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 2020  gennaio 22 Mercoledì calendario

I dubbi sul nuovo Califfo dell’Isis

Il nuovo capo dell’Isis ha un volto e un nome, anzi più di uno. La caccia all’identità dell’erede di Al-Baghdadi è scattata subito dopo il blitz del 27 ottobre che ha portato all’eliminazione del Califfo. La settimana seguente i jihadisti annunciavo il successore, Abu Ibrahim al-Hashemi al-Qurashi, un nome di battaglia altisonante che però diceva poco su chi fosse davvero. Adesso l’Intelligence occidentale, secondo il quotidiano britannico The Guardian, lo ha identificato e sarebbe un terrorista iracheno da subito indicato come la scelta più probabile. Restano però alcuni dubbi, per una serie di controversie sulle sue vere origini.
La rinascita del Califfato, proclamata il 2 luglio 2014 da Al-Baghdadi da Mosul, era un atto di un’audacia considerevole e si basava su un pilastro imprescindibile. E cioè la discendenza del Califfo dalla tribù di Maometto, gli Al-Quraishi. Che l’iracheno Al-Baghdadi potesse rivendicarla era azzardato ma non impossibile per via della migrazione delle tribù beduine dalla Penisola arabica verso le valli del Tigri e dell’Eufrate, nel Tredicesimo secolo. Il nome di battaglia assunto dal successore rivendica la discendenza non solo dalla tribù del Profeta ma dalla sua stessa famiglia, Al-Hashemi, come del resto dal dinastia «hashemita» che regna sulla Giordania. Secondo le indiscrezioni dell’Mi6 al Guardian, però, il nuovo Califfo sarebbe un turkmeno di Tal Afar, e questo pone parecchi problemi. Dal nome anagrafico, Amir Mohammed Abdul Rahman al-Mawli al-Salbi, emergono elementi interessanti. Il primo lo lega a un personaggio subito associato alla più stretta cerchia del defunto Califfo, conosciuto come Abdullah Qardash, appunto un turkmeno di Tal Afar. E qui sta il punto: il fatto che sia di etnia turkmena è incompatibile con la discendenza dal Profeta. La minoranza turkmena si è spostata nel Nord dell’Iraq e della Siria negli ultimi decenni dell’Impero ottomano ed è originaria dell’Asia centrale.
Secondo l’analista siriano Hassan Hassan la dirigenza dell’Isis ha cominciato a «ripulire» le origini del nuovo leader già dalla scorsa estate, quando si era imposto come numero due dell’organizzazione. Documenti interni indicavano che non era turkmeno, ma appartenente a un tribù araba, gli Al-Mawlah, che si era «turchizzata» in seguito, durante la dominazione ottomana, e derivava dagli hashemiti. Questi documenti facevano parte della lotta intestina per la successione, ma adesso rendono il nuovo Califfo più debole. Non soltanto è braccato dalle forze speciali Usa, in Siria come in Iraq, ma deve anche «giustificare le sue credenziali». Il capo dell’Isis comanda, in teoria, su 20-30 mila combattenti, la metà sul fronte siro-iracheno, gli altri sparsi dalla Mauritania alle Filippine. L’Intelligence occidentale lo ha incrociato per la prima volta nel 2004, quando è stato arrestato durante l’insurrezione contro le truppe americane. Detenuto a Camp Bucca, ha conosciuto in cella Al-Baghdadi e poi lo ha accompagnato in tutta la scalata al potere.
Il nuovo Califfo ha studiato giurisprudenza islamica all’università di Mosul, e ha almeno un figlio. Dopo l’avvento del califfato si è occupato della riduzione in schiavitù delle yazide sul fronte interno, e della supervisione degli attacchi in Occidente su quello estero. Gli Usa gli avevano già messo una taglia di 5 milioni di dollari prima dell’uccisione di Al-Baghdadi. Resta il dubbio su come chiamarlo: Qardash, Al-Hashemi o Al-Salbi, il nome anagrafico? I Servizi hanno optato per l’ultima scelta.