Libero, 29 gennaio 2020
Storie di uomini massacrati dalle mogli
Delitti efferati, compiuti con inattesa violenza e crudeltà. Corpi martoriati con coltelli o cosparsi di benzina e dati alle fiamme. Teste fracassate con un martello o chiuse in un sacco dell’immondizia dopo averle mozzate. Si nutre di orrori anche il meno conosciuto fenomeno dei “maschicidi”, realtà che appare in qualche modo sottovalutata rispetto a quella delle donne uccise per mano di uomini che le avrebbero dovute amare. Invece qui si tratta di donne che si trasformano all’improvviso in spietate assassine, al culmine di liti familiari dove lei – questa, in genere, è la linea difensiva – ha tentato di difendersi e ha ucciso. I casi sono tanti, anche se non fanno troppo clmore. E nemmeno, a onor del vero, destano quasi mai troppa compassione. Lo sa bene il padre di Mirko Barioni, il quarantenne di Ferrara ucciso dalla sua convivente nel giugno 2017 mentre erano in vacanza a Lido delle Nazioni, nel Ferrarese. Una serata come tante al mare, una lite, l’ennesima, dopo la finale di Champions, scoppiata in auto sulla via del ritorno. E quelle due coltellate sferrate in giardino per mettere fine a tutto. La donna, Lara Mazzoni, 47 anni, operatrice socio sanitaria, è stata condannata in primo grado a 16 anni, ridotti a 12 in appello, e ora è libera e lavora in una struttura per anziani, in attesa del verdetto definitivo della Cassazione.
A SENSO UNICO
«Ci stiamo chiedendo dov’è la giustizia – lamenta il padre Beniamino Barioni, – la violenza è violenza, un delitto è un delitto e la risposta della giustizia dovrebbe essere uguale per tutti. Quando vedo le manifestazioni delle donne contro il femminicidio, tutte quelle scarpe rosse, mi viene male. Perché penso al mio Mirko, ucciso da una donna. E visto che la sua compagna si è fatta due o tre giorni di carcere, mi chiedo: se fosse stato Mirko ad uccidere lei, lui avrebbe avuto lo stesso trattamento?». L’ultimo delitto compiuto da una donna, in termini di tempo, è del 25 novembre 2019, per assurdo proprio nella giornata contro la violenza sulle donne. Vittima Valerio Amadio, 44enne di Rieti. La moglie, Braulina Cozzola, 42 anni, dopo una violenta lite, ha fatto uscire dall’appartamento i figli di 7 e 15 anni, poi ha cosparso di benzina il corpo del marito e ha acceso un accendino, dandogli fuoco. L’incendio è divampato della loro abitazione, senza dare scampo all’uomo. Poco prima lui aveva chiamato la Polizia segnalando che sua moglie, di origini brasiliane, si era allontanata da casa portando via i figli. In realtà la donna se n’era andata solo per procurarsi le taniche di benzina.
LUCIDA FOLLIA
E sempre nella giornata contro la violenza sulle donne è ancora una volta la mano di lei che, in un raptus di rabbia e follia, ha ucciso il partner. Era il 25 novembre 2917. Mentre era a letto, nella loro casa di Cogliate (Monza), lo ha colpito con una serie di martellate in testa. Dopodichè gli ha coperto il volto con un telo e lo ha strozzato. Questo perché la donna, Sabrina Amico, 37 anni, con cui conviveva da tre anni (e giudicata poi a processo incapace di intendere e volere) sospettava che lui, Marco Benzi, 43 anni, di Cesate, avesse attenzioni particolari, morbose, nei confronti della figlia di dieci anni avuta dall’ex marito. «Mio figlio era buono – sospira la madre Katia Bertuzzi, – e la nostra vita è cambiata. Lei è rinchiusa in una casa di cura psichiatrica dove deve stare per diversi anni, ma per noi c’è l’ergastolo, perché nessuno ci ridarà più mio figlio, anche se decideranno di tenerla lì dentro a vita. Lo ha preso a martellate, e quando si è accorta che era ancora vivo lo ha strangolato. Se follia è stata, direi che è lucida follia. La cosa brutta è che abbiamo dovuto sopportare, oltre al dolore della sua ingiusta morte, anche quello della gogna mediatica, dopo che ha dichiarato che aveva ucciso perché sospettava che Marco abusasse delle sue figlie. Abbiamo aspettato la fine del processo per poter smentire, punto dopo punto come è accaduto in aula, tutte quelle infamanti accuse. Dolore sopra al dolore». Dissapori che covano nel tempo, magari per anni, e poi si manifestano improvvisamente con inaudita violenza. Come nel caso del delitto avvenuto il 27 agosto scorso a Margherita di Savoia (Trani). Lei, 48 anni, separata da tempo con l’ex marito di 53 anni, lo ha raggiunto a casa ancora carica di rabbia per la relazione dell’ex con nuova compagna. Il litigio è proseguito in strada, dove la donna ha colpito l’ex coniuge al collo con diversi fendenti: quello mortale ha reciso la vena giugulare.
CADAVERE MUTILATO
Furia che si accende nei momenti meno attesi. È scoppiata il 13 agosto scorso, all’interno della loro piadineria a Lido Adriano, la lite furibonda tra Maila Conti, 51enne, e Leonardo Politi, di 61, suo compagno. La coppia, originaria di Piacenza, aveva da poco preso in gestione l’attività nel Ravennate. Lei all’improvviso ha preso un coltello e ha sferrato un solo fendente all’addome: non gli ha lasciato scampo. Il più macabro e recente delitto (novembre scorso) è quello di Trieste, dove una donna ucraina ha ucciso il compagno Libero Foti e ha lasciato il cadavere mutilato sul balcone. Lei voleva tornare nel suo paese, lui si opponeva. Così lo ha ucciso, ha chiuso il cadavere in un sacco nero con la testa mozzata e lo ha lasciato nel balcone per giorni, prima della macabra scoperta della polizia. E ancora; il 23 gennaio dell’anno scorso una donna, Antonella Cover, 55 anni, ha ucciso a coltellate il marito Filippo Mazzurco, di 64 anni, al termine di un litigio avvenuto nell’abitazione della coppia. Due mesi dopo, a Gubbio, Maria Grazia Fioriti, dipendente delle Poste, in pensione, ha ucciso il marito di 79 anni, Enzo Bei Angeloni, con una serie di coltellate. Stessa fine toccata a Giuseppe Marcon, 65 anni, ucciso dalla compagna 47enne Silvia Rossetto. La coppia risiedeva a Nichelino, nel Torinese. La lista è lunga. La crudeltà e la violenza non hanno sesso.