Avvenire, 23 gennaio 2020
Norvegia elettrica grazie al petrolio
Merluzzo e salmone tra i fiordi: a queste prelibatezze va il pensiero parlando di Norvegia. Ma il Paese scandinavo, visto da vicino, colpisce per altre particolarità – e paradossi – in tema ambientale. Se si resta perplessi sul fatto che, secondo un rapporto internazionale animalista, la flotta norvegese di baleniere uccide ogni anno più balene di quante non ne vengano abbattute da Giappone e Islanda messe insieme, stupisce invece in positivo la mobilità forse più sostenibile al mondo. Passeggiare nel tardo pomeriggio nel centro di Oslo è sorprendente: i bei viali cittadini non sono percorsi da auto, ma da pochi bus ’verdi’, tram e una miriade di monopattini elettrici. Peraltro presenti in gran numero fermi lungo i marciapiadi. Spettacolo inusuale per noi mediterranei.
Abbandonando la capitale e infilata la tranquilla (anche di giorno) autostrada verso l’aeroporto, ecco che ad un occhio attento non sfugge un via vai di Tesla o, seppur meno presenti, di altri marchi di auto completamente elettriche. Non basta: alla grande stazione di servizio, pompe di benzina e gasolio ben presenti, ma almeno 30 postazioni di ricarica Tesla. E attraversando poi piccoli paesini dalle case ad un piano in legno, ecco fare capolino casette isolate con il posto di ricarica, ancora per le auto elettriche, spinte grazie a poderosi incentivi stata- li pari a 20mila euro per abitante. Ok, tutto chiaro: hanno decisamente sposato la mobilità verde. Eppure la Norvegia, tornando ai paradossi, è il principale produttore di petrolio dell’Europa occidentale, con circa 3 milioni di barili al giorno (1,09 miliardi l’anno). Ed è il terzo esportatore mondiale dopo Arabia Saudita e Russia. Nella sua economia il petrolio rappresenta circa il 52% delle esportazioni e il 25% del Pil in un settore che conta circa 80mila occupati. Grazie al più grande Fondo sovrano del mondo, con una dotazione superiore ai mille miliardi di euro grazie all’oro nero, la Norvegia ha potuto adottare un modello di sviluppo e mobilità green che si estende alla logistica e dunque al trasporto pesante mettendo al centro la sostenibilità: a fine 2019 gli acquisti di macchine elettriche superavano la soglia del 50%. Automobili che possono circolare nelle corsie riservate ai mezzi pubblici, usufruiredi ricariche gratuite e parcheggiare senza alcun costo. Nel corso dello scorso anno, però, i contributi sono stati tagliati per due ragioni: il raggiungimento di un numero di auto ritenuto sufficiente e pure per motivi economici, visti i minori introiti per lo Stato. Sostenibilità pulita si diceva, ecco perché la svedese Scania sceglie questa nazio- ne per i suoi test invernali. Si provano mezzi pesanti in condizioni difficili, con strade innevate e ghiacciate per vedere le risposta di questi giganti in termini di prestazioni e sicurezza e per verificare anche le risposte di motorizzazioni alternative (metano e biometano) e pure ibride (vedi box sotto, ndr). In attesa di un elettrico che sui truck per le lunghe distanze si farà attendere molto a lungo. Intanto sarebbe opportuno, ci dice Peter Forsberg, vice presidente Scania, «che tutto l’ecosistema lavorasse in sintonia perché da soli non si raggiungono gli obiettivi. Serve la collaborazione tra tutte le aziende anche nell’ottica delle infrastrutture».A Scania operano su tre fronti, batterie, fuel cell (pila a combustibile ad idrogeno) e highway (autostrade elettrificate testate in Germania e allo studio sulla nostra Brebemi). «La strada elettrificata – sottolinea Forsberg – al momento è la più adatta visti i limiti delle batterie. E poi l’ibrido, vantaggioso pure per la silenziosità e perché permette di lavorare anche in orari notturni».
Scania pensa anche al tpl con gli autobus a pantografo che sono la prima soluzione anche se l’azienda svedese ha recentemente presentato il primo ’Cityweb’ full eletric ed il concept NXT, un prototipo a batteria a guida autonoma per il trasporto urbano. Mezzo flessibile in grado di trasportare passeggeri e consegnare merci durante il giorno e raccogliere rifiuti nel corso della notte. «La sfida del futuro – ricorda Forsberg – è sul costo e la durata delle batterie. E resta il grosso problema dello smaltimento delle batterie: la chiave di volta è puntare sul riciclo, con la loro vita che andrà estesa per impieghi alternativi».