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 2020  gennaio 28 Martedì calendario

QQAN20 Poveri scrittori nel mondo dell’ego

QQAN20

Il discorso pronunciato a Stoccolma dal premio Nobel Olga Tokarczuk (appena edito da Bompiani con il titolo Un tenero narratore) esprime una grande fiducia nella letteratura come «spazio democratico» in cui tutti possono dire le proprie opinioni creando una «voce narrante». Tokarczuk si concentra anche sull’io, «il più lurido dei pronomi» secondo Carlo Emilio Gadda. Vite che non sono la mia è un bel titolo di Emmanuel Carrère, e però sottintende un’avversativa: «non lo sono ma potrebbero esserlo». L’empatia, l’immedesimazione nel destino di un personaggio che dice io è più semplice. Qualche volta più banale. Ma abbiamo bisogno di banalità. Pensate alla segnaletica delle librerie: a destra i gialli, a sinistra le autobiografie, di là i viaggi… Come fa notare Tokarczuk, da una parte aiuta il lettore a orientarsi, dall’altra orienta la letteratura: gli autori scrivono aspirando a inserirsi in una di queste categorie. Il romanzo di genere fiorisce anche per esigenze di mercato: «Il lettore sa che cosa aspettarsi e ottiene esattamente ciò che voleva». Ecco che la più democratica delle attività umane diventa schiava del target. «Un buon libro – scrive Tokarczuk – non ha bisogno di dichiarare la propria appartenenza a un genere». Già, ma il risultato è che rischia di scomparire nell’enorme contenitore dell’indifferenziato: né umido, né plastica, né carta… Il problema dell’io rimane aperto. Italo Calvino pensò di scrivere tanti incipit di romanzi immaginari in prima persona: «non la prima persona dell’autore ma quella del lettore», aggiungeva. Ne venne fuori Se una notte d’inverno un viaggiatore. Giuseppe Pontiggia raccolse i suoi aforismi e raccontini sotto il titolo Prima persona (uno su tutti: «I grandi scrittori sono in continuo aumento. Quelli che scarseggiano sono gli scrittori»). Fatto sta che in un mondo in cui l’io trionfa tronfio, che fine fa la prima persona in letteratura? Se Salvini continua a dire e a scrivere io io io io, pronome che un tempo era quasi vietato ai politici, lo scrittore dovrebbe inventarsi una quarta persona, suggerisce Tokarczuk. Quello della Bibbia, per esempio, era un narratore per così dire in «quarta persona», una voce misteriosa che poteva scrivere: «Dio vide che era cosa buona». Quella quarta persona sapeva che cosa pensava Dio. Mica male. Certo, il dubbio è che lo sappia anche Salvini.