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 2020  gennaio 30 Giovedì calendario

Lotta contro il tempo per trovare un vaccino al coronavirus

Almeno tre mesi, per avviare la sperimentazione del vaccino sugli esseri umani. Intervento immediato con le medicine antivirali, anche quelle già approvate contro l’Aids, per curare i malati. Sono i due binari su cui stanno correndo la comunità scientifica internazionale e le case farmaceutiche, per trovare rimedio al coronavirus cinese.
Il direttore dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, Tedros Adhanom Ghebreyesus, ha convocato per oggi a Ginevra una nuova riunione dell’Emergency Committee, per stabilire se l’epidemia di 2019-nCoV rappresenta una PHEIC, ossia una crisi di dimensioni internazionali. Finora solo l’1% dei casi è stato registrato fuori dalla Cina, e in tre Paesi sono avventi contagi da persona a persona.
Nel frattempo la corsa globale per aiutare i malati è già cominciata. Pechino ha rifiutato l’invio di una squadra di specialisti americani, perché vuole gestire da sola l’emergenza interna, ma ha accettato il soccorso delle compagnie farmaceutiche Usa per fornire le medicine antivirali necessarie a curare chi è stato già contagiato. AbbVie ha inviato dosi per 2 milioni di dollari di Kaletra e Aluvia, inibitori della proteasi approvati per l’uso contro l’Hiv. Questa medicina contiene lopinavir e ritonavir, che erano già stati usati con risultati positivi sui pazienti della Sars. La sperimentazione è cominciata, gestita dai cinesi in un ospedale di Wuhan. Johnson & Johnson ha invece accettato di fornire il Prezcobix, anche questo un inibitore della proteasi, mentre Gilead sta valutando se inviare il suo farmaco ancora sperimentale Remdesivir, che aveva funzionato con la Mers. Merck, che produce l’unico vaccino approvato per l’Ebola, ha costituito una squadra di scienziati per verificare se tra le sue medicine ce ne sono alcune che potrebbero servire.
I farmaci antivirali sono indispensabili per curare subito i pazienti, ma la soluzione definitiva sarebbe il vaccino. La corsa internazionale per produrlo è già cominciata, ma il problema sono i tempi tecnici, che il direttore del National Institute of Allergy and Infectious Diseases Anthony Fauci calcola in almeno tre mesi, per cominciare la prima fase dei test sugli esseri umani. Il primo passo lo hanno fatto i cinesi il 10 gennaio scorso, pubblicando la mappa genetica del virus affinché tutti gli scienziati del mondo si potessero attivare. Il Peter Doherty Institute di Melbourne è stato il primo a ricreare il coronavirus in laboratorio fuori dalla Cina. Yuen Kwok Yung, responsabile del dipartimento per le malattie infettive della University of Hong Kong ha detto al South China Morning Post che ha già prodotto il vaccino, ma per fare i test sulle persone e distribuirlo potrebbe servire un anno di tempo. Luigi Aurisicchio, amministratore delegato delle due aziende biotech italiane che stanno studiando il rimedio, la Takis e la Evvivax, ha detto che «in quattro, massimo cinque settimane potremmo concludere gli studi sui roditori e passare poi all’uomo, per averlo disponibile forse anche entro questa estate». La Russia si è attivata. Il National Institutes of Health del Maryland hanno identificato il codice genetico da usare per il vaccino, e lo hanno trasferito alla compagnia farmaceutica Moderna Therapeutics per svilupparlo. L’idea è quella di usare il modello adoperato per la Sars, modificandolo quanto basta per farlo funzionare col nuovo virus. Anche Johnson & Johnson e Inovio stanno lavorando al vaccino. Nel caso della Sars, erano serviti 20 mesi per arrivare alla sperimentazione sulle persone, mentre con Zika l’attesa si era ridotta a 6. Fauci ora spera di dimezzare i tempi, cominciando la prima fase dei test nel giro di 90 giorni.