la Repubblica, 25 gennaio 2020
L’aereo diventa verde per non perdere clienti
«Si può ancora prendere l’aereo?». A chiederlo non è Greta Thunberg, la paladina ambientalista che è andata negli Stati Uniti a bordo di un catamarano e se deve muoversi in Europa viaggia solo in treno. La domanda è il titolo di una campagna pubblicitaria di Air France che ha comprato pagine di giornali per cercare di contrastare la “vergogna di volare” in aumento tra molti viaggiatori e di cui la giovane attivista svedese è diventa la più famosa portavoce.
La direttrice di Air France, Anne Rigail, aveva spiegato qualche settimana fa in un’intervista a le Parisien che il tema è sempre più sentito tra i giovani e potrebbe avere anche conseguenze sul traffico aereo. «Ho due adolescenti a casa e posso assicurarvi che le discussioni a tavola sono piuttosto animate – ha raccontato Rigail – Dobbiamo costruire un settore aereo di cui essere orgogliosi e che non danneggi il pianeta». Il primo passo di Air France è stato lanciare a gennaio un piano di compensazione del 100% delle emissioni dei voli nazionali, nel mirino degli ambientalisti perché considerati a forte impatto sull’ambiente e sostituibili da tragitti in treno. Air France si è associata all’Ong EcoAct per trasformare l’equivalente del CO 2 prodotto da questi viaggi in progetti di rimboschimento, protezione delle foreste e della biodiversità in Paesi come Brasile, Kenya, India e Cambogia. A medio termine, l’obiettivo della compagnia è anche ridurre le emissioni di carbonio per passeggero del 50% entro il 2030, attraverso il rinnovo della sua flotta con aerei di nuovagenerazione.
Che il “flightshame” non sia più solo una moda passeggera, del resto, è ormai chiaro a tutti. Il traffico aereo in Svezia, patria di Greta e del movimento, è sceso del 4% nel 2019, il primo ribasso da moltissimo tempo nella Ue. Un sondaggio della banca svizzera Ubs – istituto che fa ricerche di questo tipo solo quando i problemi sono seri – ha certificato che un viaggiatore su cinque ha rinunciato lo scorso anno ad almeno un volo per sensibilità ambientale e che il numero di quelli che hanno intenzione di farlo in futuro è salito dal 20% dello scorso maggio al 27% di questo mese. Citigroup ha scritto in un rapporto uscito ieri che è quasi inevitabile una revisione al ribasso delle previsioni di crescita del trasporto aereo per tenere conto di questo fenomeno.
Intuito il pericolo, molti vettori hanno iniziato a muoversi da tempo per rifarsi il look in chiave più verde. Il mantra autoassolutorio di settore è che i nuovi velivoli, più leggeri grazie all’utilizzo del carbonio, consumano meno dei predecessori. Peccato che la crescita continua del traffico abbia più che annullato questi benefici. Anzi, secondo l’"International council on clean transportation” le emissioni di CO 2 delle compagnie (pari al 2,4% del totale mondiale) crescono del 70% più di quanto si stimava: tra 2013 e 2018 sono aumentate del 33% pari all’inquinamento di 50 centrali a carbone – e entro il 2050 potrebbero triplicare.
Molte compagnie hanno deciso così da tempo di battere la strada della compensazione ambientale scelta ieri da Air France. EasyJet è la prima compagnia aerea che viaggia a impatto zero. Come? Comprando “crediti verdi” da progetti che contribuiscono a ridurre in egual misura il carbonio emesso dai loro velivoli: piani di riforestazione in Sud America e Asia, energia solare in India e progetti comunitari in Uganda. JetBlue e British Airways fanno lo stesso sui loro voli domestici.
Lufthansa e molte altre aerolinee invece affidano per ora ai passeggeri il compito di compensare, se lo desiderano, il costo ecologico del loro viaggio. Un link dalla pagina della prenotazione spedisce direttamente al calcolatore che stima il costo (dai 10 euro per un volo di un paio d’ore ai 50 di un intercontinentale). E con il ricavato (circa 400 mila euro da fine novembre a oggi) la compagnia tedesca compra kerosene ecologico ricavato da oli bruciati, che emette l’80% in meno di carbonio ma costa il triplo di quello normale, e aiuta progetti di riforestazione in Costarica.
La vera rivoluzione sarebbe il lancio degli aerei a motore elettrico ibrido. Molti aziende ci stanno lavorando, ma i tempi saranno lunghi. EasyJet ha fatto un accordo con Airbus per avere entro i prossimi 10 anni velivoli di questo tipo con un’autonomia di un paio di ore da usare sul breve raggio. Progetti simili sono nei cassetti di Boeing, Siemens, Rolls Royce con la banca d’affari Ubs che prevede la vendita di 550 aeroplani ibridi tra il 2028 e il 2040.
Nel frattempo, dicono i talebani della “vergogna di volare”, per ridurre l’impatto ambientale degli aeroplani c’è un solo modo: non prenderli, incentivando l’uso di mezzi alternativi. Molte aziende svedesi, sul tema, hanno già lanciato una nuova moda: regalare più giorni di ferie a chi si sposta per lavoro e per piacere con il treno rinunciando a volare.