La Stampa, 29 gennaio 2020
Le zuppe di tuberi degli chef Sapiens
Quando pensiamo all’uomo primitivo che si procura da mangiare, è più dinamico e più scenografico raffigurarlo impegnato nella caccia (magari alle tigri coi denti a sciabola oppure ai mammut) anziché nella raccolta di tuberi; e, d’altra parte, siamo un po’ giustificati in questo nostro pregiudizio attuale, visto che ne erano affetti già i nostri antenati, che dall’Europa all’Australia riempivano le caverne di disegni di animali, o di uomini che cacciano animali, e non si sognavano affatto di dipingere e immortalare la noiosa ricerca di vegetali.
Senza dubbio, questo è anche collegato a un pregiudizio sessista, per cui l’attività virile della caccia merita attenzione, mentre quella prevalentemente femminile della raccolta appare insignificante. Ma da parte di noi contemporanei, questa storia di due pesi e due misure ha anche un’altra ragione, molto solida perché scientifica: nei siti paleolitici l’attività della caccia si può documentare bene, anche un milione di anni dopo, con i resti di ossa delle prede, mentre i residui vegetali resistono molto meno all’usura del tempo.
Abbondanza di prove
Una grande eccezione alla regola generale è una grotta in Sud Africa, Border Cave, in cui quattro ricercatori, fra i quali un italiano, hanno documentato, con un’abbondanza di prove unica al mondo, il consumo di tuberi e di rizomi - vegetali commestibili che si sviluppano sottoterra - cucinati dall’homo Sapiens (o dalle donne Sapiens) 170 mila anni fa. L’italiano si chiama Francesco d’Errico e insegna alle università di Bordeaux (Francia) e di Bergen (Norvegia). Scegliamo di intervistare lui appunto perché è italiano, nato a Foggia e formato alle Università di Torino e di Pisa. Ma la prima cosa che il paleontologo sottolinea è che tutte e tre le altre firme dell’articolo su «Science» che comunica al mondo la scoperta appartengono a donne e, anzi, «la prima firmataria, Lyn Wadley, dell’Università di Johannesburg, è la principale responsabile della ricerca».
Dato a Cesare quel che è di Cesare, d’Errico ci racconta le circostanze che fanno di Border Cave (nello Stato del KwaZulu-Natal) un posto unico al mondo. «Ha un "soffitto" creato da una colata vulcanica totalmente impermeabile, mentre il suolo è composto da minutissimi frammenti, in parte sbriciolatisi dal soffitto, e in parte originati dalle deiezioni dei pipistrelli e degli uccelli nel corso dei millenni. Più che la consistenza della sabbia, il terriccio ha quella della farina. Nella Border Cave non si scava la terra, ma la si soffia via delicatamente, usando delle perette. E questo materiale ha conservato oggetti altrimenti deperibili, vecchi fino a 250 mila anni, tra cui moltissimi manufatti di legno. Ci sono persino bastoncini per intingere di veleno le punte delle frecce, con ancora un po’ di veleno appiccicato. Poi ci sono resti ossei umani e animali».
Alimenti oggi scontati
Ma ai fini di cui parliamo il piatto forte sono i tuberi e i rizomi, in particolare quelli cotti al fuoco. D’Errico segnala che cucinarli ha offerto all’umanità una risorsa prima inaccessibile, visto che questo tipo di alimenti, se mangiato crudo, è di difficile digestione, quando non è tossico (accenniamo solo di sfuggita, perché non è nostro scopo approfondire il tema, che le prove paleontologiche non sembrano sostenere la tesi di una «dieta Paleo» a base di cibi crudi). D’Errico sottolinea che nella preistoria non erano disponibili alimenti che per noi sono scontati, come i cereali e i loro derivati, perciò «le uniche fonti di zuccheri erano la frutta e il miele. Quindi i tuberi e rizomi cotti hanno aggiunto parecchio alla dieta». Devono avere avuto anche un ruolo nel dare agli esseri umani preistorici la possibilità di spostarsi: «Quando ci si trasferisce da una zona a un’altra - spiega d’Errico - c’è l’eventualità di trovarci animali diversi, che non si è abituati a cacciare; e così si rischia di mangiare meno. Ma andare in giro saggiando il terreno con dei bastoni dà una forte probabilità di trovare del cibo comunque, anche in luoghi fino ad allora del tutto sconosciuti».
In particolare, due delle colleghe co-firmatarie dell’articolo su "Science" attribuiscono molto rilievo a questo fattore, ritenendolo fondamentale per la diffusione dell’homo Sapiens fuori dall’Africa. E delle donne Sapiens alla conquista dei continenti.