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 2020  gennaio 30 Giovedì calendario

Davide Santacolomba, il pianista sordo

Davide Santacolomba è un pianista dal talento raro che, da due anni a questa parte, miete successo in tutto il mondo. Della musica dà una definizione che affascina e al contempo perplime: «La immagino come una tela dalle pennellate frenetiche sulla quale, a prevalere, siano sfumature di rosso e di nero»; nel primo colore identifica l’ardente passione per la sinfonia, nel secondo l’inquietudine cui, lui medesimo, dà sfogo al pianoforte. Ma quali tormenti avrà mai un 32enne che vanta esperienze da professionista navigato? Non so rispondermi, ma dietro quella sua voce appagata e gaudente riesco comunque a intravederla l’evanescente nube di sofferenza cui fa menzione: il nero della tela è dato da un “segreto” in netta antinomìa con la vocazione musicale: è sordo, un po’ come fosse un Beethoven dei nostri giorni. «I miei coetanei, quando andavo ancora a scuola, non mi perdonavano di essere diverso da loro, e la “punizione” era sempre l’emarginazione. Ma in quei momenti, a farmi compagnia, c’era lei: la musica». Una musica della quale, per volontà del destino beffardo, Davide ode solo i suoni gravi, mentre tutti gli altri si rendono impercettibili al suo orecchio, a meno che esso non sia coadiuvato da un impianto cocleare. «Sono affetto da un’ipoacusia neurosensoriale bilaterale grave che mi fu diagnosticata all’età di otto anni, ma non sono nato sordo, lo sono diventato in età post verbale. È questo il motivo per cui oggi riesco a parlare». 

FRA’ MARTINO 
È a dir poco suggestiva la descrizione che Santacolomba rende del suo primo incontro con l’amico di una vita: il pianoforte: «Andai a Milano con mia madre per svolgere alcuni esami sul mio deficit uditivo, quando un’amica di famiglia presso la quale soggiornavamo suonò al pianoforte “Fra’ Martino campanaro” nel registro grave, in modo che anch’io potessi udirla. Quando trovai lo strumento incustodito, di nascosto a tutti, replicai ad orecchio la canzone senza margine d’errore. Fu allora che capii quale fosse la mia strada». Ma le consapevolezze del ragazzo faranno presto i conti con coloro i quali, volgendosi con scetticismo al suo talento di musicista ipodotato, lo sproneranno a desistere: «Dedicai molto tempo allo studio del pianoforte nell’aspettativa di accedere al conservatorio, e quando finalmente ci riuscii, tutti i professori si rifiutarono di seguirmi». Davide, per i docenti, non è che una scommessa persa in partenza, ma alla fine troverà un’educatrice che coglierà la sfida di istruirlo. Si diplomerà con 10 e lode e il suo percorso di musicista, negli anni a venire, si rivelerà in progressiva ascesa: «Quest’anno mi sono esibito al festival Verdi di Parma all’auditorium Toscanini, ed è stato per me uno dei più grandi traguardi. Ma nel cuore custodisco anche un’altra grande tappa che mi rinfranca da tutte le sofferenze passate: l’estate scorsa ho suonato a Tokyo per Akie Abe, la first lady giapponese. Ricordo ancora la sua stretta di mano e l’ammirazione nei suoi occhi». Ma in cima al podio delle esperienze più gratificanti pone la partecipazione al festival Piano City: «Esibirmi a Palermo, che in tempi non sospetti aveva manifestato scetticismo riguardo le mie possibilità di farcela, essere applaudito dai miei concittadini e percepire il loro affetto, mi accompagnerà per tutta la vita. E che dire di quel pianoforte posto in prossimità del mare le cui note si armonizzavano i toni soffusi dell’aurora? È la “foto ricordo” più bella che abbia affisso alle pareti dello spirito». 

IMPIANTO COCLEARE 
In conclusione, Santacolomba ci sollecita a divulgare un messaggio di cui ritiene suo dovere renderci depositari: «Se oggi riesco a parlare, suonare e condurre una vita relativamente normale, il merito è dell’impianto cocleare che sopperisce alle mie carenze uditive. Nel mondo è pieno di gente che ne rivendica l’inutilità, ma coloro che hanno i miei stessi problemi farebbero bene a diffidare dei luoghi comuni: benché questo dispositivo supporti l’udito e non la vista, aiuta a dare colore ad una realtà che altrimenti sarebbe in bianco e nero». Da professionista acclamato e uomo risolto, Davide si volge oggi alla sua disabilità con orgoglio: sarà pur vero che essa l’ha ostacolato nell’ascolto dei suoni, ma quanto alla voce del cuore, quella l’ha amplificata. riproduzione riservata