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 2020  gennaio 23 Giovedì calendario

Il bosco degli alberi immortali

I più anziani erano già sulla Terra dalla fine dell’età del Bronzo. Chissà quante ne hanno viste. Al contrario di tutti gli organismi viventi, molti alberi non sentono il peso degli anni. Alcuni superano compleanni a tre zeri senza battere ciglio e sfidano la meccanica del tempo. Le foglie ingialliscono e cadono ma tronco e radice rimangono pietrificati in un’eterna giovinezza. Privilegio o condanna, tra gli evergreen più antichi ci sono il Pinus longeva e le sequoie giganti della California, il cipresso calvo delle paludi americane e il Ginkgo biloba. Sono specie che possono superare tra i mille e i tremila anni di età. Il segreto della quasi immortalità di questi monumenti della natura, come di altri aspetti delle piante quali la fioritura, è da sempre un rompicapo. Se chiedi a un fisiologo vegetale, ti risponderà: semplice, non sono progettati per morire. Ora, uno studio condotto in Cina dalla Yangzhou University su 34 esemplari ultracentenari di Ginkgo biloba ha dimostrato che il segreto è inciso in un tessuto invisibile. Dall’esame dei campioni di legno è emerso non solo che i ritmi di crescita di questa conifera non rallentano con gli anni ma possono accelerare con l’avanzare dell’età. Per decifrare il paradosso i biologi molecolari hanno sequenziato il codice genetico delle foglie confrontandolo con quello del procambio, un cordone cellulare a metà tra corteccia e tronco dove si producono tutte quelle fibre indispensabili per lo sviluppo di un albero. Mentre nelle foglie i geni associati all’invecchiamento funzionano alla perfezione, nel procambio sono silenziati. Possiamo immaginare il Ginkgo come una sorta di chimera vegetale con capelli bianchi e fisico da ventenne.
Le dimensioni delle foglie, qualità dei semi e capacità di fotosintesi di questo albero rimangono poi invariate sin dalla giovinezza. Ben inteso, qualche disturbo, con la terza età, non si può escludere. La ricerca, tra le più complete mai eseguite sull’immortalità degli alberi e pubblicata di recente sulla rivista internazionale Proceedings of the National Academy of Sciences, ha rivelato che il Ginkgo non è del tutto immune dalla senescenza. Dopo i primi duecento anni, per esempio, gli ormoni della crescita si riducono. Un recente studio sulle sequoie giganti della California, tra i più longevi alberi sulla Terra, ha dimostrato che in questa fase di maturità la produzione di tessuti diminuisce nel tronco ma aumenta nelle radici. E potrebbe trattarsi di un trucco per sopravvivere. Questi highlander di rado muoiono per vecchiaia: nella maggior parte dei casi è la mole colossale, o periodi prolungati di siccità, a dire l’ultima parola. Il generale Sherman per esempio, una delle celebri sequoie giganti californiane, ha una concentrazione di legno di 430 chili per metro cubo. Il cipresso di San Francesco in provincia di Rimini, con un’età stimata di oltre mille anni, è stato puntellato proprio per prevenire un probabile crollo dovuto al peso esorbitante.
Ma a differenza di altri alberi longevi, il Ginkgo biloba è già un fossile vivente, ultimo rappresentate di una famiglia che si è sviluppata circa 300 milioni di anni fa e oggi è estinta. In botanica è considerato la più antica stirpe di albero da semi presente sul nostro pianeta. Questa pianta, originaria delle foreste temperate della Cina, sembra essersi acclimatata a puntino anche in Italia. Un esemplare di oltre 250 anni cresce ancora all’Orto botanico dell’Università di Padova mentre quello di Brera è tra gli alberi monumentali della città di Milano. Secondo lo studio degli scienziati cinesi, l’algoritmo di giovinezza del Ginkgo potrebbe valere per tutti gli alberi millenari. Come per il cipresso calvo delle paludi (Taxodium distichum). Nell’area protetta del Black River in North Carolina a maggio dell’anno scorso è stato scoperto un esemplare che ha superato i 2600 anni secondo l’esame del radiocarbonio. Si tratta di una delle specie di albero più longeve e diffuse, come il Ginkgo, anche in Italia: dal Parco della Burcina in provincia di Biella a in quello del Neto a Calenzano vicino a Firenze dove possono raggiungere i 40 metri di altezza.