La Stampa, 1 febbraio 2020
Coronalleanza
Davanti al drammatico e incombente pericolo del coronavirus, le istituzioni italiane hanno saputo ritrovare compattezza. Non c’è destra né sinistra, né maggioranza né opposizione: si lavora tutti insieme a trovare il rimedio. Salvini ha cominciato a battere a tappeto l’Italia e a suonare ai citofoni dei cinesi: «Scusi, lei diffonde il morbo?». Intanto Di Battista informa con un post su Facebook di essere andato in Nuova Caledonia a studiare l’anamnesi, «poi torno e vi aiuto». Per affrontare l’emergenza sui giusti presupposti, Zingaretti ha elaborato l’analisi: «Il coronavirus vince perché non si è rinchiuso nei palazzi, ma sta fra la gente. Anche noi dobbiamo tornare sul territorio». Nonostante il pessimismo di Davigo («non esistono persone sane, esistono solo persone in attesa di ammalarsi»), il ministro Bonafede ha promesso di reintrodurre la prescrizione, non dei processi, ma dei vaccini. La formidabile trovata del Guardasigilli ha indotto Di Maio a precipitarsi su un balcone per lo storico annuncio: «Abbiamo sconfitto la malattia!». Perplesso Berlusconi, e molto recriminatorio: «Solo i comunisti possono ammazzarti con uno starnuto, cribbio». Fortunatamente è intervenuto Renzi a riconsegnare coraggio al Paese: «Non è il virus che deve contagiare noi, siamo noi che dobbiamo contagiare il virus. Il virus non è un nemico da vincere, è un avversario da convincere». Finché il premier Conte non ha trovato le parole perfette per farci capire che ci salveremo: «Con i miei collaboratori abbiamo inteso avviare un processo per cui, se non batteremo il virus, ce lo faremo alleato».