ItaliaOggi, 1 febbraio 2020
Orsi & Tori
Vale la pena a distanza di una settimana di riproporre la domanda: per l’andamento dell’economia globale nei prossimi mesi è più pericolosa la politica dei dazi del presidente Donald Trump o sono più pericolosi gli effetti del Coronavirus esploso in Cina? Per capire la natura vera e gli effetti della politica di Trump ne ho parlato con Lamberto Dini, che con la sua preparazione ed esperienza di molti anni ai vertici del Fondo monetario internazionale, di altrettanti anni alla direzione generale della Banca d’Italia e poi ministro del Tesoro, presidente del Consiglio, ministro degli Esteri ed eminente senatore, ha come pochi l’attrezzatura completa per una analisi profonda. Per l’evoluzione dell’epidemia, quasi pandemia, di Coronavirus, ho parlato con il professor Mario Rasetti, che nel 2002 su incarico dell’Organizzazione mondiale della sanità, da guru del big data e data science già allora, predisse che l’Aviaria non sarebbe diventata una pandemia e dalla sua pronuncia il mondo si rimise in moto; ma ho parlato anche, a lungo, con un allievo di grande successo di Rasetti, il prof. Stefano Vespignani, fisico, che insegna alla Northeastern University, a Boston, e guida lo straordinario Laboratorio per le elaborazioni di modelli dedicati alla biological and socio-technical, attinenti anche alle epidemie e più in generale all’evoluzione degli effetti del mutamento del pianeta sulla popolazione.
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Caro Lamberto, quando sei tornato in Italia dal Fondo molti giornali ti chiamavano l’Amerikano. So che sei assai critico sulla politica di Trump...
«Proprio perché ho un legame con l’America, sono critico con la politica protezionistica di Trump. La politica di dazi crescenti o nuovi nella storia non ha mai fatto vincere nessuno, mentre tutti hanno perso. In questa politica di Trump per di più, specialmente nei confronti della Cina anche se ha accettato e firmato un accordo, all’esportazione delle merci si intrecciano le problematiche della tecnologia e dei prodotti e servizi tecnologici... È una politica miope».
Ma se Trump si vanta comunque di aver raggiunto un accordo con la Cina, nell’intervista che abbiamo pubblicato la scorsa settimana non ha mancato di attaccare l’Europa, rivendicando la condanna della Ue da parte del World trade organization o Wto che dir si voglia, per aver dato aiuti di Stato ad Airbus. Per questo Trump minaccia dazi all’Europa...
«Se si fa la storia del Wto, ci sono partite vinte e perse dagli Usa e da altri protagonisti del commercio internazionale. Per esempio, è ancora in istruttoria una denuncia della Ue per gli aiuti dello Stato americano alla Boeing. E comunque una cosa sono le azioni specifiche, un’altra cosa la scelta di Trump che è generale, sta mettendo e vuole mettere dazi su tutti. In più Trump non tiene conto che se blocca o limita con i dazi l’importazione di alcuni prodotti dalla Cina, se quei prodotti non vengono sostituiti da prodotti realizzati negli Usa, comunque la domanda sarà soddisfatta da merce proveniente da altri Paesi diversi dalla Cina. Il mercato funziona così. Basta guardare il trade deficit della bilancia americana...».
Cioè?
«La bilancia statunitense per beni e servizi è in deficit crescente, nonostante i dazi. Nel 2016 il deficit era stato di circa 500 miliardi; due anni dopo, nel 2018 era salito a 628 miliardi di dollari e nei primi nove mesi del 2019 è stato di 475 miliardi, che progettato nei 12 mesi supererà i 640 miliardi. Tutto ciò dimostra che la politica dei dazi non serve e che la politica America First non ha dato risultati, anzi...».
Ma con America First ha fatto rientrare negli Usa parecchi miliardi da parte delle aziende multinazionali americane...
