Corriere della Sera, 1 febbraio 2020
Una giornata (semi-isolati) a Pechino
Su WeChat, la piattaforma online che lega 900 milioni di cinesi, indispensabile anche per gli stranieri che vogliono lavorare e vivere qui, ieri abbiamo ricevuto una Lettera ai cittadini non-cinesi di Pechino, con intestazione «Very Important». E a seguire una informativa su Public Prevention of Pneumonia caused by Novel Coronavirus. Comunicazioni scritte con delicatezza e fermezza. Anche dal punto di vista grafico: la seconda si apre su un disegno del virus a corona stilizzato. Molti ringraziamenti via WeChat dai destinatari: «Beijing Jayou!», che significa «Forza Pechino!», e «Wuhan Jayou!». Nella capitale dell’Hubei sotto assedio e in quarantena è diventato il grido di resistenza che la gente grida nella notte.
Entrando nel palazzo dove il Corriere ha l’ufficio, un custode mascherato è munito di pistolina scanner della temperatura. Annota ingressi e uscite. Nella Cina del riconoscimento facciale accoppiato a programmi di Intelligenza artificiale il lavoro manuale, ai giorni del virus, riprende il sopravvento. I vialoni del Central Business District sono deserti perché gli uffici sono in vacanza prolungata, come molti ristoranti e negozi di superalcolici. Aperti i supermercati, forniti di tutto ad esclusione delle introvabili mascherine (a Shanghai ci si deve registrare in farmacia: 5 pezzi a famiglia). Porta aperta nel raffinato pet shop per cani e gatti, ma dentro c’è solo un barboncino, chissà dove li hanno spediti gli animaletti.
Chiuso lo spaccio di dvd pirata, quello con tutti i film hollywoodiani, europei, coreani, russi, cinesi che a volte escono qui prima che in patria. Un peccato: in tutta la Cina non si può andare al cinema, sono state bloccate tutte le uscite di blockbuster. Chi si vuole sedere in sala, a scrutare nel buio se quel colpo di tosse sentito tre poltroncine più in là è «normale di stagione» o sospetto?
E se ti viene la febbre, il raffreddore o l’influenza di stagione che si fa? Ti autodenunci e sarai assistito prontamente, spiega il messaggio su WeChat. Sembra facile, ma per precauzione la Commissione nazionale di Salute dice che «chi è altamente sospettato di infezione da virus dev’essere controllato a vista da sei lavoratori volontari» (gli onnipresenti vigilanti in cappotto e colbacco neri).
A Pechino stanno ricostruendo a ritmi loro, da record, l’ospedale della Sars. Per via della «seconda generazione di casi», il contagio tra pechinesi che non sono stati a Wuhan. Al momento i casi sono contenuti a 111, dicono. Siccome le autorità hanno decretato il «livello più alto di emergenza sanitaria pubblica», e la risposta «deve essere ordinata» (e lo è), nella capitale sono state designate 101 cliniche per la febbre e 20 ospedali dedicati alla polmonite. Restate in contatto al numero di telefono 12345, disponibile in otto lingue.
Meglio leggere i consigli preventivi anti-virus. In estrema sintesi: meno visite ai parenti e amici, meglio mangiare soli; cercare di non prendere metro, autobus; niente karaoke e shopping. «State a casa il più possibile». Raccomandata la maschera all’aperto, del tipo N95. Aprire spesso le finestre di casa per ventilare (fuori zero gradi). Stendere spesso al sole vestiti e coperte.
Al supermercato sono tornate le mascherine esaurite ieri. Ma un giovane cinese ne ha appena comperato tre scatole, le ultime. In ufficio ne restano alcune «non professionali». Dibattito sull’efficacia. Ognuno dice la sua, come al bar sport. A proposito, inutile andarci: il campionato di calcio è stato rinviato sine die.
Intorno a una grande area chiamata ambiziosamente Central Park, accanto all’ufficio, sono comparse barriere. Servono a controllare il passaggio di estranei nelle vie d’accesso ai grattacieli di classe medio-alta. Sono fatte con fioriere sormontate da eleganti gambe in alluminio e cartelli che chiedono collaborazione. «Per entrare andare al varco Est del passaggio Ovest». Sembra una gara di orientamento. Al varco si passa senza alcun problema. Grande educazione, calma. Forse sono solo prove di efficienza da quartiere borghese (ora che essere borghese, in Cina, non è più un delitto ma un merito).
La tv celebra i nuovi eroi: betoniere e impastatrici di cemento. A Wuhan stanno costruendo due ospedali per i pazienti del virus. Il primo sarà pronto il 3 febbraio, il secondo il 5. Circa 50 mila metri quadrati e 2.600 posti letto. Ce ne sarà bisogno. Trasmettono filmati in time-lapse del progresso rapidissimo. Sono state lanciate vignette di incoraggiamento, coniati per le betoniere nomi come «Re del cemento» e «Grande roller bianco», «Fratello toro rosso» ispirati al colore delle grandi «macchine del bene».
In guerra si sostiene il fronte interno propagandando le vittorie. La Cctv cinese annuncia la guarigione di 20 pazienti a Wuhan, dimessi ieri. La France Presse invece diffonde le foto di un signore anziano morto in strada a Wuhan, forse d’infarto. Infermieri in tuta lo coprono con una coperta, con delicatezza.