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 2020  gennaio 21 Martedì calendario

Il rischio di un cigno verde nella finanza

La prossima crisi sistemica potrebbe arrivare dai cambiamenti climatici. Dopo il fallimento della banca Usa Lehman Brothers e la crisi del debito sovrano, il nuovo cigno che potrebbe sconvolgere la stabilità finanziaria globale – in realtà minacciando l’incolumità dell’intero pianeta – sarà di colore verde, perché innescato proprio dall’avvitamento dei cambiamenti. 
L’allarme arriva da uno studio, presentato ieri a Basilea, realizzato in collaborazione tra la Banca dei regolamenti internazionali (che supporta banche centrali e Financial Stability Board su stabilità e di regolazione) e la Banque de France, che nel 2017 ha lanciato l’iniziativa Greening the financial system alla quale hanno aderito molte banche centrali europee e non, ma certo non la Federal Reserve. Gli effetti di un’eventuale crisi innescata dal cigno verde (il cigno nero era l’evento straordinario e imprevedibile che ha dato il titolo al libro di Nassin Nicholas Taleb, Black Swan) sono difficili da calcolare e le stime sono tra le più svariate: alcuni studi ipotizzano una caduta del Pil mondiale di decine di punti, altri impatti incalcolabili. Questo, però, se non si adottasse alcuna contromisura, cosa che non sta accadendo. Lo shock poterebbe arrivare anche da una sottovalutazione degli effetti della transizione energetica. Il rispetto dei target imposti per evitare il surriscaldamento globale potrebbe portare a una repentina perdita di valore degli asset legati a fonti inquinanti (stranded assets): l’impatto, a seconda dell’istituzione che ha eseguito la simulazione, oscilla tra mille e 18mila miliardi di dollari. A questo si aggiunge il fatto che l’industria assicurativa non sarebbe attrezzata per assicurare i rischi: alcune analisi evidenzierebbero un “gap assicurativo” del 44% negli Stati Uniti, per arrivare a picchi oltre il 90% in Asia e in Africa. 
Il rischio sistemico sottostante è evidente: lo studio (dal titolo The Green Swan) si interroga su quale debba essere in questo contesto il ruolo delle banche centrali, che potrebbero «essere trascinate inevitabilmente in acque inesplorate» con il rischio di «essere forzate a intervenire come salvatori di ultima istanza del clima ed essere costrette ad acquistare su grande scala assets svalutati per salvare il sistema finanziario e anche oltre». Ma non ci sarà un Green quantitative easing, come lo definisce nel rapporto il governatore francese, Francois Villeroy de Galhau. La strada da percorrere è invece il coordinamento tra gli istituti centrali e con i governi: serve un nuovo mix tra politiche fiscali, monetarie e prudenziali e da questo punto di vista le possibile collaborazione tra Bce e Commissione europea sarà uno dei primi banchi di prova. Le misure fiscali come la carbon tax devono essere inserite all’interno di un insieme di misure che evitino contraccolpi distributivi drammatici. Il governatore francese afferma di avere già avanzato in sede Bce le sue proposte: integrare i cambiamenti climatici in tutti i modelli economici e di previsione (quelli basati sulle serie storiche sono inefficaci, servono modelli basati su metodologie predittive). E rivedere il quadro regolatorio relativo alla valutazione dei collateral per riflettere i nuovi rischi. Tra le proposte dello studio, l’acquisto di green bond, l’introduzione dei parametri Esg per gli investimenti dei fondi pensione delle banche centrali. 
Ma soprattutto una nuova attenzione nella regolazione prudenziale. È presto per dirlo, ma non è da escludere che si possa arrivare a una rivisitazione dell’accordo di Basilea sui requisiti prudenziali delle banche in chiave green. Sul tema è stato istituito un gruppo di lavoro. «Lo spirito con quale ci si sta muovendo è quello della presa d’atto dell’aumento dei rischi connessi al clima – ha spiegato ieri Luiz Awazu Pereira da Silva, vice dg della Bri -. L’obiettivo è valutare incentivi addizionali e ragionare, in uno spirito di consenso collettivo, cosa si può fare per essere sicuri che l’industria bancaria sia attrezzata a fronteggiare il nuovo scenario».