Corriere della Sera, 25 gennaio 2020
Intervista a Maria De Filippi
Quella di C’è posta per te è la storia di un successo nato per caso. Se vent’anni fa Maria De Filippi non avesse avuto in agenda un incontro al ministero dell’Istruzione, forse ora non esisterebbe una delle rare trasmissioni che oggi arrivano al 30% di share. «Quel giorno, era il 1999, mi avevano fermata due ragazzi chiedendomi di consegnare una busta al ministro. Do la lettera ma poi ci continuo a pensare. Da lì è nata l’idea».
L’idea di uno show che vent’anni dopo fa il 30% di share.
«Il primo dato fu il 19%, ancora ricordo. Poi il 21. È sempre cresciuto: oggi Pier Silvio, se potesse, lo manderebbe in onda tutto l’anno».
Seguono la trasmissione tanti giovani: come lo spiega?
«C’è posta parla di sentimenti che riguardano tutti. La sensazione, e la fonte di preoccupazione, è che i giovani la tv non la guardino quasi più. Lo fanno a modo loro e nulla li stupisce».
E lei come li cattura?
«Non parto a monte ma a valle. Non propongo un contenuto ma mi oriento su quello che mi scrivono, che mi dicono. Così li intercetto».
Il segreto è solo quello?
«Penso. Non ho mai ragionato dicendo: faccio questo e poi vedo come si incasella. Per me funziona al contrario. Cerco di incasellare in una mia visione quello che la gente vuole. La tv deve rispecchiare la realtà, se no diventa un negozio in cui trovi solo cose che non fanno per te».
Come si uniscono le generazioni?
«Puntando su quello che hanno in comune. Una persona di 70 anni può avere poche cose in comune con una di 15, eppure insieme possono benissimo giocare a burraco».
Ha molti super ospiti, di recente Johnny Depp. Come fa?
«Uno ci prova. Essendo un programma registrato ti muovi molto tempo prima. Depp era a Venezia: allora fai un tentativo. Quando ho visto Uma Thurman da Fazio, mi sono detta: cavolo, non lo sapevo».
Il sabato sera si confronta con Alberto Angela...
«Ecco, lui è un grande divulgatore. Per me è bravissimo: ha un modo che non è impositivo nella divulgazione. Non ti dice: io sono acculturato e tu ignorante seguimi. Non è presuntuoso o invasivo, non fa mai una predica».
Dunque siete simili?
«Se anche lui vede questo in me, sono solo felice. Io riconosco il suo modo di condurre come quello giusto. Ho sempre pensato che il conduttore debba essere un tramite e non l’oracolo, se no diventa un politico. Sento simile Angela, poi fa tutt’altro genere. Il mio è nazional-popolare, più facile. Angela ti deve intrigare, però poi quando lo vedi non ti stacchi... rispetto a chi fa divulgazione, vedo la differenza che c’è tra il prof del liceo e quello dell’università che fa un corso che segui perché ti interessa e alla fine non c’è l’esame».
Cosa pensa della polemica sulle frasi di Amadeus?
«Fa impressione considerare quanto ultimamente bisogna stare attenti quando si parla per non essere fraintesi. Non penso che Amadeus sia sessista o maschilista ma che abbia inteso Sanremo come una festa e abbia mischiato le carte: il suo scegliere giornaliste e belle ragazze credo miri ad accontentare tutti».
Per lei queste parole non sottintendono una visione?
«Credo che abbia sbagliato a usare dei termini. In generale, penso abbia ragione Lilli Gruber quando dice che se tu fai un lavoro, che sia uomo o donna devi essere pagato nello stesso modo. E penso anche che per le donne è più complicato farsi valere. Ma dobbiamo anche essere più solidali tra noi, lo siamo poco. Poi, anche io, a Sanremo, avevo innescato una polemica senza rendermene conto».
Per non aver voluto un compenso per il Festival.
«Non immaginavo che avrei innescato una polemica contro Carlo (Conti, ndr). Non mi sono resa conto, se no avrei aggiunto che io non facevo il direttore artistico ma che, semplicemente, avevo dovuto scegliere cinque vestiti. Quando ho visto i giornali il giorno dopo mi sarei sotterrata, non mi era mai successo».
E cosa dice della bufera su Junior Cally?
«Ho avuto un caso simile ad Amici, con Skioffi. I prof lo avevano giudicato per le canzoni che aveva portato, poi sono usciti i precedenti. Ho chiesto un parere ai giornalisti musicali, gli ho fatto spiegare le frasi che aveva cantato. Ha detto cose simili a Cally: sosteneva di essersi ispirato ad alcuni film. Alla fine è rimasto: io credo che la componente artistica conti».