Corriere della Sera, 1 febbraio 2020
Tutto sui due cinesi infetti a Roma
Volo «Ca 949» partito da Pechino e atterrato a Milano Malpensa il 23 gennaio alle 5.35. È l’aereo che ha portato in Italia i due coniugi cinesi risultati positivi al test del coronavirus e ricoverati all’ospedale Spallanzani di Roma. Dovevano fare un tour nelle città più belle d’Italia, sono da due giorni in isolamento nel reparto malattie infettive. Ma prima di arrivare nella Capitale hanno viaggiato prima a bordo di un pullman e poi hanno preso un’auto con conducente. Sono stati a Verona, a Parma, a Firenze. Hanno mangiato nei ristoranti e soggiornato in hotel, hanno fatto passeggiate e visitato monumenti. Ecco perché sono scattate le verifiche delle autorità sanitarie, ma anche di polizia e carabinieri, per rintracciare le persone che sono entrate in contatto con loro in modo da poter effettuare i controlli ed escludere il contagio.
L’atterraggioL.X.M.ha 66 anni, sua moglie, H.Y. ne ha 65. Vivono a Wuhan e con un gruppo di connazionali decidono di comprare un «pacchetto» della Kuoni per un tour in Italia. Prima tappa Pechino, poi volo diretto verso Milano. Quando atterrano, all’alba del 23 gennaio, il mondo è già in allarme per il coronavirus, ma negli scali italiani non è stato predisposto alcun controllo specifico. E dunque dopo aver compilato i moduli per chi proviene dai Paesi extra Ue e aver ritirato i bagagli, salgono sul pullman diretti a Verona. Arrivano nella città veneta e visitano alcuni tra i luoghi più suggestivi. Trascorrono alcune ore nel centro storico, passeggiano insieme agli altri turisti, si fermano per il pranzo.
La prima tappaNel pomeriggio si dirigono verso il grande hotel di una catena internazionale in zona Fiera. Arrivano alle 19,30. L’addetto alla reception registra i documenti, la coppia sale in camera così come il resto della comitiva. L’ispezione ordinata ieri dalla Asl impone il «congelamento» della stanza dove hanno dormito e la bonifica dei luoghi dove sono stati. Ma anche le analisi cliniche per tutte le persone che con loro hanno avuto contatti, sia pure in maniera sporadica. Sale da pranzo, luoghi comuni, ogni posto viene controllato. «Ma noi siamo tranquilli», assicurano dalla direzione dell’albergo».
L’arrivo a ParmaAlle 8 della mattina successiva il pullman riprende il cammino e si dirige verso l’Emilia-Romagna. Destinazione Parma. In realtà il viaggio della coppia prosegue con il resto della comitiva soltanto per poche ore. Il 25 gennaio tutto il gruppo va via perché il tour prevede altre tappe prima della costiera amalfitana. I coniugi decidono invece di rimanere nell’hotel di Parma. Non si sa se abbiano cominciato ad accusare i primi sintomi della malattia o se invece abbiano deciso di proseguire da soli perché scontenti dell’organizzazione. Scelgono di rimanere nello stesso hotel per una notte mentre il 26 gennaio cambiano albergo e si spostano più in centro. Le verifiche su dove siano andati e su che cosa abbiano fatto in quei giorni sono ancora in corso, soprattutto per scoprire se siano stati in bar o ristoranti. Certamente sono usciti e poi hanno deciso di proseguire il viaggio affittando una macchina con autista.
La gita a FirenzeL’uomo va a prenderli con la vettura a noleggio il 27 per portarli a Firenze, dove giungono dopo pranzo. Anche per lui scatta la procedura per la verifica di eventuali sintomi e dunque una sorta di quarantena visto che ha avuto con entrambi rapporti stretti e prolungati. Li accompagna in un piccolo hotel del centro storico, con loro fa anche un giro nei dintorni, qualcuno dice che siano stati sulle colline del Chianti. Evidentemente le condizioni di salute della coppia continuano però a peggiorare. Saltano tutte le tappe intermedie e si dirigono direttamente a Roma.
Scatta il ricoveroIl 28 gennaio, quando arrivano nella capitale sono entrambi influenzati. Il cameriere di un ristorante cinese del centro storico racconta di averli riconosciuti tra i clienti entrati quella sera, loro dicono di aver fatto una passeggiata. Giurano di non aver preso mezzi pubblici. Certamente la mattina del 29 il marito comincia a stare davvero male, tanto che verso le 17 la donna si rivolge alla reception e chiede aiuto.
È molto agitata, spiega che bisogna chiamare al più presto un medico. Il personale dell’hotel lancia l’allarme e dopo pochi minuti arriva l’ambulanza con gli infermieri in tuta bianca e mascherina. Scatta la procedura prevista per le malattie infettive. I due vengono ricoverati e venerdì sera arriva la conferma: hanno il coronavirus. Sono i pazienti «zero» italiani.