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 2020  gennaio 31 Venerdì calendario

Filippo Sensi ha perso 40 chili (due interviste)

Maria Teresa Meli, Corriere della Sera
Filippo Sensi è uno che non ama la visibilità. Portavoce di Matteo Renzi prima e di Paolo Gentiloni poi, ha fatto del non apparire la sua cifra. Ma mercoledì, nell’aula di Montecitorio, durante l’esame delle norme contro il bullismo, è intervenuto per raccontare la sua esperienza personale. Quella di un ragazzino grasso bullizzato dai coetanei. Ora Sensi è dimagrito («Quando stavo a dieta mi veniva l’acquolina in bocca vedendo in tv le pubblicità del cibo per gatti», raccontava in quel periodo agli amici per prendersi in giro). 
Le è costato questo outing? 
«No, la parte del vittimista non fa per me: ho semplicemente pensato che valesse la pena presentare un ordine del giorno per isolare all’interno della questione del bullismo due temi su cui negli ultimi anni sta crescendo la consapevolezza: il “fatshaming” e il “bodyshaming”. Io ovviamente ho parlato del mio tema personale, perché sono sempre stato grasso, però questo riguarda tutti, chi è piccolo, chi è alto alto... Ognuno ha le sue caratteristiche che possono essere un impedimento nel corso della vita. Perciò ho preso la parola pensando che potesse essere utile. E lo è stato, come ho potuto riscontrare subito dopo il mio intervento. È come se si fosse aperta una porta emotiva: tanti colleghi sono venuti a raccontarmi la loro esperienza personale o quella di amici e familiari. È stata una specie di liberazione per tutti. All’inizio l’Aula era distratta poi piano piano si è creato un altro clima, di silenzio e attenzione, perché parlavo di una cosa che mi riguardava ma riguardava anche ognuna delle persone presenti». 
Come la bullizzavano quando era piccolo? 
«Sono sempre stato grasso e come tutti i ragazzini grassi ero inseguito da battute, a volte dallo scherno e dalla derisione. È normale che chi è stato sovrappeso abbia subito mortificazioni. Mi chiamavano “manzo”. Ma a volte può essere più mortificante della gang di bulli il non riuscire ad allacciare una cintura sull’aereo, oppure dover andare in giro a cercare taglie che non ci sono, o lo sguardo di chi ti vende un paio di pantaloni pensando “guarda che per te non ci sono”». 
E lei come la viveva? 
«Non ci piangevo in bagno». 
Non si vergognava? 
«No. O meglio, penso di no. Perché poi è ovvio che questi episodi da qualche parte, dentro di me, stanno, come tutte le ferite che ognuno di noi ha. Ci ho sofferto? Non credo, ma dovrei fare un percorso per capirlo. Alcune cose mi sono rimaste in testa, altre no. Sulla mia obesità scherzo sempre molto, può essere che sia un modo per esorcizzarla, per fare finta di viverla senza senso di inadeguatezza. Quando ero ragazzino non ho reagito chiudendomi in casa e non ho saccheggiato il frigorifero per reazione. Non ho mai sofferto di alimentazione ossessivo-compulsiva. Sono sempre stato quello che da piccolo si chiamava il mangione, cioè quello che divorava pasta e pane, però lo facevo a tavola con gli amici, non l’ho vissuto nel segreto. Ma per molti altri non è così, la grassezza diventa lo stigma, e le prese in giro sono un problema che può portare fino a conseguenze estreme». 
Che cosa si dovrebbe fare secondo lei in questi casi? 
«Io penso che si debba avere consapevolezza, rispetto, e, se possibile, amore. Ma vorrei essere chiaro: parla uno che non sempre ha questo rispetto, in Aula sono uno dei più irruenti. Non voglio dividere il mondo in vittime e carnefici. Non sono un ultrà del politicamente corretto, anzi tutt’altro, sono per la consapevolezza: essere responsabile di quello che dici è un conto, arrivare a una sterilizzazione del linguaggio è un altro. E anche sul normare, attenzione perché fare le leggi è veramente delicato: incidono sulla vita delle persone. Noi possiamo fare bellissime leggi, ma poi bisogna vederne le conseguenze, perciò dobbiamo anche essere pronti a cambiarle». 
Perché a un certo punto ha deciso di dimagrire? 
