Corriere della Sera, 2 febbraio 2020
Tutto quello che sappiamo sul coronavirus
Scenari. La scienza, al momento, può solo ipotizzare scenari per predire quello che succederà con il nuovo coronavirus cinese: a partire dai più catastrofici fino a quelli più tranquillizzanti, come tre giorni fa ha puntualizzato la rivista Nature che, in proposito, ha interpellato alcuni esperti internazionali.
C’è chi ipotizza che il virus possa infettare, in breve tempo, almeno 190 mila persone nella regione cinese di Wuhan e continuare a diffondersi in altri Paesi, anche europei, dove già esistono alcuni focolai (ieri, mentre stavamo scrivendo questo articolo, i casi segnalati erano poco più di 12 mila, in tutto il mondo). C’è chi, invece, ritiene che i programmi di contenimento, attualmente messi in atto in molti Paesi, Italia compresa, possano tenere sotto controllo la situazione.
Sono ipotesi che si basano su quello che attualmente si sa del coronavirus (abbastanza poco) e su quello che, invece, si ignora e va studiato (un po’ tanto).
Ne parliamo con Massimo Galli, professore di Malattie infettive all’Università di Milano, direttore di Malattie Infettive all’Ospedale Sacco e Past President della Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali (Simit).
1 Un dato sembra certo: questa nuova forma di infezione è provocata da un coronavirus simile a quello della Sars e della Mers. È così?
Sì, il virus è stato sequenziato e appartiene alla famiglia di quei virus che hanno provocato, in passato, la Sars (la sindrome acuta respiratoria severa che si era diffusa a partire dal 2002 sempre dalla Cina, ndr) e la Mers (una sindrome analoga, ma originata in Medio Oriente sempre all’inizio del 2000, ndr). Al momento gli studi ci dicono che il nuovo virus deriva da un virus dei pipistrelli e si è adattato all’uomo (la ricerca è di Massimo Ciccozzi, Roma, ndr). La storia dei serpenti è esoterica.
2È poi assodato che provoca disturbi respiratori, oltre che febbre e dolori muscolari.
E polmonite. Fra i primi studi pubblicati (uno da Lancet su 49 pazienti e uno dal New England su 425 persone) risulta che i sintomi sono quelli dell’influenza (ecco perché, in questo periodo di picco dell’influenza nell’emisfero Nord del mondo è difficile discriminare le varie situazioni, ndr), ma che poi subentra la polmonite. Qui però parliamo di casi che sono arrivati in ospedale.
3Fatto cento il numero di persone che vengono a contatto con il virus, quante si ammalano e vanno incontro a polmonite, quante hanno solo problemi respiratori e magari non si rivolgono al medico e quante si infettano stando bene anche se possono trasmettere il virus?
Ecco, questo non si sa. Ma saperlo vorrebbe dire capire quanto dovremmo avere paura oppure no. Nel frattempo, però, le politiche di contenimento (misurazione della temperatura negli aeroporti, isolamento dei casi, quarantene, eccetera, ndr) funzionano. Ma l’Organizzazione mondiale della Sanità è chiara su questo punto: ci si deve preoccupare e indagare solo i casi sospetti.
4Perché i più colpiti dall’infezione in Cina sono i maschi, mentre invece non si segnalano casi fra i bambini?
Per quanto riguarda gli uomini si possono fare ipotesi abbastanza plausibili: fumano più delle donne e possono quindi avere di base problemi respiratori. Curiosa è, invece, la situazione degli under 16: non si sa il perché non vengano colpiti.
5Nel caso si venga a contatto con una persona che poi risultata infetta, dopo quanti giorni ci si può sentire «immuni» dall’infezione?
Senza entrare troppo nei dettagli la risposta (suggerita dalle conoscenze che abbiamo finora) è questa: dopo quattordici giorni. I tempi medi di incubazione si aggirano attorno ai cinque giorni.
6Aspettative da vaccino e farmaci?
I vaccini richiedono mesi per essere messi a punto. I tempi veri non si conoscono e sono difficili da prevedere: dipendono da tante variabili. E i farmaci antivirali, già oggi a disposizione per altre malattie da virus (contro l’Hiv, per dire, responsabile dell’Aids, ndr) non sembrano offrire grandi prospettive per controllare questa infezione che è acuta e richiederebbe somministrazioni immediate di queste terapie. Ovvio però che la ricerca va avanti anche in questi ambiti.
7Previsioni. Come e quando si potrà esaurire questa «epidemia»?
La risposta dovrebbe arrivare fra una decina di giorni – commenta Galli —. Se l’infezione raggiunge un plateau (cioè non si registrano nuove infezioni, ndr) e non aumentano i casi in Cina (e nei focolai all’estero), si potrebbe estinguere abbastanza rapidamente. Un po’ come è avvenuto per la Sars che è stata una fiammata, poi si è esaurita, anche se ha fatto qualche vittima».
Sembra di capire che il professor Galli si possa collocare fra i ricercatori «ottimisti», in base agli scenari prospettati dalla rivista Naturecitata all’inizio. Anche per arginare eccessivi allarmismi che si stanno creando attorno a questa cosiddetta «epidemia» (che, però, da noi non c’è).