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 2020  gennaio 26 Domenica calendario

Il problema non è solo Huawei

Donald Trump ha firmato con la Cina un armistizio commerciale che dovrebbe rendere i rapporti fra i due Paesi meno tormentati e bellicosi di quanto siano stati negli scorsi anni. Ma continua a premere sulla Germania e su altri Stati perché rinuncino a fare affari con Huawei, il colosso cinese delle telecomunicazioni e dei servizi di rete, particolarmente impegnato nell’introduzione del «5G», il sistema che permetterà di accelerare considerevolmente i processi di caricamento e scaricamento dei dati. Trump sostiene che Huawei è la longa manus dello spionaggio cinese e che i suoi impianti nelle democrazie occidentali trasmetterebbero a Pechino tutte le informazioni di cui potrebbero impadronirsi. 
È probabile che dietro la politica di Trump vi sia il desiderio di favorire le industrie americane, forse non meno aggressive. Ma le sue preoccupazioni non sono del tutto ingiustificate. La Cina sa di essere un mercato molto attraente e ha spesso approfittato dei suoi contratti con imprese straniere per impadronirsi delle loro tecnologie. Il problema, tuttavia, non è più soltanto cinese. Grazie alla digitalizzazione viviamo ormai nel mondo dei «Big Data», l’espressione usata per definire l’enorme massa di informazioni pubbliche e private che possono essere raccolte, salvate e utilizzate anche da imprese che agiscono legalmente sul mercato e le vendono ai loro clienti. 
Riassumendo, esistono oggi almeno tre spionaggi. Vi è quello internazionale, praticato dagli Stati con i loro servizi di intelligence che hanno rapidamente appreso le arti della pirateria elettronica (hackeraggio). Vi è poi lo spionaggio industriale sin dai tempi in cui Venezia difendeva le tecniche di lavorazione del vetro dalla curiosità dei concorrenti. Ma ogni azienda, oggi, contiene un enorme patrimonio di informazioni che, grazie alla rete, può essere utilizzato, non sempre legalmente, dai suoi concorrenti. Il pericolo è stato recentemente denunciato dal membro francese della Commissione europea responsabile per il mercato unico. Thierry Breton, già ministro delle Finanze dal 2005 al 2007 e brillante manager di grandi imprese, è convinto che il problema dei Big Data minacci l’esistenza di molte aziende europee e che le vecchie regole sulla libera concorrenza debbano essere adattate a un mondo in cui la rete permettete nuove forme di pirateria industriale. 
Esiste infine, grazie alla rete, un altro spionaggio spregiudicato e invasivo, che entra nella nostra vita per conoscere le nostre abitudini, debolezze, preferenze; e ci tempesta di offerte pubblicitarie per fare di noi altrettanti clienti-schiavi. Molti sembrano indifferenti a questo stato di cose e sostengono che ogni regolamento sarebbe un attentato alla libertà di opinione e di iniziativa. Ma anche la privacy è un patrimonio democratico che non può essere lasciato nelle mani di concorrenti sleali o pirati della rete. Qualcosa di utile è già stato fatto dalla Commissione Juncker. Spetta ora alla Commissione von der Leyen e a Breton raccogliere l’eredità e completare l’opera.