«Avevo fatto delle analisi che erano sballate, ma non sballatissime. Mi è scattata la molla: è successo nel passaggio tra palazzo Chigi con Renzi e palazzo Chigi con Gentiloni. Come se avessi trasformato quel momento in un’occasione per fare una cosa che avevo sempre rimandato. Allora la mia prima decisione è stata quella di eliminare quei tre, quattro litri al giorno di... non citi il nome la prego... di quella bibita gassata e molto zuccherina che bevevo. Ho fatto come Zeno Cosini. Mi sono detto: questo è il mio ultimo bicchiere di quella straordinaria e buonissima bevanda e mi sono messo a dieta. Una dieta normale: pesavo 131 kg, ora ne peso 90. Sono ancora sovrappeso, dovrei dimagrire di più e piano piano lo farò. Il mio regime alimentare è quello che conosciamo tutti: frutta, verdura, proteine, no pasticche. Questo vale per me, poi ognuno è un caso a parte». 
Però va ancora in giro con i vestiti di quando era grasso, non ne ha comprati di nuovi? 
«No, per uno che è stato grasso come me mettersi i vestiti larghi di quando pesavi molto di più è una soddisfazione quasi erotica. Ti senti che sciacqui nel vestito e quella è una sensazione bellissima. Magari così sei ridicolo, ma è come una coperta di Linus...».

***

Francesco Merlo, la Repubblica
Caro Filippo Sensi, secondo te sei stato applaudito a scena aperta dai tuoi colleghi deputati perché hai perso 40 chili o perché hai raccontato che da grasso eri vittima del bullismo? Hanno reso omaggio al bullizzato o al dimagrito che ce l’ha fatta?
«Credo, al bullizzato, ma non sono sicuro. Il dimagrito che ce l’ha fatta è una specie di eroe nazionale».
Non pensi mai che eri meglio prima, che con quei 40 chili hai perso il meglio di te?
«Così nettamente mai, ma certo ora sono più malinconico».
Il grasso non è solo il bullizzato. Il luogo comune lo vuole più simpatico e soprattutto più leale. Le ragazze per esempio …
«Già, il grasso è anche l’amico delle donne. Ed è vero che Forattini disegnando Spadolini tutto nudo e tutto grasso lo rendeva più simpatico».
In Shakespeare c’è la battuta: “Non mi fido di lui, è troppo magro”
«Quando ero grasso facevo il portavoce, prima di Renzi e poi di Gentiloni. Si fidavano di me anche perché non mi si vedeva: il portavoce deve essere invisibile».
Ora che sei deputato hai perso peso, ma hai, per dirla in metafora, “più peso”. E infatti ti si nota di più.
“Guarda come sta bene Sensi, guarda com’è dimagrito”. Somigli a quello che fai?
«Dopo il discorso di ieri mi abbracciano persone che neppure mi salutavano. Magari perché si sono identificati o perché in me hanno rivisto il disagio dei loro fratelli grassi o delle loro sorelle o dei loro compagni. Forse è stato un applauso liberatorio. Pensa che adesso in tanti mi scrivono per raccontarmi le cattiverie che hanno subito. C’è una ragazza che mi ha confessato di aver fatto sparire tutte le sue foto perché era troppo … magra. Voglio dire che nelle mie intenzioni il dimagrimento era solo un pretesto, un modo per “incarnare” la legge sul bullismo.
Anche questa è politica».
Chiamare un grasso cicciabomba è bullismo?
«Dipende. Io non sono un appassionato del politicamente corretto, non mi piace il linguaggio sterilizzato. La mia regola è: dite pure quello che volete, ma sapendo quello che dite. Ecco: uno basso a Roma è una gnappetta, uno alto è pennellone o lungagnone, uno che ci vede male è cecato, uno troppo magro è secco o scrocchiazeppi… Dirlo di se stessi è un modo per esorcizzare un problema che ti cova dentro. Ed è bullismo spavaldo, e dunque affrontabile, quello di chi ti dice “palla di lardo”, ma c’è anche il bullo sottile, il finto ironico, “fagli vedere che non sei solo ciccia”, e poi c’è quello che ti offende con lo sguardo.
E magari non è vero che ti ha guardato male, ma tu ti offendi lo stesso perché vedi il ghigno persino dove non c’è».
Queste cose le racconta bene il bel libro di Costanza Rizzacasa d’Orsogna “Non superare le dosi consigliate ” (Guanda) che confessa di avere odiato il proprio corpo anche quando era magrissima. Ma c’è anche Giuliano Ferrara che ha twittato: “Fat shaming. Visto video di Sensi alla Camera. Sue ragioni corrette, non solo politicamente corrette. Ma non sono d’accordo.
Noi obesi siamo deformi, facciamo impressione anche ai cani, come Riccardo III. Nostro dovere: essere cattivi e sottili quanto siamo grassi.
