la Repubblica, 30 gennaio 2020
Quelli che puntano tutto sui disastri climatici
Il Dna del nostro futuro ha una doppia elica nella quale crisi climatica ed economia si intrecciano sempre di più. Non è più possibile, infatti, immaginare gli effetti del global warming, più frequenti e devastanti, senza collegarli alle economie sia locali che globali. Così, se un tempo le convinzioni degli scienziati sui danni creati dal riscaldamento globale sembravano relegate agli accordi di Parigi, oggi sono di grande interesse da parte di compagnie di investimenti, banche, assicurazioni. E piccoli speculatori.
Il problema del cambiamento climatico è diventato una questione di portafoglio, dove si investe scommettendo su energie future come le rinnovabili oppure si specula nel mercato dei mutui o quello alberghiero, su possibili eventi climatici estremi e distruttivi. Non è un caso che in apertura del World Economic Forum di Davos del 2020, la Banca dei regolamenti internazionali abbia lanciato il rapporto sul “cigno verde”. Se in finanza un cigno nero è un evento imprevedibile e capace di avere forti ricadute ed effetti significativi sul mercato, con il “cigno verde” si indicano i semi di una prossima crisi finanziaria legata alla forte imprevedibilità degli impatti climatici. La stessa Bce ha annunciato che considererà il rischio climatico nelle regole su prestiti e acquisto. Segnali in tale direzione arrivano anche dai fondi di investimento. Fra gli ultimi la scelta del gigante BlackRock che gestisce un patrimonio di circa 7 miliardi di euro e che ha annunciato una svolta a favore della sostenibilità, tanto che diventerà il suo “standard negli investimenti”, cercando di unire il profitto per i propri clienti e investimenti mirati allo sviluppo di tecnologie per energie rinnovabili e la cattura di anidride carbonica. Inoltre, la Bei (Banca Europea Investimenti) abituata ad erogare miliardi in progetti che in passato hanno coinvolto l’uso del carbone, si è già impegnata a porre fine al finanziamento di progetti legati al fossile dal 2021 in poi. Se questo è il lato positivo di un mercato che si sta svegliando sulla questione climatica, ne esiste anche uno più “speculativo”, osservabile nell’America colpita dagli uragani.
Lì come altrove il clima “impazzito” contribuisce al divario fra ricchi e poveri in maniera evidente. Oltre a distruggere raccolti, rendere impossibili trasporti e comunicazioni e creare potenziali danni fisici a persone, gli eventi estremi possono alterare il “rating” di una città (lo stato di “salute” della città da un punto di vista di stabilità finanziaria). Città con accesso a grandi capitali, quali ad esempio New York, sono più tutelate rispetto a città minori che rischiano di perdere valore con conseguenze negative per il mercato immobiliare e l’aumento di tasse e spese per amministrazioni e cittadini.
Negli States, dove il 44% degli americani ha meno di 400 dollari in contanti per far fronte ad un’emergenza, il mercato delle assicurazioni spinge ad un divario sempre più netto tra i pochi ricchi e i molti che appartengono a classi socialmente ed economicamente vulnerabili. Il sistema assicurativo americano permette ad esempio di assicurare una casa allo stesso prezzo per quante volte vuoi senza che il premio assicurativo aumenti: chi è coperto ed ha avuto la casa inondata quattro volte ottiene nel tempo un pagamento pari o superiore al valore della casa stessa, chi invece non è assicurato perde tutto. Nel caso dei grandi uragani più recenti solo il 10-20 % delle persone colpite aveva un’assicurazione, poiché il resto non poteva permettersela o sperava di non averne bisogno. C’è, infine, chi specula sui disastri direttamente, investendo in azioni in borsa di società di ingegneria, prodotti domestici, mobili, generatori e batterie o impianti per i trattamenti delle acque, che spesso traggono beneficio dagli eventi meteo devastanti. Oggi il clima è diventato terreno di scommesse: da quelle positive, investendo in tecnologie per un Pianeta migliore, a quelle speculative, che sfruttano i danni e i divari sempre più netti che porterà la crisi climatica.