Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2020  febbraio 01 Sabato calendario

I messaggi ai morti alla segreteria di Radio Deejay

Ciao nonna, ho avuto una figlia, si chiama come te, Caterina». «Ciao papà, volevo solo dirti che ti ho perdonato». «Ciao Ciccio, io per questa qua sono andata fuori di testa, se va tutto bene te la presento». Quattro ore di messaggi a persone che non ci sono più. Senza interruzioni, senza commenti, senza musica di sottofondo. Solo una segreteria, quella di Radio Deejay e una notte di parole consegnate al vento. Un saluto, un rimpianto, un rimorso, un piccolo gesto. Oppure solo ciao, mi manchi. 
Sono andati in onda da mezzanotte alle 4 di ieri mattina. Di vocali ne sono arrivati circa 1500, e continuano ad arrivare. «Deejay nel vento» è la versione radiofonica della cabina sull’Oceano Pacifico, fuori dalla città di Otsuchi: una cabina bianca con un telefono nero collegato al niente. «Kaze no Denwa», («il telefono del vento», appunto) è stato costruito nel 2010 da Itaru Sasaki che aveva perso il cugino e da quella cabina nel suo giardino aveva deciso di continuare a parlargli. Dopo il terremoto e lo tsunami del 2011, Sasaki ha aperto il giardino e il telefono a chiunque avesse perso qualcuno: è diventato una specie di luogo di pellegrinaggio. 
Questa storia è raccontata da Laura Imai Messina nel libro Quel che affidiamo al vento (Piemme), che è già un caso editoriale. Soprattutto, di cabine analoghe ne stanno nascendo un po’ ovunque. Come al Rifugio Pratorotondo, in Liguria, a quota 1100 metri sul Monte Beigua. Anche da lì si vede il mare. 
«È cominciato tutto con Laura ospite in trasmissione a Pinocchio», dice La Pina, nota conduttrice di Deejay. «Subito sono arrivati tanti messaggi e poiché erano troppi abbiamo pensato di raccoglierli e di mandarli insieme in una notte. Ma già prima, appena finito di leggere il libro, avevo pensato che bisognava riempire la città di cabine: e che io ho una cabina gigante, la radio». 
Il racconto della quotidianità
A volte ci sono grandi rimorsi che sono rimasti dentro. Ti chiedo scusa. Mi dispiace. Ti ho perdonato. Ma in tanti non hanno fatto che comunicare dettagli marginali di giornate assolutamente normali. Cosa ho mangiato a cena, la Fiorentina ha vinto, oggi al lavoro tutto bene, ciao sto tornando a casa. Telefonate ordinarie come erano in quella quotidianità strappata via per sempre. «È un dolore che riguarda tutti, ma nessuno ne parla, resta nella parte dei sentimenti che non viene condivisa ed è relegata in una sfera di tristezza». 
Una sfera in cui né il libro né Radio Deejay hanno voluto portare lettori e ascoltatori, o almeno lì non hanno voluto lasciarli: il risultato è semmai una catarsi collettiva. È l’emoji che ancora non c’è - ma presto ci sarà - della lacrima con il sorriso: una commozione che libera e fa sentire più leggeri. Immergersi in un dolore per guardarlo in faccia, superarlo, ma anche per non sentirsi soli e magari pure stupidi: perché tutti ti dicono che ormai sei grande, perché perdere un genitore o una nonna è una cosa della vita e si sa che ci si deve fare i conti prima o poi. È normale. 
Vero, ma questo non solo non annulla il dolore, peggio: acuisce il pudore di parlarne e così lo dilata in un abisso di sofferenza senza sfoghi: «Nonna, mi manca d’essere trattato come un bambino pure a 40 anni». E non è solo l’effetto del microfono aperto, dove peraltro nessuno si è reso riconoscibile, nessun esibizionismo della tristezza: «Chi non ha avuto il coraggio di mandare un messaggio - racconta La Pina - ha trovato tanto sollievo a sentire gli altri. Altrimenti perché la gente deve passare 4 ore di notte a sentire ’sta roba e dirti "Grazie ho pianto come un pazzo"? E tantissimi vogliono riascoltarla».
Il successo enorme - La Pina e Deejay stanno pensando di far ricomparire la loro cabina nell’etere e intanto mappano quelle che stanno realmente comparendo - è il potere della radio: cioè il potere della parola. La possibilità di dare concretezza e fisicità a un pensiero. È la voce che fa la differenza: una cosa che hai dentro diventa reale quando ha un suono: e un telefono e una radio diventano importanti anche solo perché erano tanti anni che non dicevi più «Ciao mamma».