Libero, 24 gennaio 2020
1QQAFA QQAN20 Le lettere d’amore di Pirandello
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Il sapore di amarsi leggendo l’uno accanto all’altra, guardandosi negli occhi, scambiando carezze, scrivendo in sintonia. Potete scoprirlo con un libro delizioso, Un amore primaverile. Inediti di Luigi Pirandello e Jenny, di Giuseppe Faustini (Mauro Pagliai editore, pag. 256, euro 22), contiene le lettere inedite che si scambiarono il futuro premio Nobel, allora ventitreenne e una bellissima fanciulla di Bonn, dove lui era andato a studiare filologia. Un nome, Jenny, predestinato a un concetto d’amore, così ce la raccontarono nella canzone gli Alunni del Sole e tale ci apparve, versione hippie, nell’immaginario del tenero Forrest Gump. Chi l’avrebbe detto che erano già state precedute da una Jenny pirandelliana. Intrisa di mistero birichino come le ninfe del Reno che attraevano cavalieri innamorati. Bionda e sottile, intelligente e colta (parlava anche inglese e francese), Jenny Schulz-Lander suonava il pianoforte e affascinò il giovane Luigi, che la definì «una delle bellezze più luminose che abbia mai visto». Sì, la luce di quel volto lo attrasse in modo irresistibile, con un particolare che divenne dolcissima ossessione, citato nelle lettere: le mani di Jenny, dita lunghe, affusolate, diafane, capaci di carezze soavi, forse ingenue, forse maliziose, comunque magiche. E anche grazie a quelle carezze, il grande drammaturgo a Bonn scoprì l’erotismo.
IL GIOVANE LUIGI
Ma prima di conoscere i dettagli del loro incontro occorre fare un piccolo passo indietro, al punto di partenza del giovane Luigi. Forse il più bugiardo fra i geni della nostra letteratura, al punto di trasformare la menzogna in un’arte di sottigliezza, incanalandola verso gli altari del capolavoro. Perchè la verità ha tante facce, e con lui è diventata “pirandelliana”. Nato ad Agrigento, di famiglia agiata (i Pirandello possedevano una miniera di zolfo ad Aragona, poi perduta a causa di un’alluvione), ma di origini liguri, il bisnonno era stato un armatore di Pra, oggi quartiere di Genova. Durante il ginnasio scrisse la sua prima opera, studi universitari a Palermo, trasferimento a Roma (il padre avrebbe voluto che diventasse avvocato), per studiare filologia romanza e iniziare l’arte della bugia, o verità mascherata, scegliete voi la definizione. Fatto sta che iniziò a parlare di disturbi cardiaci, definiti gravi a parenti ed amici, in realtà una forma d’ansia: si manifestavano di pari passo con l’antipatia nutrita verso il rettore dell’ateneo, e diventarono occasione per prendere la via della Germania, meta ideale Bonn, considerata il fulcro dei centri culturali del tempo. Ma la spinta non è (pirandellianamente) soltanto quella della dantesca “conoscenza”, c’era anche una certa voglia di fuga: dalla fidanzata Lina lasciata tutta sola a Girgenti, una cugina, imposta secondo le ragioni di un matrimonio combinato allora in uso tra famiglie benestanti, zero attrazione. Quando arriva a Bonn, Luigi, un piacevole ragazzo bruno, simpatico e spiritoso, è un ricco studente, il padre finanzia gli studi con una notevole “paghetta”, che gli permette alberghi e appartamenti di lusso. Lontano dalla detestata fidanzata, Luigi si inventa un sacco di palle, nelle lettere che scrive a casa, per rimandare a lungo il ritorno, tipo impegni di lavoro imminenti che non gli permetterebbero di mantenere gli impegni matrimoniali presi con la povera fidanzata rimasta in attesa.
BALLO IN MASCHERA
In realtà si scatena nei piaceri della vita, specie nel corso di un ballo in maschera, allestito il 19 gennaio 1890 alla Beethoven Hall di Bonn per festeggiare il Carnevale. Dove incontra la giovanissima ninfa del Reno. Lui indossa un completo di velluto nero (definito da artista, fascino mediterraneo), Jenny è un’icona nordica, ha un delizioso colbacco di castoro e un abito di raso bianco per “interpretare” l’inverno. Ballano sino a restare senza fiato e quando a mezzanotte si tolgono la maschera, stremati, è colpo di fulmine. Lui, galante, scrive versi in italiano, sul suo ventaglio: «Possano i freschi venti, che tu bella, verso di te procuri, essere dolci baci». Il giorno dopo va a trovarla a casa, è come seguire la fata Morgana, così libera, irresistibile e dolce, e pure il fato favorisce la nascita della relazione, perchè la madre di Jenny, rimasta due volte vedova, ha necessità di introiti e affitta le camere agli studenti più danarosi, specie stranieri. Sarà complice e comoda convivenza. Provava un desiderio da capogiro, Luigi, verso Jenny, che gli arrivava alle spalle, a piedi scalzi, mentre lui scriveva, ponendogli le mani sugli occhi e giocando come una bambina, mentre lo provocava: «Indovina chi sono!». In risposta, lui le avrebbe scritto «Tu sole sei, tu luce sei, tu aria, tu vita, ove tu sei la vera patria è quella». E come dicevamo, si perderà nelle sue mani. Scrivendolo nelle lettere: «Jenny. Mi son messo due volte a comporre dei versi sulle vostre mani e non ci sono riuscito. È meglio confessarlo: la mia arte non può nulla dinanzi a un’opera così squisita della natura...». Poi il destino li avrebbe separati, portando lui allo sfortunato matrimonio con Maria Antonietta Portulano e al successo internazionale. Anni dopo si innamorò di Marta Abba, anche lei bellissima, forse aveva mani simili a quelle di Jenny. Che sposò un americano e divenne addirittura governante dei figli del presidente Grover Cleveland. Ma aveva conservato tutte le lettere di Luigi. E dettato le memorie alla figlia. Senza aver mai saputo che quando, a Bonn, le diceva delle lettere che scriveva alla sorella maggiore, Lina, in realtà stava rivolgendosi alla fidanzata, poi lasciata. Avevano lo stesso nome. Già, il genio bugiardo, anzi pirandelliano.