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 2020  gennaio 30 Giovedì calendario

I 60 anni di Greg Louganis. Intervista

Greg Louganis è indiscutibilmente il più grande atleta nella storia dei tuffi. Ha vinto quattro medaglie d’oro e un argento in tre edizioni dei Giochi Olimpici, nonché cinque titoli mondiali. Di più: l’americano rimane tuttora l’unico uomo che ha agguantato il bis d’oro consecutivo a cinque cerchi sia dal trampolino che dalla piattaforma. Al di là della celebrazione delle sue vittorie olimpiche, ciò che il pubblico all’epoca non vedeva e non conosceva era il tumulto interiore che Louganis stava nascondendo. Un segreto che avrebbe potuto impedirgli di competere ai Giochi di Seul. Era infatti positivo all’HIV, per via di una relazione violenta con il manager Jim che era arrivato a minacciarlo di rivelare la sua omosessualità. «All’epoca ricorda l’americano – mi allenavo in Florida. Stavo per fare le valigie e tornare in California, chiudermi a casa e aspettare di morire». Non fu così. Louganis ebbe il coraggio di andare avanti, parlare con il suo medico e pochi intimi e iniziare un trattamento specifico. Ma le notti si facevano lunghe, infinite, per colpa di quella sveglia che squillava per ricordargli di prendere la dose successiva di pillole. Cominciò a vagare per la casa, avanti e indietro nella piccola cucina, implorando che passasse quel male che aveva dentro. Si ritrovò solo con quella sofferenza che lo imprigionava, che non lo lasciava più. E che lo segnava nel fisico e nella mente. Nel frattempo, però, c’era pure l’Olimpiade da preparare. Ma come poteva riuscire ad arrivare a Seul in quelle condizioni? Ed invece, Greg non solo riuscì a farcela in quelli che furono i suoi ultimi Giochi, ma arrivò a vincere due medaglie d’oro. 
A 60 anni, compiuti ieri, l’americano, che ora sfoggia una chioma argentata e vive a Topanga, in California, con il marito Johnny, aiuta le persone a non buttare via la propria vita. «Non c’è cosa più bella quando la gente mi dice: mi hai dato ancora speranza, Greg» rivela.
Louganis, partiamo dall’inizio: perché ha scelto proprio i tuffi?
«All’età di tre anni ho iniziato a seguire lezioni di danza e ginnastica, seguendo l’esempio di mia sorella. Ho continuato, incoraggiato dai medici, perché da bambino mi furono diagnosticate l’asma e allergie varie. Inoltre, balbettavo ed ero dislessico. Mi sentivo come se fossi l’unico a soffrire. All’età di nove anni il primo tuffo dal trampolino. L’acqua mi ha salvato la vita».
Che ricordi ha del suo debutto olimpico a 16 anni?
«All’epoca, il numero uno era Klaus Dibiasi che vinse l’oro davanti a me. Mi sentii lusingato e onorato quando una leggenda come Klaus, che stava per ritirarsi, mi disse: Fra quattro anni sarai tu a prendere il mio posto. Che persona eccezionale».
Ed invece a Mosca ’80 non gareggiò per il boicottaggio. A quest’ora avrebbe potuto conquistare due ori in più.
«Mi sono rifatto a Los Angeles ’84 vincendo due ori davanti alla mia famiglia e agli amici presenti».
Poi arrivò Seul ’88, dove riuscì a vincere l’oro olimpico dopo aver sbattuto la testa e perso sangue nel nono tuffo dei preliminari dai 3 metri. Cosa accadde veramente?
«All’inizio, fu un momento imbarazzante e avrei voluto uscire dalla vasca senza che nessuno mi vedesse. Ero spaventato, perché sapevo di essere sieropositivo e avevo paura che qualcuno potesse contrarre l’HIV per causa mia, ma voglio subito precisare questo: non è vero che la piscina fosse coperta del mio sangue. È un’affermazione eccessiva, anche perché ferite del genere non sanguinano subito. Mi sono subito fatto medicare, con quattro-cinque punti di sutura, per poter continuare la gara. Se potessi tornare indietro, questa volta rivelerei il mio stato al dottore, l’unica persona che avrebbe dovuto sapere quali fossero le mie condizioni (nel 1995, quando Louganis farà coming out, James Puffer si sottoporrà al test e risulterà negativo, ndr)».
Ora i tuffi sono monopolizzati dalla Cina. Cosa pensa?
«I cinesi ci sono sempre stati e sono certo che sarà così per diverso tempo. Loro studiano i più grandi tuffatori, creano un modello e continuano a migliorare quel modello».
A Kazan, però, Tania Cagnotto riuscì a battere le cinesi. Cosa pensa del suo rientro dopo la maternità?
«Wow, Tania è incredibile. Spero possa conquistare la sua sesta Olimpiade. Sono sicuro che brillerà! È stato così emozionante per me vederla crescere come atleta e persona, anche perché ho gareggiato con suo papà Giorgio».
La sua America di adesso?
«Sarebbe meglio non condividere ciò che penso di Trump. No, non voterei mai per lui. Stavamo facendo grandi progressi sul tema razzismo fino a quando l’amministrazione Trump non è salita al potere. È tutto molto triste».