ItaliaOggi, 21 gennaio 2020
I simboli che si rifanno alla Dc sono 36
Le sigle invitate sono numerose: ben 36. Ciascuna rappresenta un’infima continuità con l’antica Dc. I parlamentari scarseggiano, sono quattro, iscritti ai gruppi parlamentari forzisti: Gianfranco Rotondi, diccì berlusconiano; Antonio De Poli, Paola Binetti e Antonio Saccone. Avviato il progetto, l’ambizione è costituire un nuovo partito, da considerarsi un federatore delle molte etichette aderenti piuttosto che non una compatta formazione. Il nome potrebbe essere «Partito del popolo italiano», in assonanza con il Ppe, la cui sigla va tradotta in «Partito dei popoli europei» anziché nel corrente «Partito popolare europeo».L’assemblea di fondazione si svolge in un’insolita sede, il Museo dell’arte sanitaria a Trastevere. Da mesi Rotondi e con lui Lorenzo Cesa e altri nostalgici della Balena bianca si erano agitati per far convergere i titolari di uno o un altro raggruppamento, spesso in concorrenza astiosa ma senza risultati elettorali palpabili. Infatti, soltanto l’Udc ormai da lustri è regolarmente presente nei vari appuntamenti alle urne, anche se le ultime votazioni nazionali sono state infelici: alle politiche del ’18 il cartello Noi con l’Italia-Udc passò di poco l’1%, alle europee lo scorso anno l’Udc presentò candidati in Fi, fallendo però il fine reale, cioè la conferma di Cesa. Va pure citata un’inestricabile storia giudiziaria, dalla giustizia civile a svariati uffici elettorali, in tema di titolarità vuoi di simbolo (scudo crociato) vuoi di denominazione (Democrazia cristiana).
Si vedrà se il progetto sostanzialmente lanciato dalla coppia Rotondi-Cesa riuscirà a raggiungere qualche obiettivo. I fondatori ostentano ottimismo, in vista del congresso di fondazione previsto fra un paio di mesi. Lo spazio elettorale cui mirano è quello solito di tutti i raggruppamenti centristi, che siano orientati verso il centro-sinistra o che guardino verso il centro-destra: il campo dei moderati, il centro, sul quale troppi puntano. Il «Partito del popolo italiano» o come alla fine si chiamerà dovrà vedersela con i vari Calenda, Renzi, Carfagna, Parisi, Toti, Bonino... Vale a dire che potrebbe trovarsi costretto, già alle regionali e amministrative di primavera, a presentarsi quale scudo crociato in quei pochi casi in cui trovasse un minimo di consistenza e, come sarà ben più probabile, a inserire qualche candidato in altre liste, siano esse civiche o di partito.
Non si nega l’esistenza di nostalgici della Dc, come ne hanno tutti i partiti, grandi e piccoli, della prima repubblica, a ranghi progressivamente ridotti dalle ovvie dinamiche anagrafiche. Però lo stesso peso del simbolo tradizionale è ormai insignificante rispetto al 2% cui nei primi anni successivi allo scioglimento della Dc era valutato. Il richiamo al Ppe, del resto vantato da altri, su tutti da Fi, non trascina certamente masse di cittadini. La connotazione religiosa è comune al Popolo della famiglia, formazione il cui peso elettorale veleggia sul mezzo punto percentuale. Insomma: non si vede quali siano le concrete possibilità di espansione per un partito che troverebbe già troppi concorrenti in uno spazio molto esteso nelle speranze, alquanto ristretto nella realtà.