«La politica di rimpatrio della tesoreria delle aziende non è sufficiente, anzi. Grazie anche a una politica fiscale a vantaggio di queste aziende e più in generale del sistema interno, il presidente Trump ha liberato circa 1.000 miliardi da spendere, che creano appunto domanda di beni e servizi provenienti dall’estero se non sono prodotti negli Usa. È vero che c’è stato un boom di posti di lavoro. Ma nell’ultimo trimestre, come del resto in tutto il 2019, l’economia americana è cresciuta appena del 2,1%. Per dire che non è un boom basta ricordare che nel suo secondo quadriennato Barack Obama ha avuto una crescita media nettamente superiore e pari al 2,4%. E comunque Trump rischia di perdere la battaglia con la Cina nelle tecnologie...».
Per forza la Cina, nell’era dei dati, ha oltre un miliardo di cittadini che usano lo smartphone e quindi ha più dati a disposizione per educare le varie intelligenze artificiali o AI come si dice negli Usa...
“Nell’AI, in realtà l’America è tuttora più avanti, ma è vero che il maggior numero di dati disponibili da parte della Cina può determinare un rapido sorpasso. Ma i rischi maggiori (ho cominciato a studiare il tema un anno fa) sono nei sistemi di telecomunicazioni superveloci. Nel 5G, con Huawei e non solo, la Cina è nettamente avanti e con i molteplici usi del 5G e del 6G prossimo ci saranno applicazioni vastissime. Basta vedere che anche Boris Johnson, su cui Trump contava molto per l’uscita dall’Ue, ha dato via libera a Huawei. E se non bastasse, la Russia, che ha la più efficiente intelligence del mondo, usa già da tempo il 5G cinese perché è il più efficiente. E ancora: Apple, che ha stabilito nuovi record di fatturato, produce moltissimo in Cina, perché non c’è altro Paese capace nel digitale di produrre altissima qualità ai prezzi più bassi. E le prossime guerre saranno combattute non dagli eserciti ma dalle tecnologie».
Quindi prevedi un prossimo futuro non brillante per gli Usa...
«Prevedo che una politica protezionistica unita al costante attacco delle più solide e indipendenti istituzioni americane danneggi gli Usa. Proprio nella vostra intervista Trump ha accusato il presidente della Federal reserve di essere la causa di una crescita solo del 2,1% perché non ha azzerato i tassi e non ha aumentato la liquidità. Come abbiamo visto le cause sono altre, se le istituzioni indipendenti americane non vanno azzoppate».
Qualcuno pensa che il Coronavirus darà una mano a Trump nei confronti della Cina...
«Esattamente il contrario, perché la chiusura delle città colpite hanno lo stesso effetto dei dazi. Riducono la circolazione e il consumo di beni e servizi. Se Trump fosse contento di vedere la Cina in difficoltà non terrebbe conto che la Cina è per tutti il più grande mercato del mondo e quindi anche per gli Usa...».
Grazie Lamberto, mi pare di poter concludere che, comunque, questo ultimo anno di mandato, anche se l’impeachment non avrà effetti, sarà molto complesso per Trump, per gli Usa e per il mondo...
«Esatto, speriamo che il grande dispiegamento di mezzi che la Cina ha dedicato a questa epidemia dia presto risultati. Anche gli Usa ne hanno bisogno».
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Appunto, tutto il mondo è appeso a Coronavirus. Quante probabilità ci sono, professor Vespignani, che tutto si risolva tempestivamente?
«Per rispondere occorrerà attendere almeno due settimane. La Cina sta attuando quanto non si era mai visto nel mondo. Di fatto, ha creato una enorme bolla per cercare di tenere dentro 50-60 milioni di abitanti. Non è pensabile che una tale struttura possa essere estesa alle altre grandi città come Pechino o Shanghai. La Cina si sta comportando come meglio non potrebbe. Ha trasmesso immediatamente a tutte le organizzazioni sanitarie del mondo il genoma del Coronavirus affinché lo si possa studiare. Tiene aggiornati tutti in tempo reale».
Qualcuno sta assumendo atteggiamenti razzisti dicendo che il mondo è in pericolo perché in Cina c’è scarsa igiene. Il prof. Rasetti mi ha spiegato che si tratta di ignoranza perché la scarsa igiene provoca casomai batteri, ma i virus non sono provocati dai batteri...
