliardi di dollari, Soros non rinuncia a essere in prima linea per combattere le tendenze autoritarie, che minacciano «la sopravvivenza delle società aperte». È «una delle due grandi sfide del nostro tempo», sostiene sapendo di essere il nemico pubblico per eccellenza dei sovranisti e populisti di tutto il mondo. (L’altra sfida, «una crisi ancora più grande», è il cambiamento climatico). Perciò, una settimana fa, al World Economic Forum di Davos, Soros ha annunciato «il progetto più importante» della sua vita: una donazione di un miliardo di dollari per sviluppare l’Open Society University Network, una piattaforma internazionale per l’insegnamento e la ricerca. Perché «l’accesso a un’istruzione di qualità è la nostra migliore speranza», spiega. 
Il titolo originale del libro, nell’edizione inglese, è “In difesa della società aperta”. Corriamo seriamente il rischio di alzare nuovi muri, rinunciando alla globalizzazione per abbracciare il protezionismo, e diventare una società chiusa? 
«Una quarantina di anni fa, quando sono stato coinvolto in quella che chiamo la mia filantropia politica, la società aperta e la democrazia stavano guadagnando potere: l’Unione sovietica stava collassando, mentre l’Unione europea si stava sviluppando. La marea è cambiata dopo la crisi finanziaria del 2008 e il nazionalismo ha guadagnato influenza in un numero sempre maggiore di Paesi. All’inizio dell’anno scorso, speravo che la marea potesse cambiare di nuovo direzione verso più cooperazione internazionale, ma a fine anno le mie speranze si sono infrante, a causa della grande sconfitta della Brexit, e dell’ascesa dei partiti e movimenti populisti». 
È più preoccupato per l’America o per l’Europa? 
«L’Europa è minacciata da due pericoli: la sopravvivenza della società aperta e il cambiamento climatico, che potrebbe distruggere la civiltà. Ma va verso una direzione migliore. Il climate change è diventato la priorità della nuova Commissione Ue e il primo desiderio dei cittadini. Oggi la Ue ha intrapreso un ruolo guida per combattere il cambiamento climatico. Dirò di più: dalla fine dell’anno abbiamo visto un’accelerazione di eventi niente male, ecco perché ho speranza, anche se sarebbe più facile disperarsi. Faccio due esempi: il fenomeno delle Sardine, un movimento dal basso, che ha davvero fatto arrabbiare... come si chiama? Ah sì, Salvini. E poi un fenomeno dall’alto: i sindaci sono diventati molto attivi in tutto il mondo, ma in particolare in Europa: si sono impegnati nel cambiamento climatico, nelle migrazioni interne, e in altre questioni. Sono gli stessi temi che preoccupano i giovani». 
Lei ha 89 anni e ripone le sue speranze nei giovani, per cambiare il verso della marea. Ha citato le sardine e i «Fridays for Future». Eppure i giovani sono in difficoltà, soprattutto in Italia, dove la disoccupazione giovanile è intorno al 30%. 
«È proprio la mancanza di lavoro a causare le migrazioni interne. Chi non trova un’occupazione nel suo Paese, la cerca in Germania. Che perciò beneficia di questa situazione. Anche se in questo momento l’economia tedesca non va molto bene, perché sono così concentrati sull’industria automobilistica, dopo lo scandalo delle emissioni dei motori diesel. E il rallentamento della Germania ora nuoce al resto d’Europa. Detto questo, la Germania beneficia dell’immigrazione. Al contrario, l’Italia soffre per l’emigrazione delle elite: i più qualificati e competenti. Vanno in Germania, a Londra, in altre parti del mondo». 
Crede che il presidente americano Donald Trump a novembre sarà rieletto, come prevedono molti? 
Dalla fine dell’anno abbiamo visto un’accelerazione di eventi niente male come il fenomeno partito dal basso delle Sardine 
«Ho visto Trump parlare al Forum di Davos in tv. Mi è sembrato molto convincente. Ovviamente ha fornito informazioni false, ma devo ammettere che è bravo. Ha molto talento a convincere la gente, ma è un truffatore e un narcisista. Sarà rieletto? Si è preparato molto bene. Facebook, che è stata molto strumentale nella sua elezione nel 2016, può ancora pubblicare le dichiarazioni dei candidati senza essere legalmente responsabile, se non corrispondono alla verità, perché la legge non è cambiata e non cambierà finché Trump sarà al potere. Perciò Facebook rappresenta un grande aiuto per Trump, che sa usare i social media e li sfrutta. Il problema è che per Zuckerberg il principio guida è massimizzare i profitti». 
Come dice nel libro, è cresciuto con l’ascesa dei populismi, perciò li conosce bene. Oggi il populismo ha toccato il picco? 
«Di solito i populisti vanno al potere perché sono popolari. Ma quando i risultati del loro operato sono chiari, cosa che richiede del tempo, perdono popolarità. Anche se non è assicurato». 
In Italia molti la ricordano ancora come l’uomo che nel 1992 ha scommesso contro la lira e la sterlina, costringendo le due valute all’uscita dal sistema monetario europeo. Si è mai pentito? Ha altri rimpianti?
«Nessun rimpianto, ho semplicemente anticipato gli eventi. Perciò lo considero un mio successo. Ho sempre agito nel rispetto delle regole. Se non considerassi un comportamento appropriato, non lo difenderei mai. Ho sempre separato la mia attività sui mercati dalle mie critiche ai mercati, e sono stato molto aperto e chiaro nel chiedere cambiamenti. Ad esempio, sono a favore della tassa sulla ricchezza proposta dalla candidata democratica Elisabeth Warren». 
Perché è tanto odiato? 
«Oggi mi considero solo un intellettuale, da tempo non opero più sui mercati. Critico gli eccessi e i mercati senza controllo, credo che i mercati vadano regolamentati. Le mie critiche però fanno male a molte persone ricche e potenti, perciò è naturale che mi vogliano distruggere, perché colpisco i loro interessi. E mi attaccano non solo i ricchi, ma in misura sempre maggiore anche i politici».