la Repubblica, 23 gennaio 2020
L’algoritmo del caffè perfetto
C’è un mistero che la scienza non è riuscita a svelare. Non si nasconde nel cuore degli atomi o in qualche galassia lontana, ma nella tazzina di caffè del bar sotto casa. Nonostante quarant’anni di ricerche, gli studiosi non conoscono ancora la formula dell’espresso perfetto. Le variabili sono tante e difficili da maneggiare: la quantità di caffè, la sua granulometria, la temperatura e la pressione dell’acqua, il tempo di estrazione… Ora però, a formulare l’algoritmo sogno di ogni barista ci prova un team guidato da Christopher Hendon, professore di Chimica all’Università dell’Oregon, in uno studio pubblicato sulla rivista Matter. Mettendo insieme chimici, fisici e informatici di Stati Uniti, Gran Bretagna, Irlanda, Australia e Svizzera, Hendon è arrivato alla conclusione che la qualità di un espresso migliora se si riduce la quantità di caffè e soprattutto se si utilizza una polvere macinata in modo più grossolano. «Sembra controintuitivo», spiega il professore americano, «perché l’acqua passando attraverso una polvere di caffè macinata più sottilmente avrebbe più granelli, e quindi una maggiore superficie, da cui estrarre le molecole che danno il gusto. Ma se è macinato troppo fine il caffè intasa il fondo e riduce la capacità estrattiva dell’acqua».
Il punto di partenza è stato elaborare un modello matematico che descrivesse il processo chimico- fisico che si verifica in una macchina per espresso. “Purtroppo”, avvertono gli autori, “se volessimo tenere conto delle interazioni tra l’acqua e i singoli granelli di polvere avremmo bisogno di una potenza di calcolo superiore a quella di tutti i server di Google. Per questo abbiamo ‘semplificato’, assimilando il processo di estrazione del caffè alla circolazione di ioni in una batteria al litio, fenomeno che sappiamo descrivere bene”.
Le previsioni degli algoritmi sono state verificate al banco, non del laboratorio ma del bar. E hanno confortato Hendon e colleghi nelle loro conclusioni: il segreto di un buon espresso è nella macinatura grossolana e in non più di 15 grammi di polvere di caffè per ogni tazzina (anche se il professore dell’Oregon precisa a Repubblica che questa dose è relativa a quello che «in Italia chiamate caffè doppio»).
«In effetti, le nostre ricerche ci dicono che la dose deve oscillare tra i 6,8 e i 7,5 grammi», commenta Carla Severini, ordinario di Tecnologie alimentari all’Università di Foggia e curatrice del volume Scienza del caffè espresso, che raccoglie le ricerche sull’argomento condotte da un team di universitari in collaborazione con una storica azienda di torrefazione di Anzola dell’Emilia. «Me ne occupo da trent’anni e confermo che la scienza non sa ancora spiegare l’espresso ». Certo, alcuni punti fermi sono stati fissati: «Oltre alla quantità di polvere», spiega la Severini, «sappiamo quale deve essere il volume ideale all’interno della tazzina: mai meno di 18 millilitri e non più di 25. Lo studio dei colleghi americani ha il merito di richiamare l’attenzione sulla macinatura del caffè, un aspetto spesso trascurato. Le macchine per la macinazione dei chicchi sono imprecise: anche se si imposta una certa granulometria, il risultato è sempre una polvere con granelli di diametro non omogeneo. E questo compromette la qualità dell’espresso».
Poi c’è il fattore umano. «Altrimenti non si spiegherebbe perché a partire dalla stessa miscela si ottengono espressi tanto diversi», ammette la ricercatrice italiana. Persino la pressione che il barista esercita sulla polvere incide sul gusto finale». La soluzione sarebbe standardizzare tutte le operazioni. Meglio dunque dei baristi-robot? «Forse un giorno ci arriveremo», sorride la Severini, «ma già oggi il mercato delle capsule va in quella direzione, sebbene poco eco-sostenibile. In realtà, molto può fare la formazione dei baristi». Tornando allo studio del professor Hendon, ci si potrebbe chiedere: che ne sanno in Oregon di un buon espresso? «E invece quello è lo Stato americano che ne fa il maggior consumo», risponde Carla Severini. «Tanto che l’ultimo congresso dell’Association for Science and Information on Coffee si è svolto proprio a Portland. Il prossimo giugno si terrà invece a Montpellier». E chissà che non sia annunciata lì la scoperta del secolo: la vera formula dell’espresso perfetto.