«Il prof. Rasetti ha ragione. Il Coronavirus, come molti virus che attaccano l’uomo, viene sicuramente dagli animali. Dai pipistrelli, dagli animali vivi che in Cina vengono portati al mercato. È anche una bestialità pensare che il Coronavirus venga da qualche laboratorio militare. Ogni volta che scoppia un’epidemia, c’è sempre qualche sciocco o interessato che fa girare la voce di ricercatori pazzi e delinquenti che mettono in giro un nuovo virus. Il problema è un altro e cioè che questo virus si trasmette agli esseri umani via etere e colpisce subito i polmoni. Non è come l’ebola che ha colpito parte dell’Africa e che si trasmette solo se un individuo tocca il sangue di un ammalato. Il Corona viaggia invece nell’etere...».
La bolla, cioè la quarantena di decine di milioni di persone, è utile?
«È utile per prendere tempo e per verificare se la messa in atto da parte del mondo intero di provvedimenti cautelativi fa cambiare la curva del contagio. Tuttavia, al di là delle quarantene, al di là della cancellazione dei voli dai vari paesi, come ha fatto l’Italia, non si può certo congelare il mondo... Bisogna sperare che questi interventi, appunto, cambino la tendenza. Perché il vaccino non lo abbiamo».
Però tanti laboratori sono già al lavoro...
«Sì, ma ci vorrà tempo, un tempo incompatibile con il blocco dei contagi».
L’Organizzazione mondiale della sanità ha già qualificato come epidemia globale il Coronavirus. Se qualificasse il fenomeno come una vera e propria pandemia, l’uso del vaccino potrebbe essere forse accelerato...
«No, perché ci sono test che non possono essere saltati. E poi qui si tratterebbe di una vaccinazione della popolazione globale. Ci sarebbe quindi anche un problema di strutture di produzione sufficienti. Per l’influenza, che è provocata da un virus anch’essa, sappiamo come produrre il vaccino e la produzione avviene prima che si diffonda il virus. Il Coronavirus non è ancora un vaccino, e il contagio potrebbe correre più veloce della produzione. La linea da seguire è chiara: contenere la diffusione con immediato isolamento dei contagiati».
Anche i virus influenzali fanno ogni volta migliaia di morti. Per ora i morti da Coronavirus sono pochi, sempre che siano veri i numeri che circolano...
«Sicuramente il Corona è un virus più forte e aggressivo di quelli che normalmente creano la stagione dell’influenza. Ovviamente, quindi, i contagiati con uno stato di salute più debole sono a forte rischio di morte, ma si sono registrati casi anche per chi apparentemente non era a rischio».
Lei professore ha indicato un tempo di due settimane per capire se i coraggiosi provvedimenti presi dalla Cina scongiureranno una diffusione del virus a tappeto. «Perché in due settimane sapremo qual è la traiettoria, cioè se, come li chiama lei ma come concordo anch’io, la coraggiosa quarantena cinese, più la cooperazione nella stessa forma di isolamento di tutto il mondo, faranno calare la velocità di crescita dei contagiati. E così capire quanti casi ci possiamo aspettare. Se la traiettoria muta rispetto a quella attuale, come è possibile per il lavoro fatto, allora si potranno fare previsioni relativamente ottimistiche. Nel caso, non succederà come con la febbre spagnola che arrivò in Europa a punte anche del 35% di colpiti».
La Cina potrebbe fare di più?
«Non credo proprio. Anche sul piano economico sta sostenendo oneri altissimi che peseranno più o meno sul futuro se fra due settimane il trend si sarà invertito».
Se posso concludere, Caro professore, gli effetti economici saranno comunque elevati. Ma a me ha colpito la notizia che nei grandi palazzi di Wuhan la sera intonano canti che la Cina ce la farà…
«È vero, se un contagio come quello in atto fosse partito in un altro Paese senza una coesione forte, anche se talvolta forzosa come la Cina, il disastro sarebbe più grave».
Proprio per questo c’è da credere che se la traiettoria cambierà, la Cina rilancerà immediatamente anche sul piano economico. Poiché il mercato cinese è il più grande del mondo e la produzione cinese è ormai essenziale per il mondo, potrebbe anche succedere che Trump debba rinunciare alla politica protezionistica se non vorrà che anche il pil degli Usa vada verso lo zero.