La Stampa, 31 gennaio 2020
Daniel De Foe contro l’insider trading
Daniel Defoe, prima di scrivere Robinson Crusoe e diventare un romanziere, fu un giornalista formidabile, autore di migliaia e migliaia di articoli su ogni possibile argomento: politica, filosofia, costume, religione, storia e, da convinto apostolo dei valori borghesi, di economia. Nel volumetto intitolato Un Robinson Crusoe alla Borsa di Londra, (La Vita Felice, pp 304, € 16.50) curato da Filippo Annunziata, professore di Diritto dei mercati finanziari alla Bocconi, sono raccolti due pamphlets di Defoe mai pubblicati in Italia (in originale inglese e con traduzione a fronte).
Uno si intitola The Villainy of Stock-Jobbers (che potremmo tradurre come «La perfidia dei manipolatori del mercato») e fu pubblicato nel 1701. L’altro, uscito circa vent’anni dopo, nel 1719, lo stesso anno in cui Robinson Crusoe fu dato alle stampe, è intitolato The Anatomy of Exchange Alley, e cioè «L’anatomia di Exchange Alley» (che era la strada su cui si aprivano i caffè frequentati dagli Stock-Jobbers). Non solo da loro, per la verità. La strada prendeva infatti il nome dal vicino Exchange, cioè la Borsa. Ma all’epoca l’Exchange era quasi esclusivamente la Borsa Merci e solo in piccola parte si trattavano anche i titoli (e a un certo punto neppure in parte). Quindi, in quei caffè,compravano e vendevano anche gli operatori onesti. Defoe, ovviamente, si occupa degli altri, di quelli impegnati in pratiche, diciamo così, poco pulite; e lo fa denunciandole con un linguaggio brillante e molto «parlato», come di chi si rivolge oralmente a un ascoltatore. Ad esempio, quasi all’inizio del secondo pamphlet, leggiamo che «la gente ha reclamato, senza ottenere alcun risultato, per il fatto che gli Stock-Jobbers – criminali incalliti – hanno superato ogni limite».
La giustizia dovrebbe svegliarsi e occuparsene, ma quelli si sono così bene organizzati che «prima o poi renderanno assolutamente necessario che il governo li annienti». Abolire per legge i Jobbers, prosegue Defoe, era però difficile, perché, come gli aveva spiegato uno di loro, bisognava che prima «il Governo estinguesse anticipatamente tutto il debito pubblico» e non dovesse più ricorrere al credito. Cosa assai improbabile, dato il disperato bisogno di soldi per finanziare le varie guerre in atto. Tutto questo sembra molto lontano dalla realtà di oggi e le parole di Defoe avrebbero dunque poco o nulla di utile da dirci.
Non è proprio così, ci spiega Filippo Annunziata nella sua ampia e documentatissima prefazione ai due pamphlets. Defoe capisce infatti assai bene quali sono i meccanismi che devono caratterizzare il funzionamento di mercati efficienti. In particolare c’è un aspetto nella sua disamina degli espedienti con i quali si indirizzano in modo truffaldino i movimenti del mercato azionario, che non può non interessare anche il lettore di oggi. «Il merito di Defoe – scrive Annunziata – risiede nell’avere colto il rilievo che l’informazione riveste per il buon andamento del mercato e avere mostrato come il suo uso distorto possa determinarne le sorti più di quanto non possano fare dati economici fondamentali».
Con quasi tre secoli di anticipo, Defoe invocava cioè la necessità di quelle misure che in Europa, a partire dalla fine degli anni Ottanta, hanno regolamentato la repressione del cosiddetto insider training. E si scagliava inoltre contro quei comportamenti che oggi rientrano nella fattispecie della «manipolazione del mercato», in particolare quelli che consistono nella diffusione di informazioni false, ingannando il pubblico e inquinandola formazione dei prezzi.
Le disposizioni ora esistenti avrebbero di sicuro trovato il consenso di Defoe; che tuttavia, possiamo immaginare, le avrebbe volute ben più severe. Ai suoi occhi, gli Stock-Jobbers che manipolavano il mercato erano diecimila volte peggiori dei banditi di strada. «Questi manigoldi – scriveva Defoe – rubano in condizioni di piena sicurezza; invece i rapinatori corrono grandi pericoli e spesso mettono a rischio la propria vita, essendo peraltro certi che, prima o poi, saranno presi e impiccati. Invece gli Stock-Jobbers rubano mettendo a rischio soltanto la loro reputazione (che, in genere, è comunque andata persa già prima che comincino) e la loro anima, in merito alla quale non vale neanche la pena parlare».
Defoe era un dissenter, seguace cioè di una dottrina religiosa che per alcuni aspetti dogmatici non era molto lontana dal calvinismo. Al tempo stesso (e le due cose andavano in sintonia) era un borghese convinto della bontà assoluta dei valori borghesi. In cielo Dio, sulla terra i commerci, che sono anche un modo di realizzare la volontà divina. Ma nel pieno rispetto della legge morale e delle leggi.
Chi le vìola merita di essere dannato da morto, ma, prima, incarcerato da vivo. Se pensiamo alle Borse di oggi (e alle nostre Banche), non possiamo non sentire la mancanza di un dissenter come Defoe.