#novittimismo”.
«Ringrazio Ferrara, di cui ho una grandissima stima, ma lo devo deludere: io sono d’accordo con lui.
Non mi sono mai sentito una vittima».
Un grasso deriso è una vittima.
«Certo. Ma un grasso consapevole come appunto Giuliano sa trasformare la mollezza della ciccia in forza. L’ho fatto anche io, anche se meno bene di lui».
È vero, Giuliano per esempio è stato sempre agile nonostante la stazza. Lo ricordo a cavallo, in barca…, con l’eleganza del grasso.
«C’è grasso e grasso, c’è la pancetta a pera del commendatore e c’è il grasso della vita disordinata e smodata, com’era Pannella dopo i digiuni. C’è l’orco e c’è l’orso, il bambolone e il viscido, oggi ci sono le modelle grasse e belle, ci sono le star americane … Io ero grasso anche da ragazzo, e poi bevevo litri di Coca Cola, mangiavo male e sempre …»
E però viviamo in un paese che ha costruito un razzismo al contrario, trasformando per esempio la bassa statura in una mitologia, a partire dallo sport dove Gianni Brera inventò la teoria degli abatini vincenti. Il grasso ti ha più aiutato o più ostacolato?
«Non so fare un bilancio preciso. Ma devo dire che spesso mi ha aiutato».
C’è un’ immensa letteratura su quanto sia basso l’altissimo genio. E non solo in Italia dove ci sono il corazziere Rascel e dove Fanfani scrisse un saggio sulla superiorità dei brevilinei, energici, persuasivi, ottimisti e sintetici, contro i longilinei taciturni, infelici, sognatori e mesti.
Ma c’è anche l’autorevolezza del grasso: il cardinale rotondo di spiritualità è sempre amante della buona tavola e Aldo Fabrizi è stato la guardia italiana. E prima Maigret e ora Zingaretti-Montalbano calvados e arancini - sono i commissari perfetti. Il ruspante comunista Peppone aveva su di sé il peso di Togliatti. E ancora: Pavarotti, Zucchero, Bud Spencer...
Persino l’impossibile “Felicità” di Albano e Romina conforta di più nella floridezza.
«L’estetica però subisce il tempo. Una volta Paola Borboni, ormai vecchia, disse al piccoletto Claudio Villa che la prendeva in giro: ‘io bella lo sono stata, tu alto non lo sarai mai’. Oggi una battuta come questa forse la pensi, ma non la dici. È vero che il linguaggio è inadeguato, e magari parliamo sessista senza rendercene conto …»
Proibiamo le merendine?
«No. Io, come te, sono per la persuasione. Altrimenti bisognerebbe normare e proibire quasi tutto …»
Un altro luogo comune vuole che si dimagrisca per amore o per malattia. Ricordo la romantica risposta che mi diede Paolo Bonaiuti, il simpatico portavoce di Berlusconi, che improvvisamente dimagrì moltissimo: “Amore o malattia, dici. Ma non sono la stessa cosa?”
«Non è il caso mio. Passando da Renzi a Gentiloni cambiai vita anche perché mi dissero che le mie analisi del sangue non andavano bene: colesterolo, trigliceridi, transaminasi…, niente di veramente grave ma abbastanza da farmi preoccupare. Non so quanto devo alla paura e quanto alla voglia di cambiare vita, alla voglia di allacciarti le scarpe, di evitare in aereo la mortificazione della cintura supplementare…».
Tu sei tutto lavoro e famiglia.
Gentiloni è certamente più prudente di Renzi. A casa ti hanno aiutato?
«Hanno assecondato il mio regime alimentare. Ho tre figli. E a casa ero grasso solo io».
Perdere 40 chili non è facile. Hai fatto sport?
«Nessuno sport, niente di niente, non è fatto per me. E non ho neppure applicato la dieta rigida che mi aveva prescritto il medico. Ma molto buonsenso, sì. Tutti sanno che la verdura non ti fa ingrassare e che devi limitare il pane e la pasta … Ci sono stato attento, e sono passati tre anni da quando ho cominciato. C’è un momento in cui il corpo si affeziona alle nuove abitudini, ma io non sono un ‘ex’ che è diventato un ‘anti’: né penitenza né fanatismo. I corpi fanno ombra e le nostre ombre sono il nostro ex, con tutto il loro peso».
Come hai fatto con i vestiti?
«A poco a poco compro vestiti che somigliano di più al mio corpo. Ma, per dire tutta la verità, provo un grande gusto a stare largo dove prima stavo stretto».