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 2020  gennaio 24 Venerdì calendario

Ciak, si gira con l’esperto di sesso

La loro non è professione del tutto nuova: già da un po’ gironzolano sui set dando consigli «a luci rosse». Ma erano pochi, una specie astrusa e bizzarra. Parliamo dei «coordinatori dell’intimità» (intimacy coordinator), professionisti incaricati di facilitare le scene con sesso, di nudo o effusioni sentimentali, dando le giuste indicazioni agli attori (ma anche a registi e troupe) perché tali situazioni vengano normalizzate. L’onda lunga del #metoo e il diffondersi delle accuse di molestie o di gesti inappropriati, li ha resi presenza necessaria sui set americani. L’industria cinematografica teme i contraccolpi di certe situazioni; i produttori si sono attrezzati per prevenire. Se prima si coreografavano solo combattimenti e duelli, ora lo sono anche le scene d’amore. «À l’amour comme à la guerre», insomma. Ma per spegnere ogni ostilità. Il fenomeno è in crescita e ne hanno parlato testate come New York Times, Washington Post, Hollywood Reporter, Rolling Stone. 
Inizialmente nati per aiutare a rendere naturali situazioni che naturali e intime non lo sono affatto, oggi gli «intimacy coordinator» sono il baluardo cui ricorrere per spegnere ogni rischio di «inappropriatezza» durante le riprese. Molti ricordano Geoffrey Rush accusato da una collega di averla accarezzata in scena, a teatro, in modo troppo insistito. O Lea Seydoux che, a film finito, aveva definito umilianti le scene di sesso lesbico di La vie d’Adèle. Ancora prima c’erano state le dolenti recriminazioni di Maria Schneider per quanto avvenuto in Ultimo tango a Parigi. In tempi più recenti Hbo si è trovata nel vortice del ciclone: messa sotto accusa da Emilia Clarke per i troppi nudi durante le riprese di Game of Thrones, e da comparse e attori secondari di Westworld» che avevano lamentato contratti per scene «da attori porno». E una delle interpreti di The Deuce si era lamentata con forza per come erano gestite le (tante) scene di sesso e nudo. Hbo si era messa subito al riparo: aveva ingaggiando Alicia Rodis, intimacy coordinator divenuta presenza fissa in questa serie e in tutti i set più delicati. Un coordinatore è stato impiegato per serie potenzialmente esplosive come Sex Education, Euphoria, Pose: molte le scene esplicite, ma anche tanti gli interpreti minorenni da tutelare. Quello di cui Rodis si occupa, ha spiegato la manager a Rolling Stone, è «separare la sessualità tra i personaggi e quello che realmente accade tra gli attori. A volte gli attori mi confidano di essere costretti a vivere con il ricordo di quello che sono stati costretti a fare sul set anche due anni prima». 
Basta quindi improvvisazioni o indicazioni (magari imbarazzate) del regista. Ora c’è un professionista «patentato» (una donna in genere) che crea vere e proprie coreografie dell’intimità, dove tutto è studiato, approvato e pianificato. Esistono persino precise linee guida scritte: le pubblica sul proprio sito Intimacy Directors International, società fondata dalle veterane Claire Warden, Siobhan Richardson e Alicia Rodis. La loro è una specializzazione in crescita: sono richiesti non solo a Hollywood, ma anche in Canada, Gran Bretagna e Australia. E da qualche tempo anche nei teatri. 
I risultati? Minori tensioni sul set e polemiche dopo. Gli stessi attori si sentono più tutelati, più liberi e spontanei. Con il risultato, paradossalmente e curiosamente, che anche le scene risultino più sexy. Insomma: il lavoro sarà pur strano e puritano, ma fa felici tutti. 
E in Italia? Registi attori e produttori interpellati su cosa pensino di questo nuovo mestiere del cinema, si dicono stupiti e ignari e sospendono il giudizio. Il produttore Maurizio Totti azzarda: «Da noi il lavoro di un regista è intoccabile e una presenza questo tipo sarebbe sentita come un’ingerenza. Diverso se si trattasse di un garante, l’espressione di una tutela reciproca. Un po’ come accade con gli esperti che vengono coinvolti quando recitano i bambini. Personalmente mi pare però più l’esasperazione di un problema in contesti molto particolari, figlio di sensibilità diverse. Il nostro cinema rispetto a quello Usa è tutt’altro».