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 2020  gennaio 27 Lunedì calendario

La clinica degli animali selvatici

Nel mondo reale degli animali selvatici metropolitani è vietato pensare bene o pietosamente, da vecchie signore di città: la legge della natura di chi deve sopravvivere e chi deve morire è la stessa della savana e del bosco. Prima di dirvi di quanto sono carini gli assioli e della timidezza dei ricci su un tavolo da infermeria dobbiamo fare un appello: non caricate in macchina, non portate a casa o dal veterinario, e men che meno al Centro di recupero animali selvatici di Vanzago, comune una ventina di chilometri a ovest di Milano, qualsiasi animale incontrato sulla vostra strada che vi sembri abbandonato o in difficoltà. Spesso non lo è, anzi, se lo prendete gli fate un dispetto potenzialmente letale. Quindi quando, in preda a un istinto salvifico, vi viene da raccogliere un merlo che spunta dalla siepe, telefonate a un medico o al Cras (02.93549076) e prendete istruzioni. Ci sentiamo di dire questa cosa subito perché siamo stati toccati nell’ignoranza, ascoltando le parole del dottor Stefano Raimondi, veterinario del centro all’interno dell’Oasi del Wwf, che abbiamo visitato a caccia di una bella storia e di nuove foto di animali. Abbiamo raccolto molto di più: il fascino burbero del vero, alcune notizie utili, e gabbie quasi vuote perché è inverno e solo noi imbelli urbani potevamo pensare di trovare uno zoo safari. «È soprattutto in primavera e d’estate, tra fine aprile e giugno, quando cominciano nidiate e cucciolate, che le gabbie sono piene», spiega Raimondi, «Siamo arrivati a cinquanta degenze al giorno». 

TROPPI TAGLI
La clinica milanese, nata nel 1995, è aperta 365 giorni l’anno, nel 2019 ha curato all’incirca 4mila animali, e vive grazie a una settantina di volontari e i (pochi) fondi regionali: «Riceviamo 42mila euro», dice Alessia Ubaldi, 24 anni, responsabile dei volontari, «e continuiamo a subire tagli: dal 2018 al 2019 abbiamo subito un taglio 4mila euro. Sembra poco ma è una voragine, noi viviamo contando i singoli euro. Diversamente dagli altri sette centri lombardi, infatti, non solo abbiamo un bacino di utenza molto vasto (il centro copre le province di Milano, Varese, Como e Monza Brianza, ndr) ma abbiamo anche due persone retribuite, io e il veterinario. Questo garantisce qualità, esperienza, prontezza nelle emergenze, ma è un peso economico. E il finanziamento della Regione deve bastarci anche per tener su una struttura ormai antiquata, mantenere o comprare l’attrezzatura necessaria, acquistare antibiotici e cibo». «Inoltre», aggiunge Raimondi, «solitamente i soldi vengono versati alla fine dell’anno: gli animali, però, mangiano prima, tutti i giorni». Il Cras di Vanzago funziona come un pronto soccorso: gli animali vengono portati qui dai cittadini ed esattamente come gli umani viene loro assegnato un codice verde, giallo o rosso; una volta visitati, vengono operati o curati a seconda delle necessità, riabilitati e reinseriti in natura. «Abbiamo appena rilasciato un germano reale e un cigno, entrambi sono arrivati qui per ferite da arma da fuoco. Questa mattina, invece, abbiamo dovuto praticare l’eutanasia su una poiana», racconta il veterinario, «aveva un’ala spezzata e in natura non sarebbe riuscita a sopravvivere: il nostro compito è reimmettere nel territorio gli animali in modo che possano vivere autonomamente». A causa dell’antropizzazione del territorio, e della capacità di adattamento di alcune specie, il rifugio ha accolto animali un tempo rarissimi in Lombardia, come il falco pellegrino (una coppia di volatili nidifica da anni sul grattacielo Pirelli), il gheppio, lo sparviero.

LE VOLIERE
Camminando verso l’interno del bosco incontriamo voliere di varie dimensioni. Nella più grande, trenta metri per dieci, c’è un astore, un rapace che può raggiungere un’apertura alare di un metro e mezzo: «È un adulto», Raimondi fa le presentazioni, «facilmente ha vissuto in cattività, perché ha il becco molto rovinato, ed è stato poi liberato. Ai volatili adulti, gheppi, allocchi, civette, gufi reali, diamo da mangiare animali morti, come topi, pulcini, quaglie, non hanno bisogno di imparare a cacciare. A quelli giovani, però, bisogna insegnare l’istinto predatorio: per questo diamo prede vive e cerchiamo di metterli nelle voliere con i propri simili così che imparino l’uno dall’altro a cacciare». Altre gabbie sono dedicate ai mammiferi: volpi, tassi, faine, pipistrelli. Da un’altra ancora Alessia esce con un assiolo adulto, quello del “chiù” di Giovanni Pascoli. È una specie di gufetto grande non più di una mano, ma ci guarda accigliato con imperiale disprezzo. È una fortuna che sia così piccolo. «Aveva un omero rotto», dice Alessia mentre regge l’uccello con più autostima per grammo al mondo, «ma si era già calcificato: segno, anche in questo caso, che ha vissuto in cattività». Avete notato popolazioni in aumento o in diminuzione? «Tutti i cervidi sono in crescita: cervi, daini, caprioli», elenca Raimondi, «È un problema, ma i lupi stanno tornando, basta dar loro tempo e l’ambiente troverà un nuovo equilibrio. In calo, invece, ci sono le beccacce e l’allocco: una volta nidificava nelle fattorie ma sono sempre meno, speriamo che riesca ad adattarsi». Le donazioni sono ovviamente ben accette: l’Iban è IT33J0306909606100000126980, intestato a Associazione Cras Vanzago.