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 2020  gennaio 29 Mercoledì calendario

Gli statali italiani sono i più ignoranti d’Europa

Poco preparati, nonostante una lunga anzianità di servizio, e pure molto precari, visto che lo Stato datore di lavoro non è meglio del vecchio Stato imprenditore. Fa di tutto per incentivare le assunzioni a tempo indeterminato nelle attività private, ma i propri dipendenti li regolarizza con contratti a termine. È il quadro che emerge dall’Annual Report 2019 curato da Fpa, società del gruppo Digital 360, quotato sul listino Aim Italia e specializzato nell’innovazione digitale che da cinque anni analizza i principali dati e fenomeni di innovazione nella pubblica amministrazione italiana. Dallo studio emerge un ricorso sempre maggiore a figure flessibili, tanto che i precari sono 340mila. A questo si aggiunge una «grave carenza di competenze»: i laureati nella nostra pubblica amministrazione sono appena il 39,4%, il tasso più basso in Europa, e ciascun dipendente ha usufruito nel corso del 2019 di una giornata di formazione o poco più. Lo sblocco del turnover – nota il rapporto – porterà ad assumere fra 450mila e 500mila nuovi lavoratori pubblici nei prossimi tre anni. Una inversione di tendenza dopo la costante riduzione del personale pubblico: 193mila dipendenti in meno negli ultimi 10 anni. 

ETà ELEVATA 
L’età media dei dipendenti pubblici è arrivata a 50,6 anni. «In questo contesto, però – osserva il Rapporto – i piani di assunzione dovranno essere calibrati sui reali fabbisogni del personale e legati al piano di performance dell’amministrazione. Le pubbliche amministrazioni devono organizzarsi velocemente per effettuare rilevazioni dei fabbisogni, bandire concorsi in grado di testare anche le competenze soft, svolgere quanto prima le selezioni. Poi bisogna potenziare la formazione, realizzare valutazioni delle performance, fino ad oggi appiattite sulla produttività individuale, e garantire la piena diffusione dello smart working, spesso non ancora considerato una filosofia manageriale». A prescindere dal lavoro agile, svolto con orari elastici e talvolta lontano dall’ente presso il quale si è in forza, pericolosissimo nelle pubbliche amministrazioni, l’invito contenuto nel rapporto è degno di nota: anziché bandire i soliti concorsoni oceanici gli enti pubblici dovrebbero attrezzarsi per selezionare persone con le caratteristiche necessarie e funzionali alle posizioni che dovranno ricoprire: non solamente i pezzi di carta, dunque. Una vera e propria rivoluzione copernicana per gli statali. 

FONDI EUROPEI 
Fra l’altro lo scorso anno l’Italia è riuscita a spendere appena 21,3 miliardi di euro dei 75,1 disponibili come Fondi strutturali europei e di investimento, il 28% del totale. Oltre due terzi dell’ammontare complessivo delle risorse sono ancora da spendere entro i prossimi tre anni. Secondo lo studio, «serve un’accelerazione, invocata dalla stessa Commissione europea che a inizio di ottobre, con una lettera al governo Conte ha messo in guardia in particolare sulle cifre preoccupanti per gli investimenti al Sud». Parte di queste risorse potrebbero andare all’infrastruttura tecnologica a supporto proprio della pubblica amministrazione, per agevolare il lavoro e svecchiare procedure poco meno che secolari. Ma «perché l’azione pubblica sia davvero promotrice di innovazione, nel 2020 speriamo di veder realizzate alcune azioni», spiega Carlo Mochi Sismondi, presidente di Fpa, «come la formazione per tutti i dirigenti sui fondamenti della trasformazione digitale e l’alfabetizzazione informatica di base per tutti i dipendenti pubblici; l’integrazione delle basi di dati delle amministrazioni e dialogo diretto tra i sistemi informatici; la razionalizzazione dei data center pubblici; il ripensamento dei processi di procurement, oltre al potenziamento degli strumenti per la cybersecurity». La lista delle cose da fare per il ministro della Pa, Fabiana Dadone, è molto lunga. Non basta imbarcare 500mila nuovi dipendenti per risolvere i problemi.