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 2020  febbraio 02 Domenica calendario

Le spie russe della porta accanto

Abitudini normali, occupazioni normali. Per vivere come noi e tra di noi. Capaci di ingannare il vicino, a volte la famiglia. In grado di condurre un’esistenza senza sussulti, quasi anonima, per poter raccogliere informazioni sotto gli occhi di tutti. Indisturbati.
Questo raccontano le storie di alcuni «illegali», agenti dei servizi russi mandati all’estero dopo essere stati preparati a somigliare ad americani, giapponesi, sudamericani, europei. Nella valigia identità spesso rubate ai morti. I dettagli scarni delle loro missioni sono stati svelati di recente dall’SVR, l’intelligence esterna della Russia, in un’operazione di trasparenza, dal valore storico e propagandistico, iniziata con la diffusione delle prime schede. Alcuni si godono la pensione, altri sono morti, accomunati dal riconoscimento postumo nella forma di medaglie e titoli da parte di Vladimir Putin, uno di loro. 
Anatolyevich Shevchenko, figlio di impiegati, architetto, entra nel Kgb nel 1963. Per due anni lo «costruiscono», gli insegnano trucchi e metodi di comunicazione. Nel 1969 inizia a viaggiare all’estero, dove aggancia informatori e rastrella dati top secret di massimo livello. Nel 2001 è «terminato», lo richiamano in patria e resta nell’apparato fino al congedo. Non un ritiro completo, visto che continuerà a insegnare ai futuri «illegali». Un peccato sprecare la sua «arte». 
La coppia 
Vasenkov si spaccia per un fotografo dell’Uruguay e conosce in Perù la moglie Vicky 
Ivanovich Kim, origini coreane, genitori contadini, fluente in spagnolo, si trasferirà «in uno Stato con una complessa situazione operativa» dimostrando «audacia e coraggio». Gestirà una «residenza» clandestina attraverso la quale coltiverà fonti primarie. Muore in un incidente stradale nel 1998. La coppia incredibile. Meglio, credibile. Anatoly Vasenkov è arruolato nel 1996, «onesto, modesto, laborioso». Certamente scaltro. Lo sappiamo non dalla versione ufficiale ma da quanto è emerso nel 2010 dopo essere stato smascherato dall’Fbi grazie alla soffiata di un transfugo. Vasenkov assume l’identità di Juan Lazaro, di professione fotografo, nato «in Uruguay» e residente in Perù. Qui conosce la moglie, la combattiva reporter Vicky Pelaez, castrista accesa. Dal Sud America si trasferiranno al numero 17 di Clifton Avenue, Yonkers, stato di New York. Un amico non era mai stato troppo convinto di quell’accento con inflessione tedesca, però non aveva fatto domande. E poi Vasenkov-Lazaro era stimato quanto impegnato. Trasmetterà le «info» usando una radio a onde corte, senza lasciare tracce e suscitare sospetti neppure in Vicky che, dopo l’arresto, giurerà di non aver saputo nulla. Anche se un’intercettazione parrebbe dire il contrario. I due torneranno in Russia grazie ad uno scambio, lasciando in America i figli, Waldo e Juan jr, pianista di talento. I legami affettivi possono attendere. 
La seconda coppia. Tamara e Vitaly Netyksa, entrambi bravi con lo spagnolo. Lui ha seguito una formazione speciale – sostiene l’SVR – dal 1972 al 1978. Un periodo piuttosto lungo chiusosi con il trasferimento, insieme alla consorte-collega, in un paese ad alto rischio. La Russia li ha premiati con una sfilza di onorificenze, lei con il grado di colonnello. Identico percorso per Vladimir Lokhov, impiegato dagli anni ’60 in Asia e in Europa. Quindi la nomina a istruttore nel 1973 e una successiva promozione. A chiudere il colonnello Aleksevich Nuikin. Ha agito fino all’86 in 18 paesi, avendo come principale sponda la moglie Lyudmila, parte del servizio. Saranno traditi da un alto funzionario del Kgb scappato in Occidente. La bella serie tv The Americans ne ha offerto una ricostruzione romanzata, i dossier dell’SVR e le testimonianze dei protagonisti li hanno resi più terreni, meno mondani. Restano le domande sui successi e sul dopo, con alcuni partiti quando c’era l’Urss e tornati in una realtà profondamente